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Milano
Alla Milanesiana arriva il Dracula di Zamboni: il vampiro siamo noi
Massimo Zamboni rilegge Dracula

Alla Milanesiana arriva il Dracula di Zamboni: il vampiro siamo noi

L’horror non è gioco di fantasia, né mise en abyme di recessi insondabili e pericolosi di ognuno, è sempre di più cronaca dello stare al mondo. Lato oscuro sì ma inevitabile, mostro ordinario. Quando uscì il romanzo di Stoker (1897) si poteva pensare a un colpo di coda irrazionale e orrorifico a fronte di una cultura votata al progresso tecnologico, industriale, politico. Poi il vampiro divenne icona e narrazione del capitalista sfruttatore. Ma a più di un secolo di distanza i giochi esistenziali, sociali, sono tutti scoperti. Un essere che non sa morire e non sa vivere, che si nutre di sangue altrui ma -chissà- è in cerca d’amore, consumato -mai fino all’annientamento- da una sorta di nostalgia. Melanconia. Il vampiro siamo noi.

Milanesiana, Massimo Zamboni rilegge Dracula al cinema Mexico

E il film che racconta meglio questo aspetto è il Dracula di Tod Browning del 1931, con un Bela Lugosi che a malapena parla inglese: poche sfingee parole, da straniero. Dracula è uno straniero. Dracula è noi stessi in quanto stranieri.  Ed è un film senza colonna sonora. Il che è un invito a rileggerlo dandogli il ritmo, il mood, del tempo.

Lo fa Massimo Zamboni, come sentiremo lunedì 11 luglio al cinema Mexico (via Savona 57, ore 21) nell’ambito della Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Quella del 2022 è un’edizione trionfale per la rassegna milanese per eccellenza (che però vive anche di significativi approdi in varie parti d’Italia, ed è quindi un modello culturale duttile e “esportabile” ). Il tema generale è “Omissioni”: la mitopoiesi di un vuoto di memoria e d’azione. Tema che si adatta perfettamente alla configurazione vampirica, tutta basata sul non essere prima che sull’essere.

Il Dracula di Zamboni, tra espressionismo, punk e spleen mitteleuropeo

Zamboni ha fatto la storia del rock non solo Italiano, con gli Cccp, con i Csi, e soprattutto con una voce strumentale, compositiva, di arrangiamento propria: aggressiva ma minimalista. È arrivato alla sonorizzazione del film di Browning attratto dal tipo di recitazione molto teatralizzata, dall’anti-naturalismo della macchina rappresentativa della pellicola. Quindi niente improvvisazione: c’è la voce e la chitarra di Zamboni, c’è la tastiera del polistrumentista Cristiano Roversi, ci sono il vibrafono e le percussioni di Simone Beneventi che lavorano su parti fisse. Si cerca un mood ossessivo/ambient per raccontare la maniacalità del personaggio Dracula e lo spirito del tempo di oggi, quindi del Dracula in ognuno di noi. In un flusso che in molti casi azzera anche i dialoghi originali, lasciando poche frasi, massi erratici, spaesanti, nell’ambito del fiume rappresentativo.Dracula, dall’inizio, è stata una sorta di termine fisso d’avanguardia. I successi come Musical a Broadway del 1924 (con lo stesso Lugosi), le versioni di Murnau e di Dreyer.  Ed è stato anche un caposaldo del post rock, ad esempio con il brano “Bela Lugosi’s Dead” dei Bauhaus. Quindi una sorta di ritorno a casa per Zamboni.

Una raccolta e un ripercorrere le “vene scure” da inizio 900 a oggi, un filo che unisce espressionismo, punk, e quella straordinaria anticipazione della vita contemporanea che è lo spleen mitteleuropeo. Dracula siamo noi. Godiamoci Dracula.

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