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Caso Barbato, il Comune di Milano: "Falsità, quereliamo"
Antonio Barbato

Caso Barbato, il Comune di Milano: "Falsità, quereliamo"

Con una dettagliata nota, il Comune di Milano interviene sulle nuove polemiche legate alla Polizia locale, con i sospetti sollevati da un servizio delle Iene rilanciati dal centrodestra meneghino in merito alle dimissioni dell'ex comandante Antonio Barbato ed alla nomina al suo posto di Marco Ciacci. L'Amministrazione comunale annuncia l'intenzione di procedere per vie legali nei confronti di chi ha diffuso "notizie false e diffamanti" sulla vicenda.

Così da Palazzo Marino vengono ricostruiti gli eventi:

Pretestuosità e infondatezza della tesi prospettata

Per avere un quadro chiaro e privo di omissioni la vicenda sarà ripercorsa nel dettaglio. Prima di tutto si intende però evidenziare l’infondatezza della tesi di fondo sostenuta dal dottor Barbato, e fatta propria da alcuni servizi giornalistici, secondo cui la nomina dell’attuale Comandante sarebbe al centro di un ‘grave scambio di favori’ (citiamo uno di questi servizi) tra il Sindaco e la Procura della Repubblica di Milano. È sufficiente osservare che la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione per tutti i fatti connessi alla gestione dell’EXPO nel gennaio 2016, oltre un anno e mezzo prima che scoppiasse il ‘caso Barbato’ (luglio 2017), ma soprattutto ben prima che lo stesso Sala diventasse Sindaco di Milano (giugno 2016). Diversamente, la Procura Generale di Milano – soggetto inquirente diverso dalla Procura – aveva iscritto Sala nel registro degli indagati a fine 2016, in relazione all’episodio di retrodatazione di un atto relativo ad una procedura gara, chiedendone il rinvio a giudizio a gennaio 2018. Dunque è del tutto evidente che, poiché la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione molto prima che Sala diventasse Sindaco e la Procura Generale ha invece portato avanti il rinvio a giudizio nei suoi confronti, la tesi dello “scambio di favori” risulta totalmente fantasiosa, infondata e a dir poco pretestuosa, quindi diffamatoria. E verrà perseguita in sede legale.

La nomina di Barbato nel 2016

Nel giugno 2016, all’avvio dell’attuale mandato amministrativo, viene condotta un’analisi interna per la riorganizzazione della struttura. Questa analisi evidenzia un fabbisogno di posizioni dirigenziali e per coprirle vengono pubblicati alcuni avvisi di raccolta di candidature.  Tra i ruoli vacanti, anche quello di Comandante della Polizia locale: al bando pubblico, aperto sia agli esterni sia ai dipendenti comunali, pervengono ben 32 candidature di cui tre da personale già in forza al Corpo (tra cui il dott. Barbato, già funzionario dei Servizi di Polizia Municipale nonché dirigente e Vicecomandante del Corpo di Polizia locale). La Commissione esaminatrice (composta dall’allora Direttore generale del Comune, Arabella Caporello, dal Docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Consigliere Emerito della Suprema Corte di Cassazione Giuliano Turone, in qualità di componente esperto, e dal Generale Nazzareno Giovannelli, dirigente presso il Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri - Provincia di Milano, in qualità di componente esperto), dopo sei sedute per la valutazione dei curricula e i colloqui dei candidati, il 18 novembre 2016, individua Antonio Barbato quale soggetto maggiormente idoneo per la posizione di Comandante del Corpo di Polizia locale e Direttore della Direzione Sicurezza Urbana. Individuazione formalizzata con provvedimento del Sindaco del 21 novembre 2016.

Giova precisare che la valutazione degli altri due profili già provenienti dal Corpo ha avuto esito negativo: un profilo non è stato ammesso al colloquio per mancanza di requisiti; l’altro è stato ritenuto non idoneo al ruolo in base alle esperienze pregresse. Quindi, in risposta alle accuse sulla presunta mancanza di ricerca di profili interni idonei a ricoprire il ruolo di Comandante, si evidenzia che la scelta del dottor Barbato avviene nel novembre 2016 (pochi mesi prima delle sue dimissioni), a valle di una ricognizione interna prima e di un avviso pubblico poi, che ha visto valutare – e ritenere non idonei – anche tutti gli altri profili già in forza alla Polizia locale.

