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Milano
Il "milanese" Poletti a Odessa: "Vi racconto com'è sposarsi sotto le bombe"
Ugo Poletti e il libro "Nel cuore di Odessa"

Si è sposato in un giorno di guerra. "Però quel giorno è andata bene, non ci hanno bombardato", racconta Ugo Poletti. E' un vecchio amico. Fino a qualche anno fa allietava le notti milanesi, carico di idee e di sogni, e di quell'eleganza un po' così del ballerino di tango sopraffino. Nelle piazze volteggiava insieme a decine di altre coppie. E poi le mille pensate, fino a quando - un bel giorno - è arrivato a Odessa per seguire un progetto di una grande azienda italiana. E là, in Ucraina, è rimasto. Fuori dai radar dei suoi amici milanesi per un po'. Ci ha fondato un giornale, l'Odessa Journal, scritto in inglese e rivolto agli stranieri che fanno affari nella "Praga sul mare", come la definisce lui. Poi sono arrivate le bombe, Putin, la guerra. E lui ha deciso di sposarsi con un'ucraina e di combattere continuando a scrivere sul suo giornale, comunicando al mondo. Un altro suo atto d'amore per Odessa è il suo libro, uscito per i tipi di Rizzoli: "Nel cuore di Odessa".

Ugo Poletti, com'è la guerra vista da dentro?

Una guerra non è soltanto una lotta tra eserciti, non è soltanto un confronto politico tra governi. Sono due sistemi che si scontrano e che sono sottoposti a uno stress violento, fortissimo. E allora se un esercito resiste, combatte e contrattacca è perché alle spalle si sente forte e sicuro. Si sente amato dalla sua popolazione.

L'Ucraina resiste, ma è vero che combattere all'estero è più difficile che combattere in patria. Questo è un grandissimo vantaggio.

E poi c’è l'Occidente che continua a fornire le armi. Sì, però devi saperle usare bene. Anche gli afghani erano pieni di armi. E quell'esercito è durato poche ore. È il temperamento ad essere sorprendente. Mia moglie è di Odessa, è ucraina ed è fortemente patriottica.

Ma quanto è vero ciò che afferma la propaganda russa, ovvero che il nazismo è presente in Ucraina?

È come se tu dicessi che siccome in Italia c'è Forza Nuova, Draghi è nazista. Abbiamo anche in Ucraina, forze che si ispirano a quella ideologia. Ma occorre distinguere tra diversi gradi. In Ucraina la maggioranza parla ancora russo, checché ne dicano. La lingua prevalente in tutta l'Ucraina che fino a dieci anni fa tutti studiavano leggevano e scrivevano era il russo. L’ucraino, lingua ufficiale decisa dall'alto, si parla soprattutto nella Galizia, ex impero asburgico a nord, nordovest e la maggioranza di ucraini tutto sommato ha accettato di buon grado di iniziare a introdurre questa lingua. Ci vorrà un po’ di tempo. A Odessa, dove io abito, si parla solo russo. La mia fidanzata, diventata moglie recentemente, impersona la tipica ucraina: lei parla perfettamente russo, di madrelingua russa, anche di sangue, in parte russo. Perché, come moltissimi ucraini, si diverte a dire che suo nonno era di San Pietroburgo. Un ucraino su quattro ha parenti dall'altra parte della frontiera. Sono tantissimi.

L'Odessa Journal però è in inglese.

L’Odessa Journal è in inglese perché mancava a Odessa una voce internazionale. Mancava in una città di un milione di abitanti con una storia interessantissima. È una specie di Praga sul mare, con un porto molto internazionale, una classe dirigente che, soprattutto a livello di business, l’inglese lo parla. Nessuno tuttavia si era occupato di fare comunicazione della storia della città. E io ho voluto farlo per primo. L'idea era quella di cominciare ad attrarre come inserzionisti aziende locali che volessero farsi conoscere all'estero. Oggi il giornale viene letto all’80% fuori dall'Ucraina, soprattutto in Europa e America. Ed era il mio obiettivo.

Tornando ai nazisti, da dove nasce la propaganda?

In un Paese che viene dall’Unione Sovietica, dove tutti sono abituati a essere cittadini sovietici, il giorno dopo l'indipendenza la domanda era: ‘In che cosa siamo diversi dai russi?’ Ancora pochi anni fa, a tavola con delle signore, una sosteneva ‘noi ucraini siamo diversi’ e le altre le chiedevano ‘in che senso?’. Il padre di mia moglie ha fatto il servizio militare come ufficiale dell'Armata Rossa. Lo ricorda con grande orgoglio. Questi sono i sentimenti. L'indomani dell'indipendenza ucraina, chi aveva le idee chiare sulla diversità? Gli eredi del nazionalismo ucraino. I nazionalisti ucraini. Peraltro segnalo che gli eredi dei nazionalisti sono tutti quanti in Canada, dove eleggono quasi metá del Parlamento, e negli Stati Uniti dove qualche deputato al Congresso c’è.

E quindi?

Quindi i nazionalisti erano alleati dei tedeschi, contro l'Armata Rossa. Una volta ottenuta l’indipendenza serviva un piano Paese. Gli unici che ce l’avevano erano i nazionalisti, tra cui ci sono i moderati e gli estremisti. Come da noi, c'è qualcuno che è nostalgico della Repubblica di Salò, anche in Ucraina avviene la stessa cosa. Però, nella verità dei fatti, se qualcuno mi chiede se gli ucraini sono o non sono nazional fascisti, rispondo che sono una democrazia che ha eletto tre anni fa una figura, quella di Zelenski, che non aveva né partito né programma politico, era un totale outsider.

A proposito di Zelenski: non sta esagerando nella comunicazione?

Ma lui parla ai suoi, mica a noi. Bisogna capire se funziona con gli ucraini. E la sua comunicazione funziona benissimo. Gli ucraini ammirano il loro presidente. Io pubblico l’estratto dei suoi discorsi tutti i giorni. Si assomigliano tutti quanti. Sono i discorsi di un comandante in guerra che vuole a tenere alto il morale. E serve anche a mostrare all'Occidente qualcosa di cui all’inizio si dubitava. Resistono o non resistono? Sono abbastanza coriacei, determinati o si squagliano come neve al sole? E questa strategia di comunicazione ha centrato l’obiettivo. Certi atteggiamenti intransigenti servono a tenere alta l'asticella di una futura negoziazione.

Io dubito che ci sarà.

È molto complicato, perché entrambe sono popolazioni slave. E sono disposti per l'onore a morire. È quindi molto difficile negoziare anche perché nessuno dei due vuole cedere i territori.

E come se ne esce?

Io credo che soltanto un intervento esterno possa porre fine al conflitto. La Cina ha già dimostrato che non vuole più appoggiare la Russia in questa guerra e ha dato un segnale di intransigenza. Il momento di verità di questa controffensiva ha dimostrato la debolezza dell’esercito russo, perché i soldati russi non si fidano del sistema che hanno alle spalle.

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