Milano
Milano? Non canta. Un solo rapper a rappresentarla a Festival
Al Festival 2019 però sarà solo il rapper Mahmood a tenere alto il nome della periferia multietnica e degradata ma anche creativa di Milano
di Maria Teresa Santaguida
Milano? Non canta. Un solo rapper a rappresentarla al Festival
Ha scritto “Milano good vibes”, per descrivere la città quando d’estate rimane “un bellissimo deserto” e “sentirsi più ricchi dentro è la giusta attitudine” mentre gli altri sono “su un spiaggia cubana tra fumo e Havana”; viene dalla periferia sud, ha la madre sarda e il padre egiziano: è Mahmood, alias Alessandro Mahmoud, il rapper 26enne che rappresenterà Milano a Sanremo 2019. L’unico in gara.
Già: perché un festival ‘svecchiato’ e finalmente contaminato con generi fino ad ora considerati “outsider”, la capitale italiana del rap non si impone. Sono infatti vicini alla cultura rap/hip-hop (e derivati, tra cui la trap) una decina brani dei 24 presentati in anteprima per la stampa, ma di questi solo uno appartiene ad un cantautore milanese. Eppure è stato proprio nelle periferie della città che ormai più di 20 anni fa le ‘stecche’ dei rapper, che imitavano il genere Usa e praticavano il freestyle, prendevano piede in Italia. Poi fu l’epoca d’oro degli Articolo 31, dei Club Dogo, di Dargen D’amico, di Fabri Fibra, infine di Fedez e Ghali.
Al Festival 2019 però sarà solo Mahmood a tenere alto il nome della periferia multietnica e degradata ma anche creativa di Milano, terreno di coltura ideale per quella musica che fino a qualche anno fa era considerata underground. Quella periferia che per alcuni rapper è stato un orgoglio: “La c con la mano è da dove veniamo, Ciny Ciny”, come rivendica Sfera Ebbasta, quando parla nel suo brano proprio di Cinisello Balsamo.
La canzone che Mahmood al 69 Festival della Canzone italiana, da buon milanese imbruttito, si intitolerà “Soldi”, ma più che di farli, i soldi, parla della loro mancanza e della mancanza di un padre. E ribalta gli stereotipi sui musulmani: quelli cantati nel suo brano, infatti, bevono “champagne sotto Ramadan”.
A dire il vero, volendo guardare avanti e pensando già che il metrò arriverà fino a Monza, potremmo dire che i milanesi in gara sono due: l’altro è Irama, nome d’arte per Filippo Maria Fanti, 24 anni ex di Amici di Maria De Filippi, nato a Carrara ma cresciuto nella città brianzola. Più melodico il suo brano, ma molto forte (è dato tra i favoriti dalla critica) affonda anche lui il coltello nei drammi della periferia e della provincia, dove la violenza, anche quella di un padre sulla figlia, è realtà.
In compenso Milano si riprende nei duetti. Solo nella serata di venerdì si potrà dire che la storia del rap milanese calcherà il palco dell’Ariston: Gue Pequeno, proprio lui - al secolo Cosimo Fini - considerato dai nuovi rapper un maestro, sarà la spalla del 26enne italoegiziano Mahmood, col suo fraseggio duro e puro. Una staffetta tra la vecchia e la nuova scuola dell’hip pop meneghino che promette moltissimo.
Non secondo il duetto in cui il milanese Manuel Agnelli accompagnerà il cantautore romano Daniele Silvestri. Canzone dal testo complesso ma molto poetico, e dall’argomento non facile, il brano parla della scuola vista con gli occhi di un bambino con l’”Argento vivo” (il titolo). Al tono serio ma leggero di Silvestri, Agnelli, considerato forse il più grande artista del rock alternativo italiano, porterà - ma è top secret sul come - tutta la sua cultura underground e gli oltre 30 anni di carriera degli Afterhours, di cui è il leader.
Infine, ma sempre per l’apparizione spot del venerdì, Paolo Jannacci accompagnerà il livornese Enrico Nigiotti. Sarà il figlio di uno dei più grandi interpreti dello spirito e del dialetto meneghino a ricordare che anche nella musica se una cosa succede, spesso a Milano è già successa prima.
E così si chiude il cerchio: dal jannaccesco “el purtava i scarp de tennis” alle parole in arabo che Mahmood ha messo nel suo testo, per rappresentare quello che Milano è stata ma anche quello che è oggi.
Avanguardia d’Italia, ancora forse troppo avanti per dominare nel festival più nazionalpopolare che ci sia.