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Milano
Coronavirus, fase 2, Regione: Lattuada (Cgil), non basta indicare una data

Coronavirus, fase 2, Regione: Lattuada (Cgil), non basta indicare una data, la salute al primo posto

Domani si riunisce il “Patto per lo sviluppo” in Regione, coi rappresentanti del mondo dell’impesa, i sindacati, le categorie. E Attilio Fontana presenterà il suo progetto “nuova normalità”, per riaprire le attività produttive il 4 maggio. Elena Lattuada, segretaria della Cgil lombarda anticipa a imprese-lavoro.com le scelte del sindacato. “Noi aspettiamo di capire domani, concretamente, quali sono le idee della Regione. Vogliamo capire prima di esprimere un giudizio. Il tema della ripartenza va posto nel momento in cui non si mandano in fumo tutti gli sforzi fatti in queste settimane sul fronte della salute. C’è una preoccupazione legata all’economia del Paese ma c’è prima di tutto una preoccupazione sulla salute dei cittadini, che non può venire meno: è la priorità. Se gli esperti, i medici e gli scienziati danno luce verde allora si può parlare di ripartenza, che non può essere però generalizzata, né uguale per tutti. Resta la scelta tra attività essenziali (circa il 50% del totale) e non. Occorre poi fare un’analisi attenta su chi può riprendere il lavoro, sapendo che ci sono i mercati internazionali, il fabbisogno interno e che ci sono settori che faranno più fatica a ripartire – come il turismo – che rappresentano un taglio pesante del Pil”. Sulle proposte avanzate dalla Regione che opinione si è fatta? “Non può esistere una soluzione che va bene per tutti. Parlare di lavoro 7 giorni invece che 5, nel manifatturiero, fa i conti con le modalità organizzative. Infatti ci sono settori che già lavorano su 7 giorni, ci sono ambiti dove si lavora su più turni, difficile avere una ricetta buona per tutti e in qualunque contesto. Certamente il tema della sicurezza e della protezione dei lavoratori deve essere la priorità e bisogna tenere conto se ci sono tutte le compatibilità”, spiega la segretaria della Cgil. Un capitolo importante riguarda i servizi. “Certo, poi c’è tutto ciò che manda avanti la produzione. I trasporti ad esempio. Dire che si lavora 7 giorni su 7 comporta l’adeguamento di una serie impegnativa di attività. Tutta la macchina organizzativa dei territori va ripensata e riorganizzata. Serve una rete e un servizio di trasporti pubblici adeguati al nuovo calendario, l’alternativa è il ritorno all’automobile, con tutti i guai ambientali che questo comporterebbe”.

C’è anche il problema dei più piccoli, i bambini e i ragazzi con le scuole chiuse e degli anziani, confinati in casa, senza poter dare una mano alle famiglie. “Si apre anche un grande problema per le lavoratrici – insiste Lattuada -  col rischio che tante battaglie e tanti risultati ottenuti sul fronte della conciliazione vengano vanificati”. Domani sarà un passaggio decisivo in Regione? “E’ improvvido pensare che basti indicare una data per cambiare l’organizzazione delle nostre città. Si pone un altro problema: nel momento in cui parte il segnale della ripresa non si possono costringere le persone a sentirsi libere solo di lavorare, va garantita anche la libertà del loro tempo, quello libero. Se restituisci tempo per il lavoro devi trovare le risposte anche per la vita di ciascuno”. “E poi è necessario immaginare come accompagnare questa ripresa lenta con strumenti adeguati di protezione del reddito. Perché rallentare può voler dire che si lavorano 3 o 4 giorni su 5 e servono nuovi ammortizzatori, tenuto conto che quelli istituzionali stanno esaurendosi. Non vanno vanificati i tanti sacrifici fatti dalle persone”, conclude Lattuada e il pensiero va anche alle migliaia di medici e infermieri che, anche oggi come ogni giorno, combattono contro Covid 19.

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