I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
Un Paese guidato da gente senza vergogna. Fase 2, non saremo tutti migliori
(fonte Lapresse)

Un Paese guidato da gente senza vergogna. Fase 2, non saremo tutti migliori

"Accoronati", la rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Di tutte le idiozie che ho sentito nella mia vita, la peggiore è sicuramente quella secondo cui, dopo la pandemia, saremo tutti migliori: nelle nostre condizioni sarà già un miracolo se riusciremo a rimanere gli stronzi che eravamo.
Le crisi, come si sa, non cambiano il carattere di una persona, figuriamoci di una Nazione intera. Più semplicemente lo rivelano, e questa emergenza è stata una grande rivelazione nazionale, in cui siamo stati costretti a guardarci allo specchio e a misurarci con i vizi che ci portiamo dietro da sempre, quelli di cui sapevamo l’esistenza ma di cui mai avremmo potuto immaginare profondità ed estensione.
Sapevamo di essere quelli del “tutti colpevoli, nessun colpevole”, del vittimismo, del più pulito che ha la rogna, bravi a fare la morale agli altri senza mai pensare a quello che facciamo noi, quelli che “gli italiani sono sempre gli altri”, come diceva Francesco Cossiga, un Presidente che in questi due mesi, davanti all’inazione della classe politica attuale, ci è mancato da morire.
Quello che non potevamo immaginare è l’avvilente spettacolo offerto dalla quasi totalità dell’intera classe dirigente, giornalisti e intellettuali in testa, che si sono dimostrati capaci di un’arroganza, un’approssimazione e una faciloneria talmente esagerata da non sembrare nemmeno umana.
Su tutti gli innumerevoli esempi, valga per sempre il direttore del Corriere della Sera, quello che il 28 febbraio, nel suo storico editoriale “La normalità da riconquistare”, vergato con gli ospedali della sua città già sommersi di morte e di emergenza, scrisse “ è il momento di dire basta agli allarmi che hanno creato panico”; e poi, come se nulla fosse, senza scusarsi, neppure di sfuggita, poche settimane dopo se la prese con l’immaginaria categoria sociale “dei giovani”, lodando la “maturità che aiuta nella consapevolezza del pericolo”, incalzando la politica per non aver saputo affrontare l’emergenza.
L’Italia di oggi è tutta qui. Il Paese guidato da gente senza vergogna, dove il conto lo pagano solo i poveri diavoli, come quelli che fanno gli audio whatsapp inquisiti per procurato allarme, mentre quelli che hanno uno sputo di potere possono dire e fare quello che vogliono, senza la minima conseguenza.
Tipo quelli, appartenenti allo stesso giornale di cui sopra, che hanno passato due mesi a raccogliere “anticipazioni” sui vari decreti, gettando ogni volta il Paese nel caos, e poi ieri hanno avuto il fegato di chiedere alla politica di “smetterla con gli annunci”.
L’impunità morale di tutta la nostra classe dirigente, che nei giorni in cui era ancora possibile fare qualcosa non ha fatto nulla se non ridicolizzare chi si preoccupava per poi autoassolversi un secondo più tardi, quando si impilavano le bare, è qualcosa che ha lasciato una ferita profonda nella coscienza nazionale, i cui effetti – proprio come accadde per il regime fascista – si vedranno negli anni e nei decenni a venire.
Mai come in questi due mesi il confronto tra noi e il resto del mondo è stato impietoso, e non solo rispetto a quei Paesi normalmente definiti “civili”: basti pensare alle misure economiche messe in campo.
Non c’è da discutere se tali misure siano state più o meno efficaci: le misure, semplicemente, non ci sono state e non ci sono state perché la classe politica ha abdicato al suo ruolo da un pezzo, terrorizzata dalla paura della piazza virtuale, mettendosi interamente al servizio della pancia, anzi, dell’intestino retto del Paese, diventando geneticamente incapace di decidere qualsiasi cosa per non rischiare di scontentare nessuno. E parallelamente, in sostituzione della stessa, è nata e si è imposta, senza incontrare alcun ostacolo sul suo cammino, un suo surrogato, un’antipolitica che ha come oggetto sociale la ricerca del like sui social network e che invece di vergognarsi della propria mediocrità e impreparazione ne fa vanto, in un processo di degradazione che non ha eguali nel mondo.
Si pensi quello che si vuole di Donald Trump e di Boris Johnson: nessuna nazione sulla faccia della Terra ha affrontato la più grave emergenza del secolo, e una delle più gravi della Storia, avendo come Ministro degli Esteri con pessima conoscenza della geografia, e a Palazzo Chigi una coppia formata da un avvocato diventato famoso per aver gonfiato il proprio curriculum consigliato (e secondo molti “controllato”) da un ex alfiere del trash televisivo peggiore del salotto di Buona Domenica.
E’ chiaro che, in queste condizioni, #nonandràtuttobene: ma solo per la parte di Paese abituata a lavorare e a costruirsi il futuro a suon di sacrifici. Già, perchè per l’altra parte, quella italietta clientelare e paracula, gonfia di privilegi acquisiti per nascita, le cose continueranno ad andare come sono andate fino ad adesso: un tranquillo sonnecchiare a velocità di crociera, un trascinarsi da spago a spago, in tinello o in veranda con un bel bicchiere di vino, a pontificare di tutto così, per passare un po’ il tempo.
In questo scenario, dipenderà tutto da noi. La paura, i sacrifici e le rinunce che saremo costretti a fare ci spingeranno giocoforza verso un ripiegamento su noi stessi da cui non nascerà niente di buono. Impoveriti e incattiviti, il rischio sarà quello di un tutti contro tutti da cui potremmo non riprenderci più.
Inutile fare paragoni col passato, per esempio con il Dopo Guerra: anche se la situazione, a livello materiale, poteva essere più dura, allora potevamo contare su una classe dirigente, in tutte le sue forme, infinitamente più responsabile e competente e – perfino – “umana” di adesso. Adesso invece siamo soli. Infinitamente soli.
Ne consegue che solo noi ci potremo salvare da noi stessi, ma dovremo essere capaci di farlo ogni giorno, ogni ora: ogni gesto sarà importante.
Dal grado di responsabilità individuale che sapremo dimostrare, a cominciare dal nostro privato, passerà la salvezza di questo Paese.
Sarà difficile, quasi impossibile. Ma non abbiamo altra scelta.

P.S. Finisce qui la rubrica “Accoronati”, che con cinquantasette uscite in cinquantotto giorni ha ampiamente ecceduto le aspettative di chi scrive.
Era nata per raccontare e riflettere sull’eccezionalità di una situazione di emergenza che proveniva “dall’esterno”: ma nel momento in cui l’emergenza, chiaramente, proviene ormai solo “dall’interno”, ovvero dal corpaccione malato del potere italiano, è chiaro che l’eccezionalità è terminata.
Ringrazio Fabio Massa per lo spazio e soprattutto per avermi dato, ogni giorno, assoluta libertà: un bene che in Italia, e soprattutto nel giornalismo, è più raro del diamante.
Ringrazio anche i lettori per l’attenzione e la partecipazione espressa attraverso commenti e messaggi privati sulla mia pagina Facebook: vista la particolarità della situazione, si è trattato di un’esperienza inedita e di grande arricchimento.
La speranza, tuttavia, è di non ripeterla mai più.

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"Grazie a te, Francio. Le opinioni libere, documentate, aperte rispetto agli asfittici confini italiani sono il sale del giornalismo. E tu sei indubitabilmente un giornalista, un intellettuale e - per me - anche un amico".

Fabio Massa

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