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Milano
Majorino e la candidatura a sindaco. Ma mancano idee sul post Covid (per ora)
Pierfrancesco Majorino e Beppe Sala

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E dunque, Pierfrancesco Majorino smentisce di volersi candidare sindaco poiché Beppe Sala sarà candidato e - dice lui - "vincerà le elezioni". La ricostruzione, peraltro non nuova, è di Panorama e racconta dei rovelli del primo cittadino, che da tempo pare pronto per una sfida più nazionale. Noi stessi, su Affaritaliani.it Milano, abbiamo ipotizzato l'estate scorsa che potesse essere un cavallo su cui puntare per Palazzo Chigi e, più recentemente, nella lista di un ipotetico esecutivo Mario Draghi in caso di caduta del Bis-Conte. Fin qui, fantapolitica. Dopodichè Majorino dunque smentisce, anche se il punto non è lui. Il punto è: che cosa succede se Beppe Sala decide di andare a fare altro, sua legittima libertà? Il punto è che Majorino potrebbe essere della partita, così come potrebbe esserlo Maran, e già l'idea di una sfida tra Pierfranceschi meriterebbe almeno un titolo. Ma non è questo il punto che voglio mettere in luce oggi. Il punto è che in questa Italia, e in questa Milano, il primo che alza la testa se la vede tagliata. Lo ha fatto Gallera, e tra virus e tutto il resto, la sua disponibilità a candidarsi primo cittadino oggi suona quantomeno stonata. Non lo fa Majorino perché sa che se fosse così partirebbe il tiro al piccione. Tutto questo però nasconde un problema più serio. Beppe Sala ha provato a sollevarlo con un capitolo del suo libro, che abbiamo pubblicato, assai complesso sul socialismo. Il problema è: che Milano si immagina per il 2030? Ogni prospettiva precedente, dalla sostenibilità alla mobilità, è stata necessariamente spazzata via dal Covid. Il che non vuol dire che mobilità e sostenibilità non siano elementi fondanti e fondamentali di un progetto di città. Ma vanno ripensati, e per adesso non c'è alcun ripensamento organico. Non c'è stato nessuno che abbia detto che quello che si andrà a fare su San Siro, sugli Scali e in ogni altro progetto immobiliare deve fare i conti con lo smartworking e la necessità di case più grandi. Rivedere tutti i progetti è un dovere dell'amministrazione. Anche il lavoro cambia, perché diventa a obiettivi e non a ore. Un po' più a cottimo, insomma. Tutto bene? Non vedete problemi all'orizzonte? Io sì, e soprattutto a Milano perché a Milano le grandi corporation hanno già preso quella via e la stanno percorrendo. Ora, mi sia consentito con il massimo rispetto (non fosse altro che l'ho pagato, scaricato e letto): invece di un altro libro sulla tragedia del Covid (c'era già quello di Pietro Bussolati) avrei preferito da Majorino un bel libro di politica. Di idee politiche. Ce ne è bisogno, ne ha bisogno lui e ne ha bisogno Milano. E non si preoccupi: non la prenderemo come una autocandidatura. O, almeno, non più di adesso.

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