Dalla ricerca lombarda una molecola che potrebbe salvare dall'Alzheimer
La ricerca di istituto Besta di Milano e Mario Negri di Bergamo, il governatore lombardo Fontana: "Speriamo si arrivi alla produzione del farmaco"
Dalla ricerca lombarda una molecola che potrebbe salvare dall'Alzheimer
I ricercatori dell'Istituto Besta di Milano e del Mario Negri di Bergamo hanno individuato una molecola che potrebbe salvare dall'Alzheimer. "Milano e la Lombardia - commenta il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana - sono, ancora una volta, protagonisti di uno studio che, in prospettiva, potrebbe evitare la produzione della proteina responsabile del morbo di questa malattia". La molecola e' in grado infatti di evitare l'accumulo delle placche di beta amiloide nel cervello di modelli animali. Grazie alla scoperta si aprono cosi' nuovi scenari per la cura della malattia. Rispetto ad altri approcci terapeutici, i costi potrebbero essere piu' bassi sia per quanto riguarda la produzione della molecola, sia per la somministrazione. L'Alzheimer e' la piu' comune forma di demenza in eta' avanzata e tuttora incurabile.
Fontana: "Alzheimer, speriamo si giunga alla produzione di un farmaco"
"Speriamo - continua il governatore - che presto si possa passare dallo studio alla produzione del farmaco per sconfiggere, una volta per tutte questa malattia che, purtroppo, colpisce sempre piu' i nostri anziani. Ai ricercatori del 'Besta' e del 'Mario Negri', eccellenze scientifiche della nostra regione, rivolgo i complimenti miei e di tutta la Lombardia per questa eccezionale scoperta. Regione Lombardia sostiene e continuera' a sostenere la ricerca". Grande soddisfazione e' stata espressa anche dall'assessore regionale alla Ricerca e Innovazione, Fabrizio Sala, che ha sottolineato proprio come la Regione abbia istituito "un Programma Strategico Triennale per la Ricerca che muove risorse per 1,5 miliardi di euro, che si aggiungono ai fondi europei per la ricerca pari a 2 miliardi di euro, il doppio rispetto alla precedente programmazione". Lo studio e' stato pubblicato sulla rivista 'Nature Molecular Psychiatry'.
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