Milano

Daniel Barenboim: la musica come religione universale

Di Francesco Bogliari

Il concerto del grande direttore con la Filarmonica della Scala è stato una grande cerimonia religiosa che ha messo d'accordo tutti

Daniel Barenboim: la musica come religione universale

Più che un concerto è sembrata una cerimonia religiosa, di quella religione universale che mette – o meglio, dovrebbe mettere – d'accordo tutti, cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, indù, scintoisti, aninisti, buddisti; agnostici e atei compresi: la religione della musica. Officiante uno degli ultimi grandi sacerdoti dei nostri tempi, quel Daniel Barenboim che a 82 anni, nonostante l'evidente debolezza fisica, ancora riesce a trasportare noi fedeli in quella dimensione altra e alta che è propria dello spirito.

La metafora religiosa non sembri blasfema, perché se la religione ci porta – o meglio, dovrebbe portarci – in uno spazio che vada oltre le cose terrene, Daniel Barenboim ne ha dato testimonianza con la gestualità minimale, essenziale, ascetica, ieratica con la quale ha condotto l'orchestra. Il carisma di un direttore si misura anche nell'impugnare con la mano destra una bacchetta e non usarla mai, o in  maniera impercettibile, e muovere la sinistra non per dare il tempo ma per invitare all'espressione. E anche nel restare per molte battute completamente immobile, se non con gli occhi, invece mobilissimi. Quando si è grandi direttori, non c'è bisogno di dimenare il corpo e scuotere lunghe chiome per farsi seguire dagli strumentisti...

Il programma del concerto di Barenboim: la 6^ e la 7^  di Beethoven

Il programma comprendeva la 6^ e la 7^ sinfonia di Beethoven, ascoltate dal vostro cronista decine di volte dal vivo ma riascoltate ieri sera come se fosse la prima. Tempi lenti di una lentezza densa e profonda; tempi veloci di una velocità densa e profonda. Un suono luminoso e trasparente, caldo e  saldo, pacato e vigoroso allo stesso tempo; la capacità di far sentire l'orchestra come insieme e gli  strumenti come singoli individui, di far vedere l'intera foresta distinguendo tutti gli alberi uno a uno. La cosidddetta “apoteosi della danza” della 7^ sinfonia c'è stata, ma si è trattato di una danza tutta interiore, asciugata da quello che era, che è superfluo. Dando così ragione a Richard Wagner (altro musicista di cui Barenboim è stato interprete sommo) quando scriveva: «Questa sinfonia è l'apoteosi della danza. È la danza nella sua massima essenza, l'azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali».

Alla fine, standing ovation per il Maestro. Sì, il concerto della Filarmonica della Scala di lunedì 29 gennaio è uno di quegli eventi di cui, chi c'era, potrà dire: “Io c'ero”.








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