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Medicina
Test sugli animali, Lincei: "Sono necessari. Lo stop frena la ricerca"
beagle green hill

La Commissione Salute dell'Accademia Nazionale dei Lincei afferma che lo stop ai test sugli animali è un freno alla ricerca, compresa quella sul Coronavirus - Salute e benessere

La Commissione Salute dell'Accademia Nazionale dei Lincei in un comunicato lancia l'allarme non solo sulla mancanza di fondi destinati alla ricerca in Italia ma anche dai danni ad essa provocati dal decreto legislativo 26/2014 relativo ai testi sugli animali. "A sei anni dalla sua approvazione, questo decreto continua a danneggiare molteplici aspetti importanti della nostra ricerca scientifica, per esempio rendendo difficile la collaborazione con colleghi stranieri di prestigio, necessaria per ottenere fondi europei; scoraggiando il rientro da altri Paesi dei ricercatori italiani più brillanti; rendendo impossibile la presenza in Italia dei laboratori preclinici delle industrie farmaceutiche multinazionali", afferma la commissione richiedendo la rimozione del decreto.

Test sugli animali: "Il decreto ha effetti anche sulla ricerca sul Coronavirus" - Salute e benessere

Lo stop ai testi sugli animali, cotinuano gli esperti, ha "effetti gravissimi anche a livello medico", anche alla luce dell'emergenza Coronavirus. "Una sciagura come la pandemia Covid-19, oltre a sofferenze, decessi, gravi problemi sociali ed economici, ha messo l'intero Paese - si legge nel comunicato - di fronte al ruolo di ricerca e medicina, strumenti essenziali per la protezione e il futuro di noi tutti. A nostro giudizio, quindi, l'eliminazione del decreto sarà ampiamente riconosciuta come di grande importanza per il nostro Paese".

Test sugli animali: "L'Italia non si è adeguata alle direttive Ue. Il decreto impedisce esperimenti scientificamente rilevanti" - Salute e benessere

Nel documento dei Lincei si afferma che in merito ai test sugli animali "gli altri Paesi europei hanno accettato il regolamento promosso dall'Unione (Direttiva 63/2010) in cui sono state fissate condizioni analoghe per tutti. L'Italia purtroppo non si è adeguata alla direttiva, rispondendo con il decreto legislativo 26/2014". Quest'ultimo, si legge ancora nel comunicato, "ha introdotto condizioni restrittive che, di fatto, costringono i ricercatori italiani ad operare in condizioni assai svantaggiate rispetto ai colleghi stranieri".

Nello specifico ai ricercatori italiani sono imposti "la moltiplicazione dei controlli necessari per l'approvazione dei progetti di ricerca. Basti pensare che, anche per l'impiego di un singolo topo, è necessario riempire questionari e descrivere minuziosamente il protocollo di ricerca che deve poi passare attraverso quattro Comitati di valutazione". Inoltre è necessario pagare una tassa: "per ogni progetto, infatti, è divenuto necessario il pagamento preventivo di una somma significativa, che alla fine risulterà sottratta al finanziamento della ricerca".

Le condizioni imposte dal decreto 26/2014 di fatto porterebbero alla "proibizione di esperimenti scientificamente rilevanti" perché "in modo del tutto ingiustificato la legge italiana proibisce l'impiego di animali per studiare le sostanze d'abuso e per sviluppare gli xenotrapianti. Si tratta di argomenti importanti, collegati anche a diversi settori della scienza. Negli anni passati, i vari governi hanno sospeso temporaneamente queste proibizioni. Al momento la scadenza è prevista per la fine dell'anno 2020, e il prolungamento non è sicuro".

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