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Milano
Caso camici, l'accusa: "Fontana falsificò una firma"
Attilio Fontana

Caso camici, l'accusa: "Fontana falsificò una firma"

Prima la presunta evasione fiscale, poi il tentativo di far confluire circa 2 milioni in un conto svizzero sui cui era depositato il patrimonio della madre, facendoli apparire come parte della stessa eredita', addirittura falsificando una sua firma; infine la voluntary disclosure per scudare il consistente patrimonio. Questo il 'castello accusatorio' dei pm di Milano (Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, del pool anticorruzione guidato dall'aggiunto, Maurizio Romanelli) contro il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ora che la seconda tranche del 'caso camici' si caratterizza con le accuse nei suoi confronti di autoriciclaggio e falso nelle dichiarazioni della voluntary (incolpazioni che si aggiungono a quella originaria di frode nelle pubbliche forniture). Tutto parte dalle intercettazioni raccolte dagli inquirenti dal momento in cui Fontana offre, nel maggio scorso, al cognato Andrea Dini, titolare della Dama Spa (che produce il marchio Paul&Shark) 250mila euro come riparazione della mancata vendita di 75mila camici e 7mila kit alla Regione all'inizio della pandemia. Fornitura trasformata in donazione che aveva fatto perdere all'azienda di famiglia (sua moglie ne detiene il 10%) un affare da 513mila euro. Quel bonifico da 250mila euro proviene dal conto svizzero su cui Fontana custodiva l'eredita' della madre, 5 milioni circa, nel frattempo reinvestita negli anni e che gli ha fruttato ancora mezzo milione grazie ad investimenti azionari.

Documenti risalenti al 2005

I pm sono convinti che nei documenti per ora in loro possesso e risalenti al 2005, anno di 'lievitazione' del patrimonio, non ci siano firme autentiche; infatti hanno allegato alla richiesta di rogatoria in Svizzera che servira' a ricostruire la 'fusione patrimoniale' una consulenza tecnica di parte di tipo grafologico che analizza le sigle della madre (scomparsa nel 2015) apposte sul secondo conto Ubs e ne mette in dubbio la veridicita'. Il ragionamento dell'accusa porterebbe a dire che se gli originali quasi 3 milioni provengono effettivamente dal trust alle Bahamas creato dalla madre nel 1997 dopo una vita di lavoro da dentista, i secondi 2 milioni circa non abbiano effettivamente la stessa origine.

I pm: "Fontana sapeva del conto in Svizzera dal 1997"

Secondo quanto riferisce Ansa, Attilio Fontana avrebbe saputo dei soldi in Svizzera dal '97, quando venne aperto dalla madre il primo conto su cui sono confluiti quasi 3 milioni. Ne sono convinti i pm di Milano sulla base di una consulenza che avrebbe accertato che la donna firmo', probabilmente non in Svizzera, per l'avvio del rapporto bancario, il documento fu scannerizzato e il governatore, in altro momento e verosimilmente nella banca elvetica, firmo' la delega ad operare sul conto, che poi venne chiuso coi soldi spostati su un altro aperto nel 2005 con 2,5 milioni. Fontana ha sempre ribadito che seppe dei 5,3 milioni nel 2015 come eredita' lasciata dalla madre.

La difesa del Governatore: "La madre di Fontana curò direttamente il proprio patrimonio"

Per la difesa - affidata all'avvocato Jacopo Pensa - la madre del presidente "curo' il suo patrimonio anche da anziana recandosi con una certa periodicita' autonomamente in Svizzera dove aveva il suo conto in banca fin dagli anni '90", per questo Fontana "esclude nel modo piu' assoluto" che si possa trattare di una firma falsa.

Un'eventualita' per cui il governatore si dice "stupefatto". Anche nel 2005 dunque, quando aveva ormai 82 anni, sarebbe stata lei stessa a recarsi in banca e a firmare quegli atti. E se la grafia potrebbe non sembrare la stessa dei documenti del conto aperto nel 1997 e' perche' "con gli anni puo' modificarsi". Una interpretazione, questa, che cozza con l'ipotesi di falsificazione. Faranno chiarezza eventualmente le carte che i pm hanno chiesto alle autorita' elvetiche. Prima di tutto gli estratti conti, sebbene si tratti di un periodo di oltre 10 anni fa, che serviranno a ricostruire i flussi. Poi gli atti di accensione del conto, per comparare le firme sospette con quelle dei precedenti movimenti bancari. La regolarizzazione della posizione patrimoniale oltreconfine e' stata poi fatta dal governatore dopo il 2015, quando ha ereditato la somma e ha beneficiato della voluntary disclosure, che consentiva di dichiarare al fisco patrimoni esteri, di fatto scudandoli. I movimenti garantiti grazie all'operazione arriverebbero comunque al 2009.

La madre del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, "curo' il suo patrimonio anche da anziana recandosi con una certa periodicita' autonomamente in Svizzera, dove deteneva il suo conto in banca fin dagli anni '90", per questo Fontana "esclude nel modo piu' assoluto" l'ipotesi di una falsificazione della sua firma sui suoi documenti finanziari. E' la spiegazione che la difesa del governatore, affidata all'avvocato Jacopo Pensa, da' al fatto che una tranche di risparmi da circa 2 milioni si sarebbe aggiunta solo in un secondo momento ai tre milioni dell'iniziale conto svizzero materno (aperto nel 1997 e su cui conflui' il denaro di un trust alle Bahamas). La somma totale di circa 5 milioni sarebbe, sostiene la difesa, interamente derivante dall'eredita'. A detta della difesa, quindi, la 'fusione patrimoniale' dei due conti, avvenuta nel 2005, sarebbe stata siglata dalla stessa donna (morta poi nel 2015, ultranovantenne). Una spiegazione questa che cozza con l'ipotesi di 'falsificazione' della firma per accendere il secondo conto su cui si stanno basando i pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas del pool anticorruzione guidato dall'aggiunto Maurizio Romanelli.

E dietro la quale si cela il sospetto investigativo che i due milioni arrivati nel 2005, quando la donna era gia' ultraottantenne, siano stati fatti soltanto figurare come parte dell'eredita', ma siano in realta' il frutto di un'evasione fiscale dell'attivita' libero professionale di Fontana. Sul 2005 si concentra la lente dei pm, perche' il patrimonio poi ereditato dall'allora sindaco di Varese ha l'oscillazione consistente di oltre 2 milioni. I pm hanno chiesto alle autorita' elvetiche gli estratti conti, sebbene si tratti di un periodo di oltre 10 anni fa. Quanto agli atti di accensione del conto, consentirebbero agli investigatori della finanza di comparare le firme sospette con quelle dei precedenti movimenti bancari. Secondo la difesa, in ogni caso, il capitale giacente sul conto sarebbe lievitato di "poche decine di migliaia di euro" derivanti dagli investimenti azionari che nel frattempo avrebbero dato i loro frutti. La regolarizzazione della posizione patrimoniale oltreconfine e' stata poi fatta dal governatore dopo il 2015, quando ha ereditato la somma e ha beneficiato della voluntary disclosure, che consentiva di dichiarare al fisco patrimoni esteri, di fatto scudandoli. I movimenti garantiti grazie all'operazione arriverebbero comunque al 2009.

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