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Milano
Covid, le accuse della Procura: "Brusaferro ignorò Piano Pandemico". LE CARTE
(foto Lapresse)

Ecco le presunte "colpe" degli indagati. Su Affari le carte della Procura

Dalla mancata istituzione delle zone rosse alla presunta omissione del Piano Nazionale Pandemico fino alla probabile svista sulle misure sanitarie. Sono alcune delle accuse che emergono dalle carte dell’indagine della Procura di Bergamo, che Affaritaliani.it Milano può mostrare in esclusiva. SCARICA LE CARTE

La presunta omissione delle raccomandazioni dell'OMS

I nomi coinvolti sono accusati di cooperazione nel delitto colposo, di aver cagionato l’epidemia e di delitto colposo contro la salute pubblica.

In particolare Claudio D’Amario, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria, Angelo Borrelli, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Silvio Brusaferro, Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, Luigi Cajazzo, Direttore Generale della Sanità di Regione e Giulio Gallera, all’epoca assessore al Welfare, deputato all’attuazione del Piano Pandemico Regionale e del Piano Nazionale di preparazione e risposta a un’influenza, avrebbero omesso alcune raccomandazioni. A partire da quelle dell’OMS del 5 gennaio 2020 e del 23 gennaio 2020, l’allerta di OMS e Paho (Pan American Health Organization), la dichiarazione del 31 gennaio 2020 dell’OMS – che indicava “un’emergenza nazionale di sanità pubblica” – le raccomandazioni dell’OMS del 4 febbraio 2020 che segnalavano i piani influenzali con cui affrontare l’influenza e il conseguente documento sulla gravità del virus respiratorio, redatto dall’Oms nel 2014.

Brusaferro avrebbe ignorato il Piano Pandemico Nazionale "scegliendo azioni alternative"

Per Silvio Brusaferro l'ipotesi è di “non aver dato seguito al Piano Pandemico Nazionale scegliendo azioni alternative” mentre a D’Amario e Borrelli l’accusa è di non aver adottato “le azioni di sorveglianza” (tra cui i protocolli per i voli indiretti), “le azioni di sanità pubblica” (mascherine e altri dispositivi di protezione), “le azioni per garantire trattamento e assistenza” e “le azioni per garantire adeguata formazione del personale sanitario”. Cajazzo e Gallera, invece, non avrebbero “censito e monitorato i posti letto in U.O di malattie infettive non aggiornandoli secondo il Piano Pandemico Regionale”. Ma non solo. Le carte dicono che i due avrebbero omesso la verifica della dotazione dei dispositivi di protezione e il controllo dell’adeguatezza del personale sanitario. Omissioni che, secondo la Procura, avrebbero determinato la diffusione del virus e cagionato le morti in provincia di Bergamo.

Le accuse nei confronti di Fontana e dei dirigenti dell'ASST di Bergamo

Claudio D’Amario, Agostino Miozzo, Francesco Maraglino, Silvio Brusaferro, Andrea Urbani, Franco Locatelli, Giuseppe Ippolito e Mauro Dionisio compaiono nella parte in cui, “in cooperazione colposa con Attilio Fontana e Giuseppe Conte”, sono incolpati di non aver esteso, dopo la riunione del CTS del 26 febbraio 2020, le zone rosse, già attive ad Alzano Lombardo e Nembro,  in altre aree della Regione.

Fontana, sempre in cooperazione con l’ex presidente del Consiglio, è anche incolpato di aver sottovalutato l’andamento del contagio in Val Seriana “cagionando “la morte di più persone”.

Il provvedimento mette nel mirino anche Francesco Locati, Direttore Generale della ASST di Bergamo Est e Paola Cosentina, Direttore Sanitario della ASST di Bergamo Est. Che, tra le altre “colpe”, non avrebbero effettuato uno screening dei pazienti ricoverati nell’ospedale di Alzano Lombardo.

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