Lattuada (Cgil): ripartire dal lavoro, Europa ci offre una grande opportunità
“Non servono fughe verso il cambiamento”, spiega Elena Lattuada, segretaria regionale della Cgil, ma occorre “buona occupazione” e “investimenti”
IMPRESE-LAVORO.COM - Milano - "Ripartire dal lavoro" è lo slogan della giornata di mobilitazione nazionale indetta da Cgil, Cisl e Uil per venerdì 18 settembre. Domani in piazza Duomo si daranno appuntamento i lavoratori e il mondo sindacale per dare al governo un segnale forte. “Non servono fughe verso il cambiamento”, spiega Elena Lattuada, segretaria regionale della Cgil, ma occorre “buona occupazione” e “investimenti” come quelli promessi dall’Europa, perché la crisi è tra le più difficili. Dopo il lockdown lavoratori e imprese sono chiamati a ricostruire il Paese. Quali sono i danni provocati in 6 mesi da Covid 19? “Certamente nella prima fase abbiamo vissuto un’emergenza sanitaria rilevante, che ha fatto dire al sindacato confederale unitario con ostinazione “prima la salute”, ahimé troppo poco ascoltati. Oggi – spiega Lattuada - a fianco di una emergenza sanitaria, che permane anche se non con la drammaticità di quelle settimane, abbiamo una grave emergenza sociale, solo parzialmente tamponata dai provvedimenti del governo, uno per tutti il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori in deroga, che però tra qualche settimana finiranno. Peraltro, questa emergenza sociale ha avuto e ha gradi diversi, a seconda del settore in cui i lavoratori e le lavoratrici operano: ci sono settori certamente più colpiti –turismo, commercio, sistema degli appalti, cultura, sport, spettacolo per fare solo alcuni esempi- che peraltro non hanno una prospettiva a breve di ripresa, altri in cui il lavoro non è mancato, altri ancora che, già in difficoltà per la crisi economica, non si sono mai ripresi e oggi vivono una situazione drammatica. A questa emergenza sociale oggi bisogna guardare e le proposte che avanziamo al governo e alle associazioni imprenditoriali chiedono determinazione, coraggio, scelte radicali a favore del lavoro, contrattazione, diritti. E proprio a fronte di questa grave emergenza sociale non capiamo e non condividiamo la posizione di Confindustria che, negando il rinnovo dei contratti nazionali e della contrattazione quale leva con cui condividere scelte e priorità, vuole determinare un nuovo assetto di regole tra le parti”. All’orizzonte il Recovery Fund, con tante risorse da spendere. In Lombardia quali le priorità? “Le risorse messe a disposizione dall’Europa sono certamente una grande opportunità, per tante ragioni, una delle quali è quella di segnare un cambiamento e una discontinuità nella politica economica europea e del nostro Paese. Opportunità perché per la prima volta sono tante le risorse disponibili orientate ad uno sviluppo compatibile con bisogni ambientali e sociali (si pensi solo al ruolo della salute pubblica e della ricerca che per troppi anni è stata solo oggetto di tagli ad ogni livello, piuttosto che dell’istruzione), perché possono rappresentare un deciso orientamento verso lo sviluppo e una politica industriale e infrastrutturale che per troppo tempo si è lasciata solo al mercato. Tutto ciò però va orientato e condiviso: ed è per questo che anche con la mobilitazione di domani nelle piazze illustreremo le nostre proposte chiedendo di condividere le scelte che anche il nostro governo dovrà fare nelle prossime settimane. E così come lo chiediamo al Governo – insiste la sindacalista - lo chiediamo a Regione Lombardia: siamo in una stagione straordinaria, servono politiche all’altezza del momento. Abbiamo presentato le nostre proposte sulla sanità e sul sistema sanitario lombardo, ancora del tutto inascoltate. Vogliamo discutere della destinazione delle prossime risorse comunitarie 2021/2027 destinate a Regione Lombardia, del loro utilizzo a sostegno del lavoro e di settori e attività strategici. Vogliamo discutere di un sistema di trasporto adeguato alle esigenze di cittadini