Milano
Mediobanca: ecco i maggiori operatori privati della sanità in Italia
Nel 2024 atteso un rialzo del 4,8% dei ricavi complessivi. Ripresa non uniforme tra i comparti: +19,4% la diagnostica medica sul 2019, +15,1% l’assistenza ospedaliera e le RSA, +5,7% la riabilitazione

Mediobanca: ecco i maggiori operatori privati della sanità in Italia
L’Area Studi Mediobanca ha pubblicato l’aggiornamento del report annuale sui principali operatori sanitari privati italiani, analizzando le performance economico-finanziarie di 34 gruppi con ricavi superiori ai 100 milioni di euro. Il quadro restituito dall’analisi fotografa un settore in crescita ma ancora condizionato dalle fragilità ereditate dalla pandemia, dalle pressioni inflattive e da squilibri strutturali nella sanità pubblica.
Ricavi in crescita, ma margini ancora sotto i livelli pre-Covid
Nel 2023 il fatturato complessivo dei maggiori player privati è salito a 12 miliardi di euro (+5,7% sul 2022, +15,5% rispetto al 2019). Un’espansione che conferma il trend di recupero iniziato nel 2021, dopo il crollo registrato nel 2020 (-6,6%) e che prosegue anche nel 2024, per il quale è stimata una crescita del +4,8%. Tuttavia, la redditività, seppur in ripresa, non ha ancora recuperato i livelli pre-pandemici: l’Ebit margin aggregato è salito al 3,7% (dal 2,0% del 2022), ma resta ben lontano dal 5,4% registrato nel 2019.
La ripresa non è omogenea: a guidare la crescita è la diagnostica medica (+19,4% sul 2019), seguita da RSA e ospedali (+15,1%), mentre la riabilitazione avanza a un ritmo più contenuto (+5,7%). In particolare, la diagnostica – pur mantenendo il margine operativo netto più elevato (11%) – registra un calo per il secondo anno consecutivo a causa della contrazione dei servizi legati al Covid-19, sostituiti da prestazioni poliambulatoriali a minore marginalità.
I top performer: Affidea, Synlab, Humanitas e GHC
Nel 2023 il ritorno all’utile netto (39,8 milioni di euro aggregati) segna un’inversione di tendenza rispetto alle perdite del 2022. Il ROE complessivo torna positivo (0,8%), pur restando lontano dal 6,1% del 2019. Tra i gruppi più redditizi spiccano Affidea (Ebit margin al 16,4%), Synlab, GHC, La Villa e S.O. Holding, tutte con margini superiori al 10%.
La struttura patrimoniale resta solida, sebbene i debiti finanziari siano saliti al 112,2% dei mezzi propri (rispetto al 103,6% del 2022). Le posizioni più equilibrate si registrano per IEO, Auxologico, Don Calabria, Humanitas e Policlinico di Monza.
Lista d’attesa e inflazione spingono la spesa privata
Il ricorso al privato è trainato dalla crisi del Servizio Sanitario Nazionale: l’80% degli italiani ha rinunciato almeno una volta a curarsi presso il SSN per via dei tempi d’attesa, e quasi il 13% rinuncia del tutto, con picchi del 19% nelle fasce economicamente più fragili (fonte: IPSOS). La spesa sanitaria privata ha raggiunto i 74 miliardi di euro nel 2023, 59 dei quali al netto di farmaci e presidi sanitari.
Parallelamente, la spesa sanitaria pubblica nel 2024 è salita a 138,3 miliardi (6,3% del PIL, +4,9% sull’anno precedente), e si prevede una stabilizzazione al 6,4% del PIL nel triennio 2025–2027. Tuttavia, il peso della sanità sulla spesa corrente primaria crescerà al 15,8% entro il 2027, spinto dall’invecchiamento demografico: l’Italia, con il 24,3% di over 65, è seconda solo al Giappone tra i Paesi OCSE.
Dimensione e geografia: San Donato leader per fatturato, KOS regina all’estero
Il gruppo con il fatturato più alto è Papiniano (Gruppo San Donato e San Raffaele), con 1.835 milioni di euro, seguito da Humanitas (1.188 mln), Policlinico Gemelli (917 mln), GVM (897 mln) e KOS (752 mln). KOS è anche leader nell’internazionalizzazione con 52 RSA in Germania che generano il 29% dei ricavi, mentre GVM opera con 14 presidi esteri (14,1% dei ricavi). Papiniano ha acquisito recentemente American Heart of Poland e Scanmed, oltre ad aggiudicarsi la gestione dell’ospedale di Al Najaf in Iraq.
Diversi gruppi mostrano un’elevata presenza territoriale: GVM, GHC, KOS, Segesta e Don Gnocchi operano in oltre otto regioni, con una concentrazione prevalente al Nord. Humanitas e Papiniano restano focalizzati sulla Lombardia, con estensioni limitate in Piemonte, Sicilia ed Emilia-Romagna.
Occupazione e costo del lavoro: il nodo delle retribuzioni
Il personale complessivo dei gruppi analizzati ha superato le 92 mila unità nel 2023 (+12,6% sul 2019), con un incremento del 3,7% rispetto al 2022. Tuttavia, il costo del lavoro medio per dipendente resta contenuto (42,9 mila euro), con forti differenze tra i comparti: da 33,2 mila euro nella long term care a 47,6 mila nell’ospedaliero. Il ricorso ai liberi professionisti è marcato, soprattutto in GVM (56%) e GHC (49,4%).
A livello europeo, le retribuzioni dei medici specialisti italiani sono inferiori del 40% rispetto ai colleghi tedeschi e olandesi. Analoghe considerazioni valgono per gli infermieri. Un gap che alimenta la fuga di personale verso l’estero e rende meno attrattivo il lavoro in sanità nel nostro Paese.
Italia in coda in Europa per spesa e offerta sanitaria
Nel 2023 la spesa sanitaria italiana si attesta all’8,4% del PIL (6,2% pubblica), ben sotto Francia (11,6%), Germania (11,8%) e Regno Unito (8,9%). La spesa pro-capite è di 4.800 dollari contro una media OCSE di 5.573. Per colmare il divario con la Germania, l’Italia dovrebbe incrementare la propria spesa di 75 miliardi di euro.
Il confronto europeo rivela anche una cronica carenza di posti letto per la lungodegenza: l’Italia ne offre circa 21 ogni mille abitanti over 65, contro una media OCSE superiore al doppio. Il settore della long term care è ancora dominato da operatori di piccole dimensioni.
Diagnostica e long term care: le sfide europee
A livello continentale, i principali operatori della long term care hanno aumentato ricavi (+43,4%) e asset (+23%) tra il 2019 e il 2023, ma soffrono di margini erosi dalle dinamiche inflattive e dal caro energia. Il risultato netto, negativo nel 2022 (-23,2%), è tornato positivo nel 2023 (+3,9%).
Diversa la traiettoria della diagnostica medica, che dopo l’exploit del 2020 legato al Covid, ha visto un crollo dei ricavi (-31,8% nel 2023 sul 2022), pur restando sopra i livelli del 2019 (+42,7%). I margini sono in netta contrazione, con il risultato ante imposte tornato in negativo (-2,8%).