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Coronavirus, Fontana: "Tamponi? Abbiamo seguito Istituto superiore di sanità"

Fontana a tutto campo: "Tamponi? Abbiamo seguito Istituto superiore di sanità"

Attilio Fontana è ottimista. Moderatamente, ovviamente. "Non oso dirlo, ma gli ultimi due giorni mi fanno sperare un poco", spiega in un'intervista esclusiva ad Affaritaliani.it Milano. Poi parla delle polemiche: "I tamponi? All'inizio ci hanno detto di non farli, che ne stavamo facendo troppi. E' arrivata una linea guida precisa dell'Istituto Superiore di Sanità. La mia mascherina? Era un tentativo di lanciare l'allarme: mi dissero che avevo danneggiato l'economia per miliardi". Poi, sulla fine di tutto, spiega: "L'8 aprile la Cina riapre tutto. Dopo tre mesi e mezzo. Anche se magicamente domani i numeri dovessero dirci che è finita, nessuno si aspetti di riprendere immediatamente la vita di prima". L'INTERVISTA INTEGRALE DI AFFARITALIANI.IT MILANO

Presidente Fontana, i dati mostrano un lieve miglioramento. Lei è ottimista?
Non oso dirlo. Ma diciamo che gli ultimi due giorni mi inducono ad essere più ottimista di tre giorni fa. Tre giorni fa eravamo ancora nella fase espansiva. E sono ottimista perché c'è una logica: i numeri di parziale rallentamento corrispondono ai primi provvedimenti, quelli della sera in cui in molti scapparono al Sud. C'è stato allora un piccolo cambiamento delle nostre abitudini, ed è a quello che si riferiscono i dati di questi giorni. Speriamo migliorino ulteriormente.

Facciamo finta che domani mattina i dati siano migliorati nettamente, e che sia finito tutto. Che cosa succede? Usciamo dalle nostre case e riprendiamo la vita di prima?
Da un punto di vista sanitario non so che cosa succede. Non lo sappiamo ancora. Ma possiamo osservare la Cina. L'8 aprile riaprono tutto, dopo aver mantenuto malgrado i dati positivi ancora parziali riduzioni alla socializzazione per lungo tempo. Stanno andando gradualmente verso il pieno recupero della vita ordinaria. Molto gradualmente. Ecco, credo che faremo così. Però mi sento di dire una cosa...

Prego.
Anche se improvvisamente finisse tutto, comunque ci saranno da fare scelte importanti. C'è da dedicarci alla ricostruzione. Impegnativa, molto impegnativa.

Parliamo delle polemiche. La prima: non avete fatto i tamponi.
La gente prima di parlare e scrivere, dovrebbe cercare di leggere e conoscere. Sennò si finisce a fare polemiche che fanno confusione. Non abbiamo scelto noi di non fare i tamponi. Li stavamo facendo a spron battuto, all'inizio. La cosa ci venne contestata dall'Istituto Superiore di Sanità che ci disse che ne facevamo troppi. Che non serviva a niente se non a creare allarmismo. E non lo disse solo: lo scrisse in una linea guida. Dovevamo fare i tamponi solo ai sintomatici, quindi laddove si presentassero in ospedale con febbre, tosse eccetera.  Poi mi faccia dire, non è che il tampone dia certezze assolute. Per esempio c'è stato il caso di un medico che ha fatto il tampone quattro volte, con i sintomi, ed è risultato sempre negativo finché non è finito in terapia intensiva e solo allora è risultato positivo. Su questa cosa dei tamponi parliamoci chiaro: noi seguiamo le linee guida. Io faccio il presidente di Regione, non l'epidemiologo.

L'altra accusa è di aver ospedalizzato la crisi.
Ma che cosa c'entra? Ma guardate la Cina! Mica hanno risolto con la medicina di prossimità. Hanno risolto chiudendo tutto. Dopodiché se vogliono fare le polemiche le facciano. Anche perché chi vive di polemiche ha poco da fare nella vita. Io, francamente ho molto da fare.

A proposito di polemiche, si disse che la sua mascherina in diretta Facebook era costata miliardi di fatturato a Milano e alla Lombardia.
Ricordo bene, ma quella mascherina significava una cosa sola: state attenti perché non è uno scherzo. Fate la vostra vita ma rispettate le prescrizioni. E io per primo mostravo che rispettavo le prescrizioni. Essendo risultata positiva una mia collaboratrice, la usavo perché ero a rischio contagio e non volevo sottoporre a rischi il prossimo. Quella mascherina era un simbolo, un grido d'allarme. Lo stesso allarme che Zaia, io e Fedriga lanciavamo alla fine di gennaio quando chiedevamo di mettere in quarantena chi arrivava dalla Cina. Ma in Italia c'è un problema...

Quale?
Un grosso problema di comunicazione. Viene sempre strumentalizzata in negativo quando le proposte arrivano da una parte politica. Siamo razzisti perché vogliamo la quarantena, siamo allarmisti perché usiamo la mascherina. Se invece scelte ben più gravi vengono fatte da altre parti politiche si glissa nello spazio di un batter di ciglia.

Si riferisce a Beppe Sala e a Milano non si ferma?
Non ho voglia di polemizzare. Mi riferivo a quando mi misi la mascherina: solo pochi giorni prima Sassoli aveva messo in quarantena tutti gli impiegati che andavano a Bruxelles. E l'allarmismo lo facevo io? Ma dato che quella è stata una decisione di un'altra parte politica, non venne letta come allarmismo, ma come giusta precauzione. Assurdo. La verità è che in quei giorni per qualcuno il Coronavirus venne presa come un'emergenza democratica e non per un'emergenza sanitaria. Si preoccupavano di altro. Ma quello che mi sconcerta di più è che nessuno abbia colto che non era un consigliere di zona di Pechino ad aver detto che la crisi era gravissima, ma il presidente della Cina. Il presidente della Cina, capito? Poi certo le polemiche diventano virali. Ma questi sono i fatti.

Questo virus ha ammazzato l'idea di Unione Europea?
Non so, ma sicuramente ne evidenzia l'inutilità, allo stato attuale. Le reazioni che ci sono state all'inizio sono state imbarazzanti. Finché non sono state colpite Francia Germania e Spagna siamo stati vergognosamente soli. Ho avuto la netta sensazione di essere un figlio serie B.

Parliamo di quel che verrà dopo. Ci sarà da gestire il rilancio. Beppe Sala dice di stare lavorando a questo.
Giusto, e infatti ci stiamo già ragionando, in Regione. E' fondamentale iniziare fin da subito con alcuni provvedimenti magari piccoli, che verranno approvati nelle prossime ore, per venire incontro alle pmi e agli artigiani. Quando inizieremo a uscirne vedrete che ci saremo sul rilancio.

Quando è tornato a casa, le prime sere, che cosa le hanno detto sua moglie e i suoi tre figli?
Non erano preoccupati per la mia salute, visto che sono tornato a casa solo da esente da ogni infezione. Erano preoccupati per quello che avrei dovuto fare, per la difficoltà della situazione, per le scelte che dovevo prendere. Io a loro non ho mai nascosto niente, allora eravamo ancora lontani dalla situazione drammatica degli ultimi giorni. Ma avevo rappresentato quel che erano le mie previsioni, e quindi erano molto preoccupati.

Quando sarà finita, davvero finita, che cosa farà?
Una settimana di vacanza senza telefonino con racchetta da tennis e mazza da golf. Non desidero altro.

fabio.massa@affaritaliani.it

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