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Foa: “Dal Covid all’Ucraina manipolazione sistematica dell’informazione”

Foa: “Dal Covid all’Ucraina manipolazione sistematica dell’informazione”

Sala gremita, nonostante l’orario aperitivo e il clima estivo. La guerra, un anno e mezzo dall’invasione dell’Ucraina, continua a tenere banco. Così nella sala principale delle Stelline va in scena “Raccontare la guerra oggi”.

Un dibattito civile per combattere contro fake news e propaganda

Un dibattito civile per combattere contro fake news e propaganda. Ci sono gli occhi della guerra: reporter e corrispondenti, coordinati da InsideOver, lo spin off di politica estera de Il Giornale. Arriva anche il direttore Alessandro Sallusti, un filo in ritardo. “Mi sono romanizzato e non pensavo che un congresso potesse iniziare veramente puntuale”. È la prima uscita pubblica da quando è tornato direttore del Giornale. E annuncia tra gli obiettivi della sua direzione bis “uomini e risorse per sviluppare il quotidiano, con un respiro internazionale”.

Foa: "La propaganda è sempre esistita, ma è diventata sempre più violenta"

Marcello Foa, ex direttore Rai, ma anche esperto delle dinamiche di guerra. Ad Affaritaliani.it Milano approfondisce i meccanismi che legano conflitti e informazione, tema del suo libro “I sistemi invisibili”. Per Foa: “La propaganda è sempre esistita, ma è diventata sempre più violenta. L’approccio di intimidazione all’informazione è diventato sistematico. È iniziato in Iraq, ma vale anche per il Covid e ora per l’Ucraina. Si basa sul funzionamento del cervello umano, sulle cornici valoriali. La forza della propaganda inibisce un approfondimento valido, basti pensare che in Italia siamo riusciti a definire “putiniano” Sergio Romano. È diventato sistematico e dovrebbe allertarci: abbiamo perso l’abitudine di distinguere i fatti dalle opinioni. Una tendenza di lungo corso: i giornalisti che raccontavano gli orrori americani in Vietnam non venivano creduti dalle redazioni all’inizio. Anziché fare polemiche sulle fake news o sostenere censure – la sconfitta della nostra democrazia – i giornalisti dovrebbero informarsi sulle tecniche di manipolazione dei media. Sarebbe Una forma di autodifesa importante, in un’epoca sincopata in cui il ciclo delle notizie è sempre più frenetico. Ecco il paradosso dell’informazione, non siamo mai stati così informati ma capiamo sempre meno del mondo che ci circonda.

Fausto Biloslavo: “Contano le suole da consumare e la volontà di raccontare a 360 gradi”

Anche Fausto Biloslavo, collegato dalla Tunisia con tanto di migranti alle spalle, ne fa una questione di metodo. Racconta di "una crisi epocale che è anche frutto degli effetti delle guerre, su tutte il Sudan”. Tante cose sono cambiate, ma per Biloslavo è come ai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan: “contano le suole da consumare e la volontà di raccontare a 360 gradi”. Provando a combattere anche la guerra dell’informazione, “destreggiandosi nella giungla con un lavoro onesto”.

Fulvio Scaglione: "La guerra non è il solo fenomeno, bisogna sforzarsi di conservare l’elemento umano"

La prima guerra che Fulvio Scaglione, a lungo vicedirettore di Famiglia Cristiana, ora ad Avvenire, ha visto è stata in Nagorno Karabakh, ma non si definisce un giornalista di guerra. “La guerra non è il solo fenomeno, bisogna sforzarsi di conservare l’elemento umano. Il vero male è la faziosità, come quella che fa scrivere cinque volte in un mese che gli ucraini sfondano il fronte russo. Serve un giornalismo meno epico ma più umano, “di chi augura al peggior nemico di vivere tempi interessanti”.

Giovanna Botteri: "Il problema dell’informazione di oggi è che non fa comprendere. Non c’entrano i mezzi tecnologici"

Giovanna Botteri, non è più reporter, ma lo è stata a lungo, oggi è corrispondente Rai da Parigi. Parla degli occhi della guerra, “il granello di sabbia che riesce a fermare il meccanismo”. Come i colleghi che seguirono una guerra con forte pressione ideologica: quella americana in Iraq. “Il problema dell’informazione di oggi è che non fa comprendere. Non c’entrano i mezzi tecnologici, ma l’essere embedded, un meccanismo al servizio della macchina di propaganda. La guerra più filmata e mediatica sempre, quella in Ucraina è una guerra di cui sappiamo pochissimo, e capiamo meno”.

Alberto Negri: "La guerra odierna dà una sola versione della storia: i giornalisti che sono andati in Donbass, al loro arrivo in Ucraina sono stati arrestati"

Alberto Negri, inviato de Sole 24 Ore e Manifesto, autore di Bazar Mediterraneo, mette i panni delle persone in guerra con gli occhi dell’inviato. “Un tempo si andava sul posto anni prima dello scoppio della guerra. Oggi ti precipitano sul fronte. Si viaggia oggigiorno troppo leggeri, senza libri e specializzazione. La guerra odierna dà una sola versione della storia: i giornalisti che sono andati in Donbass, al loro arrivo in Ucraina sono stati arrestati. Manca la prospettiva, si fa solo narrativa”.

Lucia Goracci: "Il reporter è un naufrago con la candela in mano"

Lucia Goracci, corrispondente Rai dal Medio Oriente, approfondisce come “la verità in guerra non esiste. Il reporter è un naufrago con la candela in mano. I protagonisti del conflitto possono fare a meno degli inviati in guerra: i guerriglieri con una mano sparano e con l’altra riprendono. L’antidoto è il bagaglio d’esperienza e la terzietà”.

Daniele Bellocchio: "Non è vero che le periferie del mondo non sono importanti"

Daniele Bellocchio, reporter di guerra de Il Giornale. “Nella prima pagina de Il Giornale di Montanelli c’è una corrispondenza dall’Angola. Non è vero che le periferie del mondo non sono importanti. Il suo primo reportage è stato in Repubblica Centrafricana, “Il paese di cui si parlava meno al mondo. Di lì a poco è diventato il trampolino di lancio della Wagner in Africa”. Il giornalismo deve ascoltare il silenzio, “ha una potenza iconica e di cambiamento”. Giornalismo non è mera geopolitica, sono storie di uomini.

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