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Milano
Dopo Sala? Troppi pretendenti. La deriva degli incontinenti
Beppe Sala

Dopo Sala? Troppi pretendenti. La deriva degli incontinenti

Quando Beppe Sala parla di doversi rasserenare andando in bicicletta, per decidere che cosa fare del suo futuro che poi è anche il futuro di Milano, parla sul serio. Non è solo una posa. L'aveva fatto anche la volta scorsa, andando al Cammino di Santiago. Il problema è che qui è cambiato tutto. La volta scorsa era il salvatore invocato dal Partito Democratico, l'uomo dell'Expo, colui il quale non solo aveva risparmiato all'Italia l'ennesima figura di inefficienza, ma l'aveva tramutata in un successo planetario. Dunque, un vincitore preannunciato. Ma comunque, il suo sfidante Stefano Parisi l'aveva messo in difficoltà. Perché c'è una sola verità: Milano è sempre contendibile. Figurarsi oggi, devastata dal Covid, con i ristoranti che stanno chiusi a mezzogiorno perché non c'è un turista e manco più i lavoratori (tutti in smartworking). Senza eventi, senza inaugurazioni. Triste e grigia. Pure la locuzione "Modello Milano", pare lontana e superata. Dal Milanese Imbruttito siamo passati alla Milano brutta. Non è una bella cosa. In più, il Pd supporta Sala, ma senza la passione di cinque anni fa. Il sindaco non ha mai fatto mistero della propria indipendenza. Che però qualcuno del suo staff ha fatto diventare mediaticamente qualcosa di vicino alla solitudine. E adesso i dem si trovano un candidato solo, che deve decidere se esserci. Ma non ci si illuda, perché la politica ha l'horror vacui, l'orrore del vuoto. E colma subito.

Così, indipendentemente da tutto Pierfrancesco Majorino è pronto a correre. Anche a marcare qualche distanza dal sindaco, come sul commissariamento richiesto per la Regione. Majorino è uno scafato e navigato, e sa che se Sala non ci sarà, occorrerà avere i motori caldi. Poca Europa (dove è stato eletto) e tanta battaglia sui territori, è quello che sta facendo. Ma non si illuda perché sulla sua strada troverà uno-e-solo-uno della compagine degli ex turborenziani oggi zingarettiani. Potrebbe essere Pierfrancesco Maran, l'assessore all'Urbanistica che studia da primo cittadino da sempre ma che da sempre ha un patto di non belligeranza con Majorino. Se non ci sarà Maran, difficile che ci possa essere Lia Quartapelle, molto più proiettata sulle vicende romane. Quell'area però, che esprime la segretaria metropolitana Silvia Roggiani, ci sarà. Questo è poco ma sicuro. Finita qui? Macché. Perché Italia Viva potrebbe decidere di correre al primo turno, anche solo per avere visibilità. E potrebbe decidere di farlo con Sala in campo, figurarsi senza. E infine la sinistra radicale, che Majorino si coccola in caso di primarie. Ogni cosa fa pensare a un immenso raggruppamento per una ipotesi unitaria che possa - tutti insieme - raggiungere un onorevole 6 per cento (punto più punto meno). Insomma, non è vero che dopo Sala non c'è nessuno. Forse è vero il contrario: sono in troppi a fronte di una candidatura unica del centrodestra.

fabio.massa@affaritaliani.it

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