e cittadine. Serve un significativo cambio di passo sul sistema di welfare della nostra regione, a partire dalla condizione di anziani e anziane e di tutte le persone non autosufficienti”. Gli industriali parlano di un nuovo modello di sviluppo e contrattazione, ci sono punti di contatto col sindacato? “Potrei cavarmela così: Confindustria pensa di essere autosufficiente e di rappresentare sia il sistema delle imprese che i lavoratori e le lavoratrici. Solo così si spiega la determinazione di queste settimane non solo nel non rinnovare i contratti nazionali scaduti, ma addirittura di “porre veti” alla firma di contratti o pre-intese già sottoscritte: è il caso del contratto della sanità privata, che ha visto ancora una volta scendere in sciopero gli “eroi” di sole poche settimane a cui viene negato il diritto alla giusta retribuzione da più di 14 anni, così come dell’industria alimentare a cui Confindustria mette un veto alla sottoscrizione, e che vedrà ancora una volta i lavoratori scioperare nelle prossime settimane. E potrei continuare con il contratto delle imprese di pulizia, scaduto sette anni fa, o della vigilanza o di quelli che si stanno discutendo per i meccanici, i lavoratori del legno e di tanti altri. Non è certamente questo il modello di sviluppo a cui noi pensiamo, ne tantomeno il modo corretto di pensare alla contrattazione. Per CGIL CISL UIL bisogna aprire subito la stagione dei rinnovi contrattuali, sottoscrivendo le intese già raggiunte e concordando a tempi brevi tutti gli altri. La contrattazione è lo strumento per condividere priorità e scelte, che possono ricadere anche a livello aziendale o territoriale, che determinano le soluzioni in materia di orari di lavoro, di flessibilità, di adeguamento alle esigenze della produzione o all’organizzazione dei servizi, della digitalizzazione e della remotizzazione del lavoro e di coloro. Questo vale per Confindustria così come per tutte le associazioni d’impresa: coloro che non condividono l’autosufficienza lo dicano e troveranno il sindacato confederale disponibile al confronto, come siamo sempre stati. Se le risorse europee sono un’opportunità questo deve valere anche per lavoratori e lavoratrici, a partire da coloro che sono più colpiti: i giovani, le donne, coloro che hanno perso il lavoro in età avanzata”. C’è consapevolezza tra le istituzioni locali che “il lavoro è una priorità”? “Difficile dare una risposta univoca alla domanda. Certamente le istituzioni locali, forse più di altre, sono a contatto con le difficoltà delle persone, giovani o anziani che siano, lavoratori o disoccupati, migranti e persone in stato di bisogno. Non sempre però si trovano e si condividono le risposte adeguate, che anche una piccola amministrazione locale –come le tante che ci sono anche nella nostra regione- può determinare. Gli esempi sono molti: nel sistema degli appalti, nel ricorso a forme di lavoro gratuito che sostituiscono lavoro retribuito, alle tante forme di esternalizzazione che sfociano tutte in lavoro precario. E questo è accaduto troppo spesso in settori strategici quali i servizi alla persona, la salute, l’istruzione. La pandemia e le tragedie che nella nostra regione ci sono state possono favorire un cambio di direzione in questo, le risorse europee –se ben orientate e con verifiche puntuali e coordinate- possono favorire questo cambiamento. Credo che oggi vi sia maggior consapevolezza di cosa significhi avere una sanità pubblica che risponde ai bisogni delle persone, un sistema di protezione sociale efficace, un welfare esteso: questi sono settori che possono rappresentare un importante volano di sviluppo anche per nuova e buona occupazione e per investimenti in beni ad alto contenuto di innovazione. Nuova e buona occupazione fatta di retribuzione e di diritti – conclude Elena Lattuada - non servono le fughe verso il cambiamento, ma una condivisione di scelte sulle priorità e un cammino condiviso su come realizzarle.
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