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"Aspettate la cassa". Quelli che il lavoro a Milano l'hanno già perso

"Aspettate la cassa". Quelli che il lavoro a Milano l'hanno già perso

“Oggi ho ricevuto lo stipendio di febbraio: 535 euro. Mancano 415 di 'fuori busta'”. Il suo commento? “Ora mi tocca fare la parte dello stronzo che in tempo di crisi va a chiedergli i soldi”. A parlare è il cameriere di un ristorante stellato di Milano, menù degustazione a partire da 100 euro a testa, vino escluso. Un'attività in affitto in zona Corso Como, contratto di locazione da quattro anni, ha abbassato le serrande lunedì. Da giorni il titolare non risponde alle chiamate dei dipendenti. Solo un messaggio WhatsApp: “Aspettate la cassa integrazione”.

Una di loro ha fatto un salto al Caf per sicurezza, prima che i centri di assistenza fiscale a loro volta sospendessero le attività di ufficio. Ha scoperto di non avere i contributi versati. Non solo quelli dell'ultimo trimestre. Da molto più tempo. In attesa di ulteriori decreti del Governo “L'azienda che sa di non aver versato i contributi non fa nemmeno la domanda di cassa integrazione, perché sa che gli verrà respinta”, spiega l'avvocato Lorenzo Venini, esperto giuslavorista dello Studio Diritti e Lavoro di Milano. Sulla carta esiste la possibilità di regolarizzare le posizioni entro il mese successivo per le aziende che dispongono di liquidità in cassa. Come del resto il lavoratore in questa situazione ha diritto non solo al sostegno temporaneo ma ad essere indennizzato con l'intero stipendio da parte del datore. Nei fatti non è ciò che accade e si finisce a fare cause di lavoro contro qualcuno che magari non esiste più.

Lo hanno detto in molti. Vale la pena ripeterlo. Il Covid-19 ha solo mostrato che il re è nudo. Il virus mette in evidenza le debolezze strutturali del mercato del lavoro meneghino, per troppo tempo incensato con gli aggettivi che da cinque anni dominano il discorso pubblico sulla città: “agile”, “smart”, “dinamica”. I lavoratori dei grandi gruppi del centro attendono fiduciosi la comunicazione dell'azienda. Quattro righe che però significano continuità retributiva: “Oggetto: sospensione del rapporto per richiesta assegno ordinario di integrazione salariale”. È l'intervento del fondo F.I.S. dell'Inps. Per tutti fino al 3 aprile ma molti hanno già messo in conto fino al 3 maggio. Per ora si sta a casa in ferie o con permessi e rol non goduti. In busta paga tornano a comparire antiche voci del diritto del lavoro italiano, come le “ex festività soppresse”: sono giorni di festa non più riconosciuti dall'ordinamento che danno diritto ad ore di permesso retribuite. Nel 2020 San Giuseppe, l'Ascensione, San Pietro e Paolo e la Festa dell'Unità Nazionale.

Lunedì ha chiuso i battenti il Gruppo Calzedonia: Intimissimi, Tezenis, Falconieri, Atelier Emé, oltre alla casa madre. Il giorno dopo ha fatto la stessa cosa Inditex (Zara, Bershka, Pull and Bear, Massimo Dutti e altri). E a cascata tutti i marchi, grandi e piccoli, della moda che affollano il quadrilatero milanese e lo zone dello shopping che fino all'ultimo avevano tenuto accesi i registratori di cassa, pur vuoti da giorni, in uno strano gioco d'attesa reciproca in cui nessuno voleva fare la prima mossa. Nonostante situazioni al limite del paradossale: oltre alle perdite del tenere aperto senza fatturare, si sono verificati casi di piccoli negozi con una o due commesse a gestirli e che si ritrovano all'interno persone senza dimora con problemi di salute mentale, senza sapere come comportarsi. Nella moda ci sono anche i primi licenziati: causale scritta “mancato superamento della prova”. Causale a voce: il virus. Verranno impugnati, ma chissà quando. I tribunali chiusi (ma cancellerie aperte) e la sospensione dell'attività giudiziaria fanno sì che sia lecito aspettarsi un aumento vertiginoso di cause e contenzioso in futuro.

Fra locali, pub e piccole attività si diffonde ora ulteriore scontento. Si sentono tagliati fuori dalle misure annunciate e poi prese a mezzo ordinanza dal sindaco Beppe Sala. Che riguardano i mercati scoperti, Area C, Area B, le soste auto, l'acquisto di dispositivi di protezione individuale per alcune categorie, nidi, mense e affitti nel patrimonio di proprietà comunale. Niente sconti per le attività. Solo differimento o rateizzazione di alcune tasse nel corso dell'anno. L'economia soffre e le prime vittime sono i rapporti umani e interpersonali di lavoro, sopratutto fra chi sa di non avere diritto ad alcuna tutela o ammortizzatore sociale: “Il mio capo per il quale lavoro tre giorni a settimana senza contratto, 600 euro al mese fissi, non mi ha semplicemente avvertito del fatto che dalla seconda metà di febbraio non avremmo più lavorato” racconta un libero professionista. “Sto ancora spettando lo stipendio di gennaio e su whatsapp le mie richieste hanno la spunta azzurra ma non mi risponde”.

 

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