La destinazione di Barbato ad altro incarico nel 2017 Il 29 luglio 2017, nell’ambito dell’indagine antimafia sul clan Laudani, la stampa rende noti i contenuti di alcune intercettazioni del Comandante Barbato durante un incontro con un sindacalista e, soprattutto, con un imprenditore coinvolto nelle indagini. Nella sentenza n. 14679/18 della 7^ Sezione Penale del Tribunale di Milano del 29 novembre 2018, successivamente confermata anche in appello, si legge che “sin dall’inizio l’incontro Fazio-Barbato viene ammantato da mille cautele, inspiegabili nella prospettiva indicata dagli interessati”. Ancora, si legge che Barbato si dimostra disponibile a “fornire in anteprima direttamente allo stesso Fazio le informazioni necessarie per partecipare ad una gara d’appalto indetta dall’Amministrazione comunale”. E riguardo alla possibilità di far pedinare il vigile Cobelli “Barbato, invece di reagire sdegnato alla proposta di Palmieri, accetta di ricevere questo favore”. Infine, “Palmieri […] era pronto ad assecondare il raggiungimento di personali interessi del Comandante per poter sfruttare poi tale situazione quale ‘carta vincente’ in favore di Fazio”.

Riguardo alla gravità del suo comportamento, lo stesso Barbato sentito dai P.M. in data 1 luglio 2017, alla domanda del Pubblico Ministero – “senta, ma le pare normale che lei che fa il comandante della Polizia Municipale accetti la proposta di far seguire un suo dipendente sostanzialmente dalla Polizia privata di Fazio che era comunque interessato a partecipare a gare in tema di sicurezza bandite dal Comune di Milano?” – risponde letteralmente: “Sono perfettamente consapevole che in funzione del mio incarico non sarebbe stato conveniente né eticamente corretto che io avessi utilizzato questo Fazio per far seguire un dipendente con cui vi era un contrasto, difatti anche se ho accettato la proposta di Palmieri non se n’è fatto mai niente”.

La gravità di tali affermazioni, rese note da alcuni articoli di stampa, induce l’Amministrazione comunale ad approfondire i fatti - anche su richiesta di tutte le forze politiche che in modo trasversale chiedono la rimozione del Comandante - acquisendo dalla Procura della Repubblica gli atti di indagine. Se pur l’appalto e il pedinamento non avevano avuto corso e appreso che la posizione del dottor Barbato nell’indagine era esclusivamente quella di persona informata sui fatti, le attività investigative condotte dalla DDA di Milano restituivano un quadro di relazioni, comportamenti ed atteggiamenti dell’allora Comandante del Corpo di Polizia Municipale tale far apparire inopportuna la prosecuzione dello svolgimento dell’incarico.

Il 3 agosto 2017 anche il Comitato per la Legalità, la Trasparenza e l’Efficienza Amministrativa del Comune di Milano osserva come il comportamento tenuto dal dottor Barbato deponesse “in senso avverso alla condotta che un comandante deve avere” ed apparisse disallineato rispetto alla “trasparenza (e di conseguenza all’etica) comportamentale che deve contraddistinguere tutti i pubblici dipendenti e, massimamente, coloro i quali ricoprono ruoli apicali”. Il Comitato, ancora, rileva come “per ricoprire un incarico così delicato e vitale per l’ordinato svolgimento della vita pubblica, sia indispensabile, a monte del rapporto di fiducia interpersonale, il più ampio (se non addirittura, unanime) riconoscimento di una costantemente ineccepibile condotta che, quotidianamente, riaffermi la pubblica autorevolezza della carica e del ruolo”.

Il 4 agosto 2017 lo stesso Barbato, a seguito delle ammissioni rese ai P.M., scrive al Sindaco di Milano rappresentando “l’oggettiva difficoltà a proseguire nell’attuale incarico dirigenziale”, per essere irrimediabilmente compromesso “il sereno esercizio delle funzioni e delle responsabilità a me ascritte di Comandante del Corpo di Polizia Municipale”, e chiedendo l’assegnazione ad altro incarico. L’Amministrazione Comunale, valorizzando la circostanza che non ci fossero imputazioni penali, pur a fronte dell’ammissione del dottor Barbato di aver tenuto comportamenti quanto meno inopportuni, non avvia un procedimento disciplinare nei suoi confronti.

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