I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
Tutti i partiti si sono stancati di Conte, ma nessuno vuole farlo cadere (ora)

Unità nazionale, è necessaria. Ma nessuno vuole prendersi la responsabilità

"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Sembrano passati anni da quando abbiamo scritto questo pezzo che raccontava come l’arrivo del coronavirus in Italia invece di essere affrontato, dalle forze politiche, con un pragmatismo atto a garantire il bene della collettività fosse stato strumentalizzato senza pietà, con l’unico scopo di dividersi secondo gli schemi canonici e accumulare il consenso delle rispettive tifoserie.
Due mesi e quasi trentamila morti dopo, la cosiddetta fase della riapertura, preambolo di quella ancora più impegnativa della ricostruzione, viene affrontata nello stesso modo.
Che Contecasalino abbia fallito su tutta la linea è un fatto assodato. Non serve aver fatto il retroscenista politico per capire che il richiamo di Mattarella del primo maggio, con quel perentorio invito a “fare presto” sugli aiuti alle imprese, significhi che anche l’inesauribile pazienza democristiana di quella che Dagospia chiama “la mummia sicula” sia finita da un pezzo.
Il problema è che nessuno, tra le forze politiche, vuole davvero prendersi la responsabilità di defenestrare il Churchill alle cime di rapa e di formare questo benedetto Governo di unità nazionale: non perché non lo si ritenga necessario, ma per paura di dover gestire il più grosso cetriolone della Storia Repubblicana. La manfrina su corona bond, recovery found, Mes senza condizioni non è altro che una gara di eufemismi: la verità è che da che mondo è mondo nessuno ti presta soldi a fondo perduto e “la trattativa” con l’Unione Europea sarà un bagno di sangue da cui usciremo malissimo.
Nessuno vuole sedersi a quel tavolo, quindi, e il ragionamento che ne consegue è molto semplice: facciamo andare avanti Contecasalino, poi quando le carte saranno state firmate (e il futuro di un’intera generazione di ragazzi compromesso) lo additiamo come capro espiatorio, togliendocelo dai piedi (proprio lui, che pensava di usare la moltitudine di esperti e commissari fantasma come capri espiatori per togliersi dai guai).
Un ragionamento che conviene a tutti: alle opposizioni (Lega + Fratelli d’Italia) che in questo modo possono presentarsi al Paese come quelli che lo avevano detto dall’inizio; al PD, che può scaricare su Conte, e dunque sul Movimento Cinque Stelle, la gestione fantozziana dell’emergenza (con la chicca del decreto aprile che manco è stato approvato ad aprile), preservando una sua verginità; ma anche allo stesso Movimento Cinque Stelle, che sulla testa di Conte e dell’ex concorrente del Grande Fratello combatteranno una Guerra Civile attraverso cui i duri e puri di Di Battista sperano di riprendere il controllo del movimento, rilanciandosi con il ritorno alla “purezza delle origini”.
Gli unici per cui il sacrificio del Vitello con la Pochette d’Oro non comporterebbe alcun vantaggio sostanziale, allora, sono Renzi e Berlusconi: e infatti in questi giorni, mentre gli altri stanno sotto coperta, sono quelli che si agitano di più. Ma mentre Berlusconi si affida all’immortale Gianni Letta e alla sua capacità di tessere trame nell’ombra, dichiarandosi disponibile a tutto, Renzi – essendo Renzi – perde come suo solito il senso della misura, arrivando a trasformarsi in medium e facendosi portavoce del “volere dei morti” in un macabro discorso in Parlamento.
Sullo sfondo, come sempre, c’è la realtà, mai stata così tragica: le imprese fallite o sul punto di farlo, gli aiuti che non sono arrivati tranne quella mancia indegna dei 600 euri, le previsioni sul PIL, la Caritas che dice che le richieste sono raddoppiate, il debito pubblico a un gradino dalla spazzatura.
Ma la realtà, come al solito, per la classe politica italiana è sempre l’ultimo dei problemi.

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