Milano
“La giusta parte”, le vite che si incrociano di Alessandro Bonan

Alessandro Bonan nel suo nuovo romanzo, “La giusta parte”, racconta di due vite che si incrociano e che - partendo dal calcio - parlano di desideri e peccati, di amore e riscatto. Per una coincidenza beffarda, i due rivali si trovano a dover rispondere – adesso, subito, inesorabilmente – a una domanda che non lascia scampo: qual è la giusta parte nella vita? Già, come si fa a capire? Lo abbiamo chiesto all’autore, cercando di comprendere con lui se sia poi così facile dividere sempre tutto secondo una dicotomia di giusto o sbagliato.
Cosa ha innescato il processo creativo alla base di quest’opera?
Non parto mai da un progetto, ho un’idea della scrittura dove ci si perde e poi ci si ritrova e nasce la storia. Per me lo scrittore è come se fosse un artigiano che realizza una certa opera. C’è un un’idea filosofica di fondo, volevo scrivere un romanzo nel quale si dovesse sopratutto riflettere senza il bisogno di schierarsi ad ogni costo. Nella società moderna siamo sempre di più portati a schierarci, a tutti i costi, pensando che da una parte o dall’altra ci sia la verità. Ma non è così, non sempre.
La storia è ambientata negli anni ’90 ma è di profonda attualità
Ho adoperato il calcio di rigore perché il calcio è vita ed è sempre attuale. Proprio nel calcio di rigore c’è tutta la dualità tra le due persone che racconto, un rigorista e un portiere. Dal rigore dipende non solo la vita dei due giocatori, ma di due squadre, di due città.
Lei parla della “giusta parte nella vita”, ma come si fa a capire qual è?
Non c’è un modo, bisogna seguire la propria passione: è sempre utile anche quando porta all’errore . Poi bisogna vedere se l’errore danneggia gli altri, a quel punto va ripensato. Ma con noi stessi è diverso e puoi farci capire molte cose. Questo romanzo è un gioco di equilibri e di riscatti. Nella vita non sempre dipende tutto da noi, ma spesso anche dal rapporto con gli altri. Bisogna considerare l’elemento esterno che può modificare un risultato, può essere il nostro avversario o un nostro momento di debolezza.
Che ruolo gioca la paura in questo percorso?
Vorrei riscattare la paura, un sentimento universalmente percepito come negativo e che compare nelle prime pagine del romanzo. Un invito a riflettere anche su elementi che vengono consideri negativi. Ma la paura è anche positiva, la paura ci aiuta a tenere alta l’attenzione. Non è detto che il vincente non abbia mai paura e non è detto che chi vince più partite sia il più vincente nella vita.
Lei nasce come giornalista sportivo, come è avvenuto il passaggio ai romanzi?
Era una cosa che avevo dentro e che a un certo punto ho avuto la possibilità di raccontare. Ma lo scrittore non racconta il mondo fuori di se, ma il mondo che ha dentro. Il mondo esterno può influenzare lo scrittore, ma evidentemente avevo un mondo interiori da raccontare. Credo che prima o poi fosse una cosa che dovesse venire fuori.