I Hate Milano

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L’ardua scelta: fallire oggi o domani. Intanto i paradisi fiscali proliferano

L’ardua scelta: fallire oggi o domani. Intanto i paradisi fiscali proliferano

"Accoronati", la  nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Ci ha pensato un articolo di Francesco Cancellato su Fanpage a fare come il bambino de “I vestiti nuovi dell’Imperatore”, quello che diceva che il sultano era nudo mentre tutti facevano finta di ammirarne i vestiti.
Con la situazione si fa ogni giorno più disperata, anche più di quella raccontata dai “professionisti dell’informazione”, nel momento in cui al sud si iniziano a svaligiare i primi supermercati e cominciano a girare inquietanti “chiamate alle armi” su whatsapp, in Europa si prende e si perde tempo per discutere se emettere o meno i famigerati “corona bond”, un nome nuovo di zecca per un concetto vecchio quanto l’economia liberale: fare debito.
Peccato che “fare debito” non sia una categoria dello spirito a se stante priva di conseguenze sul piano pratico. “Fare debito” vuol dire svendere il futuro dei nostri figli, vuol dire condannarli a un’esistenza ancora più tetra e precaria di quella già affrontata dalla generazione degli attuali 30-40enni.
Fare debito, altro debito, significa, molto concretamente, rischiare di fallire domani – perché quei soldi, un giorno, li dovremo ridare – e fallire domani significa chiudere ospedali, servizi pubblici, restare senza soldi per pagare le pensioni e via di questo passo.
Significa finire non come la Grecia, ma come l’Argentina all’inizio degli anni 2000 e forse peggio. Significa, insomma, varcare il punto di non ritorno, altro che #andràtuttobene.
Certo, altri Stati, in queste ore, stanno facendo esattamente questo. Ma se loro possono farlo più a cuor leggero di noi è perché, nel passato recente (non parliamo, per carità di Patria, di quello remoto) i loro governanti sono stati più responsabili dei nostri.
I nostri pseudoleader di ogni colore politico, che invece di investire sul futuro del Paese – per esempio sulla scuola o sulla banda larga (ha voglia, la Velina di Palazzo Chigi, a parlare di smartworking e didattica online se nella classifica europea per quanto riguarda la banda larga siamo ultimi in Europa) - sono stati capaci esclusivamente di rendere ancora più mostruoso il già mostruoso debito pubblico, non perché ce ne fosse strettamente bisogno, come accade ora, ma solo per comprare il nostro voto nell’immediato senza avere la minima visione d’insieme, il minimo progetto nel lungo termine.
E allora via con i bonus-bebè del Governo Berlusconi, con gli 80 euro di Renzi, con quota 100 di Salvini e col reddito di cittadinanza di Di Maio.
Provvedimenti inutili nel lungo periodo ma ottimi per gonfiare il petto sui social network e nei talk show davanti a zelanti conduttori e conduttrici, che invece di incalzare una classe dirigente inadeguata, invece di provare a creare gli anticorpi nell’opinione pubblica in modo da metterla in guardia dal complotto perpetrato contro di essa, sono stati ben contenti di reggere il gioco, in cambio del solito cesto di piccoli privilegi.
E quindi adesso serve a poco stupirsi se altri, che stanno messi male ma non male come noi, siano renitenti a concederci di fare quello che facciamo da una vita con effetti nefasti.
Soprattutto perché – ed è qui il punto cruciale - nello stesso tempo si evita di impugnare, per esempio davanti al governo olandese, le assurde normative fiscali grazie alle quali le multinazionali del web – quelle che fino a qualche anno fa eccitavano la fantasia di fighetti in mocassino e camicia bianca con la manica arrotolata – evadono sistematicamente le tasse in suolo europeo, come non faceva neppure il cartello di Medellin negli anni ’80 in Sud America.
Invece di lanciarsi in invettive antitedesche, bisognerebbe acciuffare per il bavero il ministro delle finanze olandesi o la Presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen e chiedere conto delle leggi grazie alle quali, come scrive Cancellato, basta aprire una casella postale in Olanda per non pagare un euro di imposta in Italia, anche se si produce sul territorio italiano utilizzandone i servizi, facendo concorrenza sleale e sottraendo all’erario centinaia di miliardi che oggi basterebbero da soli a salvare la situazione.
Questa sarebbe l’unica battaglia da fare, quella contro l’evasione fiscale, non l’evasione dei poveri diavoli tartassati dal fisco, ma quella dei miliardari alla Jeff Bezos, un tizio con un patrimonio da 113 miliardi di dollari – basati in larga parte sul regime fiscale descritto poc’anzi - che invece di essere messo al muro viene addirittura celebrato con gli applausi degli idioti su Instagram perché dona un po’ di spiccioli alla Protezione Civile tramite la sua azienda.
Peccato che una battaglia di questo tipo nessuno abbia il coraggio di farla, dal momento che è l’intera classe politica mondiale ad essere dipendente, in tutto per tutto, dalla finanza: e così il rischio dannatamente reale è che la scelta si riduca al fallire oggi o fallire domani, dopo un’agonia ancora peggiore di quella che abbiamo già vissuto fino ad oggi.
E il naufragar mi è orrendamente triste, in questo mare di merda in cui stiamo affogando.

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