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Milano, D’Alfonso: "Dibattito pubblico stagnante. Manca l’offerta politica"
Franco D'Alfonso

Milano, D’Alfonso: dibattito pubblico stagnante. Manca l'offerta politica


"Felice Besostri è una persona che ha dato di più di quello che ha ricevuto. Era un combattente formidabile, una razza in via d'estinzione". Franco D'Alfonso, artefice della 'rivoluzione arancione' con l'ascesa a Palazzo Marino di Giuliano Pisapia e presidente del centro studi Emilio Caldara, ricorda in un’intervista ad Affaritaliani.it Milano l'avvocato Besostri, che con i suoi ricorsi fece dichiarare incostituzionali il Porcellum e l'Italicum. "Insieme alle associazioni milanesi tra un mese organizzeremo un'iniziativa che sarà una sorta di trigesimo laico dedicato alle sue battaglie sulle leggi elettorali e in difesa dei diritti delle minoranze" annuncia D'Alfonso, che analizza anche il momento politico di Milano: "In città - spiega - il dibattito pubblico stagna da troppo tempo. Lo spazio per il centrosinistra c'è sempre. Il problema non è la domanda politica, ma l'offerta".

D'Alfonso, cosa lascia la figura di Besostri?
Felice lo conoscevo da tantissimi anni, ho seguito tutta la sua storia. Conosco le sue curve e le sue battaglie: era un combattente formidabile, una razza in via 'estinzione. Nei risvegli delle sue ultime ore ha continuato a mandarmi messaggi per ricordarmi che appena si sarebbe rialzato avremmo ricominciato a lavorare in difesa della Costituzione e sulle leggi elettorali. Questo fa capire la portata della perdita. Besostri è stata una delle persone che ha dato molto ma ha ricevuto meno, non gli sono mai stati abbastanza riconosciuti i suoi meriti.

Anche dalla sua Milano?
Lui era profondamente milanese ed è stato molto legato ai sindaci e alle amministrazioni. Diciamo che non sempre il suo pensiero è stato ripagato in termini di riconoscimenti personali. Per l'impegno che ci ha messo avrebbe potuto avere soddisfazioni maggiori... era anche tignoso e critico e questo forse non l'ha favorito in alcuni aspetti. Ma nel suo campo, quello del diritto amministrativo e costituzionale, era un esperto notevole.

Il dibattito pubblico a Milano stagna per assenza di protagonismo della politica?
Non credo che sia un problema del singolo partito, ma a Milano, da molto tempo, il dibattito pubblico è stagnante. E una grossa responsabilità, a mio avviso, ce l'ha anche l'informazione. Quando ero assessore avevamo un'interlocuzione proficua con la stampa fatta di interventi su ciò di cui si discuteva e non di veline. Oggi si parla di qualsiasi cosa ma il dibattito fa fatica ad accendersi. Anche per questo abbiamo dato vita al Centro Studi Emilio Caldara.

Da cui recentemente sono arrivati anche due paper sulla questione stadio e sull'utilità di rendere pubblica la linea metropolitana M4.
Documenti che sono stati utili anche alla giunta. Sullo stadio non so come finirà, ma è del tutto fuori questione affidarsi a due società 'fallite' come Inter e Milan che fanno solo delle finte perché in realtà hanno altre finalità. Abbattere o ricostruire il Meazza è una questione che si è posta già 7 volte nella storia comunale e le posizioni delle società sono sempre cambiate a seconda delle esigenze. Ma c'è sempre una costante: alla fine è un amministratore comunale che decide cosa fare. E noi volevamo invitare a riflettere proprio su questo: è il Comune che deve decidere, non le squadre.

È mancata una regia pubblica sulla partita dello stadio?
La posizione del Comune è stata passiva e anche dal Consiglio comunale non è arrivato niente. Se vogliamo far ripartire il dibattito sullo stadio dobbiamo ripartire dalla politica e non dagli schieramenti. La nostra proposta è quella di creare una società pubblica sul mercato solo al 49% con dentro lo stadio e i parcheggi. Con una gestione diretta del Comune si esclude l'ipotesi demolizione e si ragiona su progetti di rifunzionalizzazione, con gara internazionale. Il socio privato si occupa della gestione dello stadio e sviluppa solo la volumetria prevista dal Pgt, senza grattacieli o centri commerciali che non c’entrano nulla. Per anni Paolo Scaroni, presidente del Milan, ha ripetuto che c'erano 1,4 miliardi di investimenti pronti, ma erano soldi del Monopoli? Chi li tira fuori? Il piