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Milano
Amianto alla Scala, la protesta: "Processi a tarallucci e vino". Tutti assolti

Amianto alla Scala, la protesta: "Processi a tarallucci e vino". Tutti assolti

Hanno portato davanti al Tribunale una damigiana e dei taralli perché, denunciano "qui i processi per le morti di amianto finiscono sempre a tarallucci e vino, speriamo che non accada anche in questo caso". Nel giorno dell'ultima udienza del processo che vede imputati 3 dirigenti del Teatro alla Scala per la morte di 10 lavoratori a causa di patologie legate all'esposizione all'amianto, comitati e sindacati si sono trovati davanti a Palazzo di Giustizia per un presidio.

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"Siamo qui per chiedere giustizia per i colleghi che non ci sono più, vogliamo evitare che si ripeta lo stesso film già visto", afferma Roberto D'Ambrosio, presidente del Comitato Ambiente e Salute Teatro alla Scala. Mostrati al presidio anche uno striscione con la scritta "Per ricordare tutti i lavoratori uccisi in nome del profitto" e una lapide in marmo: "In memoria del personale del Teatro alla Scala morto per amianto - uccisi dall'ignavia dei dirigenti del Teatro".

MILANO: TUTTI ASSOLTI IMPUTATI PROCESSO MORTI AMIANTO TEATRO SCALA 

"Il fatto non sussiste". Con questa formula, la giudice Mariolina Panasiti, presidente della nona sezione penale del tribunale di Milano, ha assolto tutti gli imputati al processo per omicidio colposo in relazione alla morte di una decina di lavoratori del Teatro alla Scala, esposti ad amianto. 

Per i quattro ex dirigenti del Teatro alla Scala, il pm di Milano Maurizio Ascione, lo scorso novembre, aveva chiesto condanne a pene comprese tra 2 anni e mezzo e 7 anni di reclusione. Durante le repliche di questa mattina, ha più volte sottolineato che alla base della vicenda vi sono ragioni di ordine economico: "La questione principale in questo processo, come in tanti processi simili su materia ambientale -ha detto- è quella di avere al centro della verifica la ragione, mai rivelata, dell'utilizzo di materiale di per sé rischioso, pur se dotato di caratteristiche apprezzabili e sicure come nel caso dell'amianto contro gli incendi". E la ragione "non confessata dell'utilizzo di questo materiale, non accompagnato da forme di prevenzione, è il risparmio di risorse". Investimenti "necessari proprio per garantire la messa in sicurezza da situazioni di rischio". "Da parte delle difese", ha aggiunto quindi il pm, sarebbe stato opportuno "evidenziare che già prima della politicizzazione della messa al bando dell'amianto avevamo una cognizione tecnologica e legislativa, oltre che scientifica e culturale, della pericolosità di questo materiale". Perché "la letteratura medica e la normativa di metà secolo scorso indicavano già la necessità di usare un materiale coibente, ma con delle precauzioni". Misure, queste, che "avevano un costo". Ed è proprio "questo il senso delle scelte censurabili, che -avverte- ci consentono di dare un senso logico all'intera vicenda". Maggiori dettagli sulla sentenza si avranno tra 90 giorni, termine fissato per il deposito delle motivazioni.

MILANO: TENSIONE AL TERMINE DEL PROCESSO MORTI AMIANTO TEATRO SCALA 

Tensione in aula al termine del processo ai quattro ex vertici del Teatro alla Scala imputati per omicidio colposo in relazione alla morte di una decina di lavoratori esposti all'amianto. L'accusa, per loro, è di non aver fatto rimuovere l'amianto, presente in vari ambienti, respirato per decenni dai lavoratori, ignari. Non appena la presidente della nona sezione penale, Mariolina Panasiti, ha pronunciato la formula "assolti perché il fatto non sussiste", si è scatenata la rabbia dei parenti delle vittime: "E' una vergogna", ha detto uno dei rappresentanti del comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio. "Ormai l'unico diritto riconosciuto del tribunale di Milano è quello dei datori di lavoro che non rispettano le misure di sicurezza". I "diritti delle vittime, invece, vengono calpestati". Il "profitto viene prima della vita e della salute umana". Questo "è un dogma in questo tribunale". Ma, ha aggiunto, "noi non ci arrendiamo e continueremo a lottare per la giustizia, perché non possiamo accettare che il diritto dei padroni valga più del diritto dei lavoratori". Qui "i lavoratori sono stati avvelenati, sono stati messi in condizioni di lavoro inadeguate, senza misure di protezione, si sono ammalati e sono morti". Eppure "per il tribunale il fatto non sussiste". Oggi, conclude, "questi lavoratori li hanno uccisi per la seconda volta". 

 

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