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Esteri
Macron e Lula, ma anche Musk e Intel: tutti contro il decoupling con la Cina
Emmanuel Macron,Ignacio Lula e Elon Musk

Ma il vero clou resta il business. Insieme a Lula ci sono 8 ministri, convinti a rilanciare i rapporti col principale partner commerciale dopo l'era di Jair Bolsonaro che aveva portato al congelamento di molti progetti. All'ordine del giorno l'adesione del Brasile alla Nuova via Della Seta, con la promessa di investimenti su ferrovie e impianti idroelettrici. Tra gli altri accordi previsti, un fondo per lo sviluppo sostenibile e la vendita di jet commerciali.

Nel frattempo, a fine marzo Brasile e Cina hanno annunciato un accordo che prevede l'abbandono del dollaro nel pagamento dei beni. Sulla stessa strada ha accelerato anche la Russia, per provare a schermarsi dalle sanzioni. Un antico progetto dei Brics, che già nel 2010 si propone di cambiare il sistema commerciale globale, riducendo la dipendenza dal dollaro statunitense e promuovendo scambi con le proprie monete nazionali.

Ma intanto in Cina è in corso anche una processione di leader di grandi aziende tecnologiche. Comprese quelle statunitensi, impegnate magari nei settori sui quali la Casa Bianca vorrebbe tagliare la Cina fuori dalla catena di approvvigionamento. Nei giorni scorso Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, ha incontrato il ministro del Commercio cinese Wang Wentao. I due hanno discusso di catene di approvvigionamento sui microchip.

Secondo il portale specializzato The Register, Intel si sta preparando a vendere una nuova filiera di chip in Cina. La ristrutturazione del portafoglio per datacenter per il mercato cinese non sorprende, visto che il Regno di Mezzo è già un grande mercato per il gigante americano. La Cina rappresenta una fetta sostanziale del fatturato di Intel e, visto il decollo dei servizi da parte di provider cloud cinesi come Alibaba e Baidu, Intel potrebbe cercare di capitalizzare una fetta più grande di questo mercato.

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