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Immobili, a Catella i soldi delle pensioni. Casse, ipotesi di più controlli
Porta Nuova, Milano

Immobili, a Catella i soldi delle pensioni. Casse, ipotesi di più controlli

I soldi delle pensioni per costruire la nuova Milano. I 400 milioni di euro finiti in mano a Coima di Manfredi Catella per la regina delle partite immobiliari: Scalo Romana, futuro cuore pulsante delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Quattrocento milioni che sono un vero e proprio “tesoretto” come li definisce un addetto ai lavori. “L'oggetto del desiderio più ambito” per chi opera sul “mattone”. Soprattutto in tempi di Covid, con molti investitori internazionali che hanno “congelato”, se non ritirato, i propri capitali. Soldi che sono ossigeno per sviluppare progetti, opere, piani di rigenerazione urbana. Sono quelli delle 20 casse professionali italiane. Valgono 96 miliardi di attivi a fine 2019 e gestiscono il risparmio previdenziale dei professionisti: avvocati, commercialisti, architetti, medici, giornalisti, notai, geometri e via dicendo. Ma chi controlla che siano investiti nell'interesse degli iscritti? Risposta: nessuno. Perché le casse professionali “risultano ancora ad oggi gli unici investitori istituzionali affrancati da una regolamentazione unitaria in materia”. Così si legge nel rapporto presentato lo scorso 29 settembre a Roma dal titolo “Quadro di Sintesi sulle Politiche di Investimento” firmato dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip) che risponde e riferisce ai ministeri dell'Economia e del Lavoro. “La regolamentazione in materia d'investimenti – ha detto il quell'occasione Mario Padula, Presidente della Covip – è una condizione normale in ogni Paese del mondo per gli investitori istituzionali, non sarebbe un'eccezione ma la conferma di una regola”.

C'è chi vede negli ammonimenti della Vigilanza il tentativo di costruire una gabbia intorno al risparmio previdenziale italiano. “Il regolatore non si vuole sostituire alle scelte di investimento – dice ad Affaritaliani.it Milano il Presidente della Covip –. Ma la regolamentazione europea non viene dal nulla. È maturata nel tempo, ha dei riferimenti internazionali, enuncia una serie di principi e pone delle premesse di assoluta ragionevolezza sulla delega di chi gestisce il risparmio previdenziale”. Regolamentazione europea figlia della Direttiva comunitaria IORP II. Che investe invece i fondi pensione – previdenza complementare, non obbligatoria, i fondi valgono 185,1 miliardi – di continue novità normative e obblighi di trasparenza e rendicontazione su governance, audit, monitoraggio, gestione dei rischi; vengono attribuite responsabilità e funzioni sì ai vertici dei fondi, come anche all'interno delle strutture organizzative, per impedire che un board possa manipolare i livelli più bassi della piramide visto che la stessa è sottoposta a sua volta a vigilanza. Vengono sanciti principi e criteri qualitativi per una gestione sana e prudente nell'interesse degli iscritti. Per esempio? Limitare il cosiddetto “illiquido”. Strumenti e titoli tali per cui, quando le cose si mettono male, è difficile vendere, smobilizzare. Appunto, liquidare. Il più classico? L'immobiliare. “Sul fronte delle Casse tutto ciò è affidato all'autoregolamentazione” sintetizza Mario Padula. Basterebbe obbligarle a codice degli appalti e alle gare per scegliere i gestori? “In un mercato caratterizzato da pochi player come quello dei gestori finanziari e degli advisor – dice il Presidente della Covip ad Affaritaliani.it Milano – il codice degli appalti è un presidio utile ma non basta. Serve è una regolamentazione di settore”.

Ma perché, per la Vigilanza, gli investimenti delle casse vanno monitorati così da vicino? Semplice: gestiscono risparmio previdenziale figlio di contribuzione obbligatoria. “Casse obbligate al codice degli appalti” è il titolo che svettava su Il Sole 24 Ore ancora nel luglio 2011 dopo l'approvazione del Decreto legge 98/2011 in cui le casse venivano equiparate ad organismi di diritto pubblico. Da più di nove anni manca un regolamento che le disciplini in materia di investimento delle risorse finanziarie e dei conflitti d'interesse. Nove anni in cui l'attivo totale è quasi raddoppiato: salito dai 55,7 miliardi di euro del 2011 a 96 miliardi a fine 2019. Le prime cinque – Enpam (medici e odontoiatri), Cassa forense (avvocati), Inarcassa (ingegneri e architetti), CNPADC (commercialisti) e Enasarco (agenti di commercio) – concentrano il 73,8 per cento di questo “tesoretto”.

