Milano
Garlasco, adesso non è più certa nemmeno l’ora della morte di Chiara Poggi
La Procura riscrive la dinamica dell’omicidio del 2007. Se si rimuove Alberto Stasi dalla scena del delitto, la finestra temporale slitta di due ore. E lascia Sempio senza alibi

Garlasco, ora non è più certa nemmeno l’ora della morte di Chiara Poggi
La certezza su cui si è retta per anni la ricostruzione dell’omicidio di Chiara Poggi – l’orario della sua morte – oggi non è più tale. Secondo le sentenze definitive, la ragazza fu uccisa tra le 9.12 e le 9.35 del 13 agosto 2007. Una finestra temporale compatibile con la colpevolezza di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni. Ma quella ricostruzione, oggi, viene rimessa in discussione dalla Procura di Pavia, che ha avviato una revisione completa della scena del crimine.
Il dubbio degli inquirenti: “Orario legato solo all’ipotesi Stasi”
Il primo elemento che vacilla è proprio il riferimento alle 9.12, orario in cui Chiara disattiva l’allarme di casa. Da quel momento, secondo i giudici, avrebbe aperto la porta al suo assassino. Ma questa interpretazione regge solo nel caso in cui Stasi sia l’autore del delitto. Se, come ipotizzano i nuovi sviluppi, l’ex fidanzato non fosse stato presente, la finestra temporale si allarga. Chiara, infatti, non risponde a un “squillo” inviatole alle 9.46, elemento che potrebbe spostare l’orario del decesso di almeno altri 11 minuti. Non solo: già all’epoca, il primo medico legale parlava di un possibile decesso tra le 11 e le 11.30. Indicazione poi scomparsa dai processi.
Il nodo Sempio: tra le 11 e le 11.30 è senza alibi
Se la morte di Chiara Poggi fosse avvenuta due ore più tardi rispetto a quanto sostenuto in sentenza, Alberto Stasi risulterebbe fuori scena. Ma qualcun altro potrebbe entrarci. Andrea Sempio, amico del fratello della vittima e oggi formalmente indagato, ha sempre sostenuto di trovarsi in casa, a Garlasco, tra le 9.12 e le 9.35, in compagnia del padre. Tuttavia, tra le 11 e le 11.30, orario compatibile con i rilievi medico-legali, risulta da solo. Dice di essere stato a Vigevano, ma non ha agganci telefonici né testimoni oculari. Alle 11.30, un messaggio lo aggancia nuovamente alla cella di via Santa Lucia a Garlasco.
Garlasco: l'impronta 33 dimenticata
A contribuire alla riapertura del caso è anche un errore emerso solo ora. Durante i processi, si era ritenuto che l’aggressore non fosse mai sceso al piano terra dopo il delitto. Ma l’impronta 33, ben visibile già nel 2007, non fu mai considerata: è una delle prove che ha convinto la Procura a rivedere ogni dettaglio della scena del crimine. Al centro dell’attenzione anche la tesi secondo cui il killer si sarebbe lavato le mani nel lavandino prima di fuggire: una ricostruzione confermata in Cassazione, ma mai suffragata da tracce di sangue nel sifone o sulle maniglie.
La Procura riscrive la scena del crimine
Guidata dal procuratore aggiunto Fabio Napoleone, l’indagine in corso ha l’obiettivo di verificare con consulenze tecniche indipendenti ogni punto della ricostruzione fatta nei processi. Si lavora a una nuova ipotesi alternativa, sganciata dalla figura di Stasi. Una storia completamente riscritta.