Milano
Antoniazzi (Riformisti): "Majorino? Milano ha bisogno di un nome nuovo. Calenda ha problemi di visibilità"
Il segretario di Demos Piervito Antoniazzi sulla nascita del circolo Matteotti: "A Milano una nuova primavera. Primarie? Solo se c'è una gara vera come nel 2010. Calenda ha problemi di visibilità e rappresentanza". L'intervista

Antoniazzi (Riformisti): "Majorino? Milano ha bisogno di un nome nuovo. Calenda ha problemi di visibilità"
"A Milano ci sono tradizioni politiche importanti, come quella riformista e socialista, che devono essere rinnovate e che devono trovare personalità in grado di riunirle" spiega il segretario di Demos Piervito Antoniazzi a pochi giorni dall'inaugurazione in città del 'circolo Matteotti', uno spazio politico trasversale per dare voce alle istanze riformiste. In vista delle prossime comunali, il profilo più forte per il centrosinistra sembra essere quello dell'esponente Pd Pierfrancesco Majorino: "Ma secondo me la città ha bisogno di un nome nuovo" commenta Antoniazzi, che non esclude le primarie per la scelta del candidato, a patto che siano "vere, con figure forti in campo e con una partecipazione larga". Intanto, però, Carlo Calenda ha fatto sapere che Azione valuterà anche la possibilità di correre con un proprio candidato: "Mi pare - osserva Antoniazzi - che Calenda abbia un problema di visibilità e l'esigenza di far vedere che anche lui è presente". L'intervista.
Antoniazzi, con il circolo Matteotti cercate di mettere insieme i riformisti che a Milano possono rappresentare un bacino importante di voti?
Diciamo che tutto quello che si muove e serve ad aprire il dibattito è utile. Anche perché per Milano sarebbe auspicabile una nuova primavera, con una ripresa dell'entusiasmo e basata sui contenuti. Il nome 'Matteotti' può trarre in inganno: noi non dobbiamo andare sull'Aventino o fare un' unità antifascista ma parlare di futuro. Per ora il dibattito è stato un po' troppo incentrato sulle dinamiche interne al Pd. La nostra idea di partenza è quella di fare una cosa più trasversale, riconoscendo l'importanza del mondo civico.
Politicamente questo come si traduce?
O con un candidato civico di profilo o con un contenitore, magari con una lista civica extralarge in grado di coinvolgere delle forze che oggi stanno un po' a guardare. A Milano la partita tra destra e sinistra è sempre stata abbastanza equilibrata, e alla fine ha sempre fatto la differenza la credibilità del candidato e la capacità di aggregare andando oltre al proprio schieramento.
Nel Pd milanese e nel centrosinistra attuale si rendono conto dell'importanza di tenere dentro anche il mondo riformista?
Dipenderà molto da noi e dalla capacità di produrre contenuti e figure anche nuove. Ci sono delle tradizioni politiche importanti a Milano, come quella riformista e socialista ma anche quella solidaristica e cattolica, o laico-liberale, che devono essere rinnovate e devono trovare una personalità in grado di aggregarle. Io credo che ci sia ancora molto da fare su questa strada. Ma penso che sia necessario e indispensabile. C'è una richiesta di un qualche cosa di nuovo e la domanda è molto superiore all'offerta.
Uno dei possibili candidati sindaci del centrosinistra è sicuramente Majorino.
Premesso che mi sembra prematuro fare dei nomi - e che io una volta, dialogando proprio con Affaritaliani.it, parlai del sogno di avere una candidata donna a Milano -, credo che si debba anche un po' innovare. Majorino è già stato candidato alle scorse regionali. Secondo me la città ha bisogno di un nome nuovo.
Le primarie possono essere uno strumento utile?
Le primarie sono uno strumento importante e utile che crea movimentazione, aggregazione e partecipazione. Ma è chiaro che hanno un senso soprattutto quando c'è una gara vera, con candidati forti. Quando nel 2010 si presentarono Pisapia, Boeri e Onida, si presentarono tre eccellenze della società milanese che decideva di reagire dopo quasi 20 anni di governo della destra mettendo in campo alcune tra le più prestigiose figure cittadine. Se le primarie si fanno con candidati forti e una partecipazione larga, allora sono utili. Se vengono ridotte a una dinamica interna a un partito, con uno schieramento non sufficientemente largo, allora sarebbero inutili.
Intanto Calenda non ha escluso la possibilità che Azione si presenti con uno suo candidato. Che ne pensa?
Credo che Calenda abbia un problema di visibilità e di rappresentanza, unito alla necessità di segnare la sua presenza. Devo anche sottolineare che in alcune situazioni non sempre Azione ha giocato dentro al campo del centrosinistra. Se riusciranno a esprimere candidati di valore si vedrà, adesso mi sembra soltanto un modo per dire 'ci sono anche io'.