Milano
Chi era Giuseppe Ballarini, re delle pentole, e che malattia aveva

Ballarini aveva portato avanti la famosa azienda di famiglia di pentole che ha arricchito non solo il mercato italiano
Chi era Giuseppe Ballarini
Giuseppe Ballarini era nato a Rivarolo Mantovano il 23 febbraio del 1947 e tra un paio di settimane avrebbe compiuto 75 anni. Giuseppe si era formato frequentando dapprima il liceo scientifico a Parma, poi iscrivendosi alla facoltà di Economia e Commercio. Era presidente dell’omonima azienda che è un marchio storico mantovano che da sempre produce pentole e accessori per la cucina sia di livello professionale che per le famiglie.
L’azienda di pentole è nata nel 1889, anno in cui è stata fondata a Rivarolo Mantovano e proprio nel piccolo borgo - dove si trovano le due torri Cinquecentesche, logo del marchio - ha da sempre ideato e realizzato i suoi prodotti. Nel tempo si è anche rinnovata come quando nel 1967 l'azienda produsse il primo esemplare di pentola 'teflonata' che rivoluzionò il mercato. Dunque, investendo sulla tecnologia, l'impresa si aprì sempre di più ai mercati esteri, fino alla cessione alla multinazionale tedesca.
Nel 2015 la società era stata ceduta alla multinazionale tedesca Zwilling. La ditta, comunque, è sempre rimasta in mano alla famiglia di Rivarolo: nei ruoli chiave dell'azienda ci sono i figli di Giuseppe (Alessandro e Luca) e i loro cugini Angelo e Guido.
Il re delle pentole che malattia aveva
Ballarini è stato stroncato da una malattia autoimmune. L'imprenditore, che avrebbe compiuto tra poco 75 anni, è morto nella clinica Humanitas di Rozzano il 7 febbraio 2022, dove era ricoverato da una settimana. Gli era stata diagnosticata una malattia autoimmune da pochissimo. Le sue condizioni sono precipitate con il passare delle ore ed era stato ricoverato in terapia intensiva.
I figli credevano in una ripresa del padre come riporta il Corriere della Sera. "Sinceramente pensavamo che ce l’avrebbe fatta - dicono i figli Alessandro e Luca - e avevamo forti speranze in tal senso, ma è stato tutto inutile. È stata una malattia violenta che in poco più di una settimana non gli ha lasciato alcuno scampo, nonostante il grande lavoro svolto dal direttore della Terapia intensiva Maurizio Cecconi e da tutti i professionisti della clinica".
(D.I.)