I Hate Milano

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Covid-19: epilogo comico dell’informazione. Da piangere se non facesse ridere

Coronavirus: l'epilogo comico dell’informazione. Da piangere se non facesse ridere

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Guardate la foto allegata a questo articolo.
Sulla sinistra abbiamo il New York Times, primo quotidiano americano. Le notizie relative al coronavirus sono disponibili gratuitamente, nella convinzione che in un momento come questo il giornalismo giochi una partita decisiva, e sia vitale, per i cittadini di ogni ceto sociale, aver accesso a fonti di informazione qualificate.
Osservate invece la metà di destra. Questo è il Corriere della Sera, primo quotidiano italiano. Qui non solo per leggere ogni notizia si paga: qui, i “professionisti dell’informazione” prendono una foto di alcuni medici in azione (chissà se hanno dato il consenso, queste persone, a fare la campagna abbonamenti del Corriere) e poi invitano la gente ad abbonarsi, con uno slogan già entrato nella storia mondiale dell’umorismo: “Gli abbonati ci aiutano a garantire una costante informazione sul corona virus”.
Praticamente, il coronavirus viene sfruttato a fini commerciali, e usato come pretesto per pubblicizzare una grande svendita di primavera (1 euro al mese).
Questo confronto tra i due quotidiani è essenziale per cogliere l’attuale stato del “giornalismo tradizionale” italiano rispetto al resto del mondo.
Da un lato il New York Times, che si è conquistato sul campo, giorno dopo giorno, l’autorevolezza necessaria per convincere la gente ad abbonarsi, adattandosi a un mercato completamente diverso rispetto al modello novecentesco, e che oggi può permettersi di fornire informazioni a titolo gratuito, assolvendo al ruolo di pubblico servizio.
E dall’altro il Corriere, simbolo di un giornalismo perfettamente descritto in settimana da Enrico Mentana, rappresentato da giornalisti anziani, ancorati alla scrivania, capaci di parlare soltanto ai loro coetanei utilizzando schemi e modelli superati dalla Storia, interessati esclusivamente a mantenere i loro costosissimi privilegi: un giornalismo autoreferenziale e sostanzialmente inutile, come testimoniato ogni mese dai dati sulle vendite, che col piattino in mano cerca di impietosire il lettore (“aiutateci!”) per sopravvivere.
Invece di strumentalizzare immagini come quelle o svendersi ad un prezzo irrispettoso del ruolo e del mestiere del giornalista (1 euro al mese) il Corriere dovrebbe semplicemente provare a migliorarsi.
E domandarsi come sia stato possibile che mentre lo stesso New York Times (ma anche la CNN, il Guardian, la BBC...) parlava del coronavirus come un fatto serissimo, già nell’ultima settimana di febbraio, sul quotidiano di via Solferino si leggevano gli editoriali da incorniciare del direttore Fontana che invitava “a ripartire”, i j’accuse tutti da ridere di Beppe Severgnini contro l’allarmismo e il fantomatico “populismo della salute” di chi si preoccupava, l’ennesima perla di Aldino Cazzullo (Aldino è sempre una garanzia) sugli italiani all’estero “che non venivano considerati untori” e via di questo passo.
Questo, però, significherebbe fare autocritica e mettersi in discussione: concetti totalmente estranei per i “professionisti dell’informazione” nostrani, per cui il coronavirus rappresenta il meteorite che condannò all’estinzione i dinosauri.

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