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Milano
Milano, dai bimbi maltrattati alla politica. Il percorso di Francesca Clerici
Francesca Clerici
Arriva dal campo dei minori maltrattati Francesca Clerici, 45 anni, candidata con Beppe Sala. “Sono una mamma come tante, ma soprattutto una milanese innamorata della città”, spiega ad Affaritaliani.it. L’INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT
 
Il nostro punto di partenza sarà questo: chi è e cosa vuole da Milano?
Sono una mamma come tante altre, 45enne, lavoratrice impegnata nel sociale ma soprattutto milanese innamorata della sua città. Probabilmente la domanda giusta è cosa possono volere Milano e i milanesi da me. Io metto sul piatto competenza, disponibilità e attenzione ai problemi delle persone. È quello che faccio nella vita di tutti i giorni: ascoltare ed aiutare chi ha bisogno. E penso che debba essere un requisito di chiunque decida di candidarsi.
 
Si nota una vena critica contro i politici di professione…
Molte volte si cercano soluzioni ai problemi senza capirne le cause. Si cerca di accontentare tante richieste cercando un comun denominatore che faccia felici tutti, quando invece basterebbe partire dalla base delle questioni e da lì agire di conseguenza. Le faccio un esempio: io lavoro in una comunità per minori con difficoltà in famiglia. Il nostro lavoro è quello di tutelare questi bimbi, aiutare le famiglie in difficoltà a vari livelli. Sosteniamo le persone e in accordo con le istituzioni. Ma a volte le istituzioni non danno le risposte che dovrebbero… Con tutte le promesse elettorali sul gobbone e poi chi si è visto, si è visto.
E questo discorso vale anche per i pensionati, per le giovani coppie, per i disoccupati. 
 
Lei però aspira proprio ad essere una politica, candidandosi.
Ho scelto di candidarmi proprio per questo motivo. Perché credo che chi fa politica per professione perda col tempo il contatto con la realtà delle persone che li circonda. È stata una decisone dettata dal cuore, la mia. Un giorno mi sono guardata intorno e in una marea di cose che avrei voluto cambiare nella mia città mi sono presa coraggio, ho fatto un bel respiro e mi sono detta: ok, mi candido. Ma come cittadina, come milanese che lavora e paga le tasse, che parla sia con i suoi conoscenti che con gli sconosciuti. Che vuole dare il proprio contributo per migliorare la vita di tutti. Senza guardare in faccia nessuno.
 
Mi dica le prime tre cose da fare una volta vinte le elezioni.
Milano ha ancora bisogno di tanto lavoro, ma se proprio devo fare una lista di tre punti metterei al primo posto misure ed attenzioni per arginare la povertà, negli ultimi periodi sempre più diffusa. Non sto parlando di assistenzialismo, ma di azioni che sostengano i più bisognosi e li aiutino ad uscire da uno dei tunnel bui che si possano imboccare nella vita. E in questo frangente aggiungo lo sguardo alle periferie, che deve essere più di una semplice sbirciata, come accaduto nell’ultima amministrazione. Bisogna avere una vista da falco sulle zone a confine della città, perché non è possibile che il traino economico dell’Italia abbia interi quartieri dove il Comune serve solo a riscuotere imposte e a comandare siano piccoli mafiosetti spinti dalla complicità di qualcuno. Al secondo posto (si ricollega al primo ma necessita di un approfondimento) è la cura dei nostri anziani. Che significa farli sentire meno soli, far loro capire che possono contare su qualcuno sempre e comunque. Creando momenti di svago e di ascolto. I nostri nonni devono sapere che possono fidarsi. Essere anziani non significa prepararsi a morire, ma vivere ogni giorno nella saggezza delle proprie rughe. E terzo, basta con le multe selvagge. I milanesi vedono palazzo Marino come un registratore di cassa. Quando incrocio un vigile devo poter pensare a quanto mi sento protetta, non fare mente locale su come ho parcheggiato la macchina per evitarmi la multa. 
 
E perché ha scelto di sostenere il candidato Sala e non quello del centrodestra Parisi?
Queste sono le elezioni dei “non politici”: sia Parisi che Sala arrivano da esperienze totalmente diverse da quelle della piazza politica. Rispetto molto il candidato del centrodestra che si dimostra preparato, ma ho scelto Sala perché vedo in lui una cosa che in molti manca: la concretezza. Sono convinta che un uomo come lui, che è stato in grado di porre egregiamente gli occhi del mondo sulla nostra città per Expo, potrà dare tantissimo ai milanesi. Sarà un sindaco la cui parola d’ordine sarà una soltanto: “fare”.
 
Pare un po’ di fede renziana.
Mi spiace smentirla ma non è così. Non mi riconosco in partiti o leader nazionali. Io penso al mio piccolo, penso alla mia realtà. Le elezioni per il sindaco non si basano sui simboli ma sulle persone, che devono conoscere tutti i problemi del tessuto sociale del territorio che vogliono amministrare. Certo, Sala non può sapere tutto su tutti, per questo mi propongo come consigliera comunale: per consigliare al sindaco e alla giunta i problemi dei cittadini che vorranno affidarsi a me, sia in campagna elettorale che (nel caso) una volta eletta. Poi è vero, Beppe è appoggiato dal PD di Renzi. Ma non mi interessa: l’unica cosa che conta è la voglia di lavorare in unità e complicità, di ascoltare e prendere per mano i cittadini senza interessi personali. Cosa che nell’altro principale schieramento non vedo…
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