I Hate Milano

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Burioni “cazzaro”, Gismondo “eroina”. Il Fatto e il mondo all'incontrario

Burioni “cazzaro”, Gismondo “eroina”. Il Fatto e il mondo all'incontrario

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Grandi domande si aggirano in questo momento per il Paese. Quando arriverà il picco del contagio? Quando potremo riavere, almeno in parte, la nostra libertà? Ma soprattutto: come mai Marco Travaglio e il Fatto Quotidiano sono completamente sdraiati davanti alla Signora Gismondo?

Ha destato molto scalpore l’editoriale di fuoco vergato ieri da Marcolino: a parte la difesa del discorso a social unificati di Conte - ma quello va beh, è il Travaglio di Governo che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi tempi – lascia basiti la tirata finale in difesa dell'“esperta” per mancanza di prove, quella che con le sue dichiarazioni (“è appena più forte di un raffreddore,  alla fine tutti mi daranno ragione, ne farò un ciondolo”) riuscì a convincere buona parte dell’opinione pubblica che del virus non ci dovevamo preoccupare. Anche perchè non si tratta di una presa di posizione isolata. 

Il 6 marzo, giorno prima della chiusura della Lombardia e con delle simulazioni sul numero di possibili morti che facevano tremare le gambe dalla paura, il Fatto ospirava un altro decisivo intervento della Signora, che ancora una volta, serafica, ci spiegava che la situazione era “sotto controllo”.

Il 14 marzo quel segugio di Marco Lillo, una delle penne più temute e prestigiose del quotidiano diretto da Marcolino, inflessibile castigatore di innumerevoli malcostumi italiani, diceva che in fondo, Burioni e la Gismondi avevano ragione entrambi, in un contorto ragionamento in stile “volemose bbene”. Sentite: “Abbiamo assistito a un derby inutile tra virologi (...). Bisognava spiegare agli italiani che il Covid-19 per l’80% (come diceva la dottoressa Maria Rita Gismondo del Sacco) è una normale influenza, ma proprio per questo bisognava aggiungere che – come diceva Roberto Burioni – è pericolosissimo per il restante 20%”.

Non si capisce  di quale derby l’Illustre collega stia parlando: proprio perchè pericolosissimo nel 20% dei casi (che poi è per il 10% dei casi, se vogliamo dirla tutta)  il virus è una cosa seria. Esattamente quello che diceva Burioni mentre la Gismondo al virus rideva in faccia, dicendo che ne avrebbe fatto un ciondolo. 

Non c’è nessun derby: Burioni aveva ragione e la Gismondo torto, torto marcio, e non si capisce come faccia Lillo a non capirlo.  Ma per difendere la Gismondo al Fatto, sono disposti veramente a tutto: anche a gettare la croce addosso a Burioni chiamandolo “cazzaro”. 

O bella. E come mai Burioni sarebbe un cazzaro e la prediletta di Marcolino “eroica” (come viene definita in un altro articolo del quotidiano da lui diretto)? Perchè il Burioni, il 2 febbraio, ovvero quando nemmeno la Cina era sotto quarantena (solo la provincia di Wuhan) e nemmeno i cinesi avevano ben chiaro gli effetti del virus, aveva rilasciato una dichiarazione tranquillizzante sulle possibilità che il virus arrivasse in Italia, reiterata ancora l’11 febbraio. Sembra quindi che Travaglio non sia in grado di cogliere l’evidente differenza tra  i due casi.  Un conto è Burioni, che si esprime agli inizi di febbraio sul fatto che il virus possa arrivare da noi senza disporre di dati certi. Un altro è la Gismondo, che con il virus già in Italia, e con molti più dati a disposizione riguardo i contagi, dice che del virus “ne farà un ciondolo”, mandando a monte la – per una volta – serissima reazione delle Istituzioni subito dopo lo scoppio dell’epidemia.
Perchè è proprio questo che Marcolino sembra non capire. Il Governo italiano, all’insorgere dell’epidemia, reagì meglio di tutti gli altri governi occidentali. Quando i morti si contavano sulle dita di una mani da noi c’erano già le zone rosse; quando i morti, in Paesi come gli Usa, la Francia e la Germania coi suoi numeri truccati, erano già arrivate a molte decine, locali e discoteche erano ancora tutti aperti.

Sono state proprio le dichiarazioni della sua Prediletta a mandare tutto alle ortiche, a creare confusione nell’opinione pubblica, aprendo una breccia da cui seguì il famoso “Milanoriparte”, il refrain “è solo un’influenza” e quel rilassamento nefasto di cui ora paghiamo le tragiche conseguenze.

Tuttavia, il bello (anzi, il brutto) è che Travaglio tutte queste le cose le sa benissimo, e la risposta alla domanda di apertura è quanto di più facile si possa immaginare.
A Travaglio della Gismondo non importa assolutamente nulla: quello che gli importa è dare addosso a Burioni, perchè Burioni, un tempo, era amico di Renzi. 

E siccome l’unica logica, nel far west del giornalismo italiano in crisi di copie vendute, è quella del clan, allora la Gismondo è da difendere a prescindere e Burioni un cazzaro a prescindere, anche se la realtà dice l’esatto contrario.
Il nemico del mio nemico è mio amico, insomma. E poi uno si stupisce che non si vendono più copie. 

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