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Milano
Dalla parte di chi vuole andare a scuola. Ma il Tar avrebbe dovuto tacere

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Premessa di metodo: io sto con i ragazzi che vogliono andare a scuola in presenza. Tra tutti quelli che potevano essere colpiti, e danneggiati dal virus, loro sono quelli che dovevano essere tutelati. Se ci pensiamo, è perfettamente logico: statisticamente non si ammalano, e in più sono il nostro futuro, e dunque l'investimento migliore. Invece, in questo orrore di paese gerontocratico abbiamo deciso di tenere i ragazzi in casa e gli anziani per strada. Sono scelte sbagliate. Sono scelte dettate da convenienze elettorali: gli anziani votano, i giovani spesso no perché della politica se ne fregano. Ed è un grosso, grossissimo problema. Sono scelte sbagliate, e dunque - per la prima volta nella mia vita - solidarizzo con loro e con le loro manifestazioni: dopo aver protestato per Mururoa, mille volte per questioni mediorientali e per la pace nel mondo, finalmente un obiettivo concreto e alla loro portata. Però la scelta sbagliata di rubare loro un anno è una scelta politica. Di chi? Di chi ne ha facoltà: dunque Regione e Governo. Una scelta politica che va discussa, elogiata o punita in sede politica. Invece in Italia che cosa succede? Che è il Tar a decidere di riaprire le scuole. Pensiamoci bene, e notate l'assurdo: la politica, giustamente o sbagliando, decide di fare una cosa, e il Tar la ribalta. Tanto quanto basta a causare casino. Ma come è possibile? E allora, se dovessi fare un ricorso perché la costituzione mi consente di andare a fare quel che voglio perché non c'è e non ci può essere limite ai miei spostamenti, il Tar potrebbe darmi ragione? E dove finirebbero i divieti? Io penso che la cosa peggiore degli ultimi giorni, insieme al fatto che le lezioni restano a distanza, e che siamo un paese a trazione gerontocratica, è il fatto che siamo una Repubblica regolata, influenzata e governata dal Tar più che dalla politica. Che si dovrebbe dare per questo una svegliata.

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