Milano
“Il killer non si lavò le mani”: la ricostruzione che potrebbe riscrivere il delitto di Garlasco
Il dettaglio su cui indagano i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e la Procura di Pavia: l’ipotesi alternativa sull'omicidio di Chiara Poggi

“Il killer non si lavò le mani”: la ricostruzione che potrebbe riscrivere il delitto di Garlasco
L’aggressore di Chiara Poggi non si sarebbe lavato le mani né avrebbe pulito il dispenser del sapone e il lavabo dopo il delitto. Questa, come riferisce Ansa, è la ricostruzione alternativa alla quale lavorano carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Procura di Pavia. Una versione che contrasta con la sentenza definitiva che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni, basata anche su prove ritenute decisive.
La sentenza di condanna aveva indicato tra le prove chiave due impronte digitali trovate sul dispenser del sapone, attribuite con certezza all’aggressore, che si sarebbe lavato le mani dopo il crimine. Secondo la Corte, la posizione delle impronte e l’assenza di commistione del DNA della vittima dimostrerebbero che il lavaggio del dispenser e del lavabo fosse stato effettuato accuratamente. Gli investigatori, che tentarono di riaprire il caso cinque anni fa, evidenziano però che, pur essendo vero che il lavandino non presentava tracce di sangue, è improbabile che sia stato lavato con cura dall’assassino. Sul dispenser furono infatti trovate, oltre alle impronte di Stasi, numerose altre impronte sovrapposte, che sarebbero state cancellate da un’eventuale pulizia.
Tracce di DNA e capelli: elementi a conferma dell’ipotesi
Il dispenser conteneva anche DNA di Chiara Poggi e della madre, segno che non fu ripulito. Inoltre, una foto scattata durante i primi rilievi mostrava la presenza di quattro capelli neri e lunghi vicino allo scarico del lavandino, elementi mai repertati ma che indicano, per gli inquirenti, che il lavandino non fu lavato dopo il fatto, altrimenti sarebbero stati trascinati via dall’acqua. Gli investigatori considerano anche un’impronta digitale, nota come “impronta 10”, trovata sulla parte interna della porta d’ingresso, che potrebbe essere stata lasciata dall’assassino prima della fuga. Inoltre, non si esclude che il delitto possa essere stato commesso da più persone.