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Milano
Consigli regionali che pagano ente privato: la strana storia della Conferenza


di Fabio Massa

Segnatevi questo nome "Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome". Sapete che cos'è? No, probabilmente. Sapete a che cosa serve? Ovviamente no. Sapete quanto spende? La risposta sarà ancora no. Eppure esiste, non è un nome inventato. E no, non è una supercazzola. Esiste ed è stato concepito per essere qualcosa di assai strano. Di fatto, dopo anni e anni in cui si continua a berciare di trasparenza e affini, questa Conferenza è quanto di più opaco si possa immaginare. Opaco per statuto, verrebbe da dire. Infatti, proprio per statuto, la Conferenza è un organo che può essere assimilato a una associazione non riconosciuta, i cui soci sono però enti pubblici, istituzioni. Per la precisione, i presidenti dei consigli regionali delle 20 regioni italiane e delle province autonome di Trento e Bolzano. Quindi, per dirla semplice: è un ente con finalità di tipo pubblico, non fosse altro che è pagata da enti pubblici, ma la cui costituzione avviene secondo le norme di diritto privato, in qualità di "associazione non riconosciuta". Perché questo? Non è strano? Sì, ma non tanto quanto la gestione del denaro. Vediamo qualche numero: la Conferenza, stando al bilancio 2017, ha registrato entrate pari a oltre 2 milioni e mezzo di euro. Di questi 2 milioni e mezzo, 855mila euro sono stati a titolo contributivo straordinario per il sisma di Amatrice. Le uscite? 2 milioni e 100mila euro circa, di cui 884mila per progetti solidali per il sisma del centro Italia. Soldi pubblici, sganciati dai soci pubblici. Ma per fare che cosa? Vediamo.

Eccetto Amatrice, per iniziative e progetti sono stati spesi quasi 55mila euro su 1 milione e centomila euro. Per convenzioni e consulenze attinenti all'attività istituzionale 181mila euro, per un "master di secondo livello sulla valutazione" 45mila euro. Poi ci sono quasi 100mila euro per le spese generali di funzionamento dell'ente, 34mila euro di missioni e rimborsi, e poco più di 8mila euro di fondo rappresentanza. I dipendenti e le collaborazioni costano 632mila euro all'anno. A questi bisogna sommare 200mila euro e spiccio di consulenze e altre retribuzioni. In pratica, ricapitolando. Il bilancio 2017 è - depurato dagli 855mila euro di Amatrice, con uscite pari a un milione e 200mila euro circa. Di questo milione e 200mila, 800mila euro circa vanno per pagare la struttura, tra consulenze e dipendenti. Praticamente oltre il 70 per cento dell'intero bilancio della Conferenza va per pagare chi la fa funzionare. E chi sono costoro? Su sei dipendenti, 3 dirigenti. Il direttore generale ha un compenso pari a 130mila euro all'anno, sommando lo stipendio da dipendente e quello da dg. Poi ci sono altri due dirigenti e tre funzionari, con contratto di riferimento il CCNL delle Regioni e degli Enti Locali. Il dg si chiama Paolo Pietrangelo, classe 1969. Dal suo curriculum si apprende che è dg dal 2007, già consulente per la comunicazione istituzionale della Toscana, e "promotore del master di secondo livello in valutazione ed analisi politiche pubbliche promosso dal Senato, dalla Conferenza, dall'Università Ca' Foscari etc etc". Quello che alla Conferenza costa 45mila euro l'anno. In testa al suo cv c'è anche una frase a effetto "sic transit gloria mundi". Le cose del mondo sono indubbiamente effimere, ma interrogarsi sulla loro utilità è presupposto del giornalismo. E quindi, andiamo avanti.

Sarà tanto trasparente un ente che quando deve spendere lo fa come un privato che usa però soldi pubblici? Il dubbio deve venire anche alla stessa Conferenza, che infatti nel 2018 si rivolge a un avvocato, Marcello Cecchetti, al quale viene richiesto un parere pro-veritate. Il legale consiglia prudenzialmente di assoggettarsi volontariamente alle norme pubbliche, e così la Conferenza nomina un RUP, un responsabile unico del procedimento, per lo svolgimento di impulso, coordinamento e controllo "di ciascuna delle fasi relative all'acquisto di beni e servizi". Bene, benissimo. Mica troppo. Il Rup è solo un pezzo. Perché per essere una cosa pagata con soldi pubblici, le nomine e le assunzioni non hanno visto concorsi o altro. Quindi, il RUP (che ha un costo) serve per spendere meno del 30 per cento del bilancio totale. Il restante 71 per cento? Non si sa. Non c'è scritto da nessuna parte come sono avvenute le assunzioni, con quali graduatorie, se ci sono badge, orari di lavoro. Insomma, nulla. E sapete perché? Perché fino a poco tempo fa, la Conferenza era un soggetto pagato dal pubblico ma con logiche private. Come sono effimere le cose del mondo, e a volte incomprensibili. E poi, sia detto chiaramente, che cosa fa, e in quale modo, questa "Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome". Ne parliamo sulla prossima puntata.

fabio.massa@affaritaliani.it

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