I Hate Milano

di Mister Milano

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Coronavirus: altro che la Serie A, i cittadini vogliono regole certe. E subito
Giuseppe Conte a Milano

Coronavirus: altro che la Serie A, i cittadini vogliono regole certe. E subito

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

E’ nervoso, Giuseppi. Dopo la sollevazione popolare scaturita dal suo surreale discorso di lunedì non si capacita di come il Paese possa avercela con lui.
Povero Giuseppi. Credeva davvero che gli italiani fossero le sue bimbe, anzi meglio ancora, che gli italiani fossero 60 milioni di Marco Travaglio, pronti addirittura a rivalutare Berlusconi se serve a mantenere in sella il Nostro.
E’ nervoso, Giuseppi, tanto da aver lasciato a casa Rocco Casalino per il suo tour del nord Italia – arrivato quando l’emergenza è finita da un pezzo, assurdità dentro l’assurdità. E che rabbia quella giornalista di TPI colpevole di fare domande senza accontentarsi delle supercazzole di Antani che funzionano così bene nelle conferenze stampa a social unificati.
Ma gli amici, si sa, si vedono nel momento del bisogno: e infatti, per tutta la giornata di ieri, i giornali amici, in testa il Corriere, non hanno fatto altro che raccontare quanto siano nei guai quegli scellerati degli altri Paesi europei, talmente folli da aver già concepito da un pezzo un piano serio per la riapertura.
La Germania che subiva una “doccia fredda” nel vedere il famigerato indice R salire a 1. In Francia, quella nazione canaglia che pretende di tutelare il diritto allo studio e riaprire le scuole l’11 maggio, dove ci sono “seri dubbi” che la ripartenza possa accadere davvero.
Peccato che oggi in Germania l’indice sia sceso di nuovo – a dimostrazione di come dati, indici e tabelle siano carne nelle mani delle propaganda politica, da utilizzare alla bisogna - e che in Francia il piano sulle riaperture sia incentrato su 700 mila tamponi al giorno, in modo da avere la situazione costantemente sotto controllo e di poter tornare indietro senza danni appena necessario.
Il meglio però avveniva quando Fiorenza Sarzani pubblicava questo ennesimo “documento riservato” in cui si rivelava che il comitato tecnico-scientifico aveva condotto una simulazione secondo cui, riaprendo tutto il 4 maggio, avremmo avuto “151 persone in terapia intensiva”. Chiaro lo scopo: terrorizzare i lettori per convincerli del buon operato del Governo.
Peccato che il valore giornalistico di quella simulazione sia nullo: nessuno è tanto fesso da credere che si possa riaprire come se niente fosse, non c’è una singola persona o categoria professionale in questo Paese che sta protestando per questo.
Sono solo Ministri ed espertoni a ripetere la lagna sulle misure da tenere “fino al vaccino”, rinfrancati dai giornali italiani che continuano a illudere le persone con false certezze, rilanciando un giorno sì e l’altro pure la fake news del vaccino a settembre  (se qualcuno avesse dei dubbi, giusto ieri Bill Gates alla CNN ribadiva l’ovvio: del vaccino, se mai si troverà, se ne parla alla fine del 2021.
Quello che la gente chiede, dimostrando una comprensione del fenomeno superiore a quella del Governo stesso e dei giornalisti suoi sodali, è avere regole certe per gestire la riapertura. Poiché con il virus siamo (non “saremo”: siamo) obbligati a convivere, il Governo avrebbe dovuto fornire già da settimane linee guida chiare: se un parrucchiere o un centro estetico possono garantire due metri di distanza tra i clienti, e tali clienti hanno fatto il tampone la mattina stessa e risultano negativi, perchè non possono tenere aperto?
Ma invece di adoperarsi perché questo avvenga prendendo decisioni concrete – regole sulla distanza uguali per tutti, investimento sui tamponi come fatto in Veneto, registrazione su app obbligatoria per i contagiati – Conte-senza-più-Casalino continua a lodarsi e a campare alla giornata: e infatti adesso pare che la riapertura del 18 sarà regionale e non più nazionale come fa la Spagna, dopo che per settimane ci siamo sentiti ore di virologi del menga che spiegavano l’assurdità della riapertura regionale.
Invece di pensare a quando scenderà in campo la Serie A, la cosa fondamentale è capire quando tornerà in campo la politica: ogni giorno perso è un passo verso il non ritorno.

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