Fra loro c'è chi ha scommesso su Milano. È il caso di Cassa Forense, Cassa Nazionale Dottori Commercialisti e Inarcassa. A luglio hanno staccato un assegno da 400 milioni di euro come primi investitori del fondo COIMA ESG City Impact Fund lanciato da Coima Sgr di Manfredi Catella. Durata del fondo? Vent'anni. Obiettivo? Raccogliere oltre un miliardo di euro per sviluppare più di 4 miliardi di investimenti con impatto ESG (Environmental, Social & Governance) sul territorio e sull'economia reale. Target finanziario? Tasso di rendimento superiore al 10 per cento in fase di sviluppo e un dividendo stabilizzato oltre il 5 per cento. Prima partita? Lo Scalo Romana. Dove la cordata formata da COIMA ESG City Impact Fund, Covivio e Prada è una delle sette che partecipa alla procedura di vendita dell'area di proprietà di FS Sistemi Urbani. Lì sorgerà di certo il Villaggio Olimpico per i Giochi Invernali Milano-Cortina 2026, da convertire in student housing e residenze universitarie dopo la manifestazione. Il futuro dell'area è da stabilire attraverso Masterplan a partire dalla primavera 2021. È quella che tutti in città considerano la sfida urbanistico-immobiliare più importante dei prossimi anni. A fine luglio sono arrivate le offerte economiche non vincolanti da parte delle cordate. In autunno è il momento di quelle vincolanti. A quel punto si fa sul serio.

L'investimento delle Casse professionali di avvocati, commercialisti, architetti e ingegneri è arrivato in un momento difficile. Per Coima e per Milano. “I grandi investitori istituzionali italiani hanno capito che bisogna unire le forze” ha detto Manfredi Catella intervistato da Dario Di Vico sul Corriere della Sera qualche giorno dopo il lancio dell'operazione. “Questo perché hanno interessi legati all'economia reale e non solo alla finanza. Hanno bisogno che ci sia occupazione per alimentare il ciclo della previdenza, sennò salta tutto”. E ancora al quotidiano di via Solferino: “È una decisione importante per il Paese se 10 casse previdenziali si mettono insieme hanno una potenza di fuoco superiore a qualsiasi investitore straniero”. Già. Perché mentre “i grandi investitori istituzionali italiani” capivano il momento, altri – gli internazionali – “congelavano” i propri capitali in attesa di tempi migliori. “Hanno avuto una reazione molto drastica – dice sempre il numero uno di Coima – pari solo a quella del 2008 e hanno deciso di sospendere qualsiasi operazione in qualsiasi parte del mondo fosse stata pensata”. Di chi parliamo? Dei “grandi investitori istituzionali internazionali – chiarisce Catella – per capirci i fondi sovrani come Singapore e Abu Dhabi e i fondi pensione con cui interagiamo e per i quali siamo diventati il partner fiduciario in Italia”. Fiducia che con la pandemia è venuta meno. Ma subito colmata dall'intervento di tre delle prime cinque casse professionali italiane. I cui rappresentanti entrano nella struttura di governance del nuovo fondo di Coima, nato per lanciare il guanto di sfida sullo Scalo Romana. Per Nunzio Luciano, numero uno di Cassa Forense, ecco il ruolo di Presidente del Comitato d'Indirizzo di COIMA Esg City Impact Fund. Di cui fa parte anche Walter Anedda, Presidente della Cassa Nazionale dei Dottori Commercialisti. Nessun ruolo di rappresentanza o nel comitato consultivo dei quotisti per architetti e ingegneri. Che però abbondano nel COIMA City Lab, gruppo di lavoro costituito per tracciare linee guida per la creazione degli spazi urbani del futuro.

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