I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
Virus, sappiamo di non saper niente. E i politici sono solo capaci di litigare
Vittorio Colao (foto Lapresse)

Virus, sappiamo di non saper niente. Ma i politici sono capaci di litigare

"Accoronati", la nuova rubrica di Affaritaliani.it Milano. Di Francesco Francio Mazza

Task force ed espertoni assortiti hanno una sola funzione: fare da comodi capri espiatori a cui dare la responsabilità se le cose dovessero andare male.
Contecasalino, Ministri, Parlamentari, Governatori sanno benissimo che questo esercito di espertoni messo su Skype ad ammazzare il tempo discutendo di ogni argomento possibile e immaginabile serve a poco.
Le certezze, a livello mondiale continuano a latitare: il New York Times, per dire, ieri scriveva che i test sugli anticorpi sono inaffidabili e per il vaccino ci sarà da attendere almeno 3 anni.
All’ospedale di Miami, scrive la NBC, i dottori dicono che i ventilatori ad alcuni pazienti COVID invece che aiutare fanno addirittura dei danni. La storia che lo spillover sia avvenuto in un mercato di animali selvatici di Wuhan è ormai rigettata da buona parte della comunità scientifica. E via di questo passo.
In un simile scenario, dunque, Colao rischia di saperne esattamente quanto la signora Marisa al mercato del lunedì: nessuno dispone di informazioni certe, e come se non bastasse nessuno può mettere sul piatto esperienza specifica, dato che si tratta di una situazione inedita in tutto il globo.
Tanto più che i primi vagiti emessi da questi “esperti” fanno dubitare che vivano sul pianeta Terra: pensare di limitare la capienza degli autobus a Milano a 22 posti l’uno è una proposta che può essere partorita solo da un esperto in soluzioni inapplicabili o decisioni del menga.
L’unica utilità di questi pretoriane è allora quella di fare da scudo umano ai politici se mai qualcuno dovesse lamentarsi, un po’ come quando per giustificare il #milanoriparte, invece di prendersi la responsabilità, si dava la colpa ai virologi che avevano “mal consigliato”.
La politica italiana, insomma, ha abdicato alla sua ragione sociale - quella di prendere decisioni per il bene della collettività - e gli effetti di questa scelta si vedranno negli anni a venire: dopo il populismo, c’è da aver paura a immaginare cosa verrà dopo.
Quando la classe politica italiana venne chiamata ad un’altra Ricostruzione ugualmente drammatica, quella del Dopoguerra, i rappresentanti dei partiti misero da parte differenze ben più rilevanti di quelle di oggi, e per il bene del Paese gettarono le basi della nostra Repubblica.
La politica di oggi invece mette la testa sotto la sabbia grazie all’invenzione della figura dell’esperto-scudo umano, e senza la minima vergogna si fa sentire solo per strumentalizzare un’emergenza economica identica a quella della Seconda Guerra Mondiale per cercare di fare le scarpe all’avversario politico di turno.
In Lombardia, per esempio, sono certamente stati commessi errori gravissimi: ma la danza di iene e sciacalli sotto al Pirellone in attesa di sbranarne la carcassa, peraltro capitanata dal candidato governatore sonoramente sconfitto da Fontana alle ultime elezioni - lo stesso che il 28 febbraio, con gli ospedali a pochi chilometri da casa sua già stremati, alzava i calici e invitava tutti a uscire - fa venire i brividi, e dovrebbe farli venire a tutti, non solo ai sostenitori della parte politica che ora governa.
Negli Usa, in UK, in Spagna, in Germania, in Francia, ovunque le forze politiche hanno agito in sostanziale accordo nell’identificare e mettere in pratica le misure di emergenza, in una sorta di tregua. Noi ci dobbiamo sorbire il solito derby da stadio, per la felicità dei molluschi di Instagram e Twitter.
Se nel 1945 avessimo ragionato nello stesso modo saremmo stati spacciati.

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