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Coronavirus, si impennano le rette nelle Rsa lombarde
Casa di riposo

Coronavirus, si impennano le rette nelle Rsa lombarde

Una spesa minima di 18mila euro all'anno: questo il conto salato nelle case di riposo lombarde. Costi sempre più elevati: le tariffe minime solo cinque anni fa si fermavano a 15mila euro. E l'emergenza Coronavirus avrebbe portato ad un ulteriore ritocco verso l'alto delle rette giornaliere, da 2 a 8 euro al giorno. Che fanno sino a 2.880 euro in più all'anno. E' la denuncia dei sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil: “A questi importi, già notevoli, in molti casi bisogna poi sommare vari costi aggiuntivi extra retta (lavanderia, parrucchiere e podologo, trasporti sanitari per visite mediche, ecc.). Insomma, le spese a carico delle famiglie per il ricovero di un anziano in una RSA sono in continuo aumento, anche in periodo Covid, mentre pensioni e indennità di accompagnamento sono al palo”.

Gli aumenti delle rette riguardano solo la quota a carico delle famiglie e dovrebbe riguardare solo il “servizio alberghiero”. La quota sanitaria è invece a carico della Regione. Per legge la quota della Regione dovrebbe coprire il 50% della retta giornaliera. Ma, denunciano i sindacati, nei fatti non è così, perché da anni i contributi della Regione sono bloccati. E così “il costo delle Rsa per le famiglie è più alto, intorno al 60%, mentre Regione Lombardia è ferma al 40 % per cento -scrivono i sindacati in una nota-. La quota sanitaria a carico del Ssn viene corrisposta da Regione Lombardia direttamente agli enti gestori, ma siamo di fronte a una situazione “fuori legge, che viene denunciata solamente dai sindacati dei pensionati. In presenza di costi crescenti richiesti da cure sempre più specializzate anche dal punto di vista sanitario, da garantire a anziani in condizioni gravi e complesse, alcuni gestori riversano sulla quota sociale una parte degli oneri sanitari che devono sostenere”.

I sindacati chiedono pertanto alla Regione “di monitorare e verificare se l'aumento delle rette richiesto dalle strutture sia legittimo e compatibile con le procedure regionali per l'accreditamento. In ogni caso riteniamo che sia necessario intervenire per evitare che l'aumento dei costi ricada sugli ospiti di queste strutture e sulle loro famiglie che stanno attraversando un periodo molto delicato dovuto proprio alla gestione dell'emergenza legata alla diffusione del Covid”.

Secondo i segretari Valerio Zanolla (Spi-Cgil), Emilio Didonè (Fnp Cisl) e Serena Bontempelli (Uilp) “in nessun modo l'emergenza può comportare costi superiori proprio nei confronti dei soggetti più deboli, altrimenti si cadrebbe nell'assurdo di fare pagare solo agli anziani ricoverati in Rsa cure e assistenza ricevuta”.

Come ricorda Redattore Sociale, da tempo le segreterie dei sindacati dei pensionati sollecitano, con scarso successo, la convocazione di un “Osservatorio RSA e Tavolo Anziani”: “Sosteniamo, in particolare la necessità di adeguare la parte sanitaria delle rette alle famiglie, garantire la copertura prevista dai Livelli essenziali assistenza (Lea), definire il riparto degli oneri tra sanità e sociale, regolare la quota a carico degli utenti e stabilire un sistema di priorità di accesso in base alla valutazione multidimensionale pubblica del bisogno coinvolgendo Asst e Comuni”.

Altro tema delicato è quello delle liste di attesa: “Secondo i calcoli delle associazioni dei gestori, sono circa 16mila i posti liberi nelle strutture della regione con liste di attesa che, senza esaurirsi, le riempirebbero in poco tempo. Nonostante ciò le Rsa ricoverano nuovi ospiti con il contagocce, e da quattro mesi i parenti non possono incontrare con regolarità i loro cari. Continuiamo a ricevere telefonate di molte famiglie e parenti alcuni di queste in assoluta necessità e urgenza. Dalle RSA solamente risposte insufficienti e non risolutive”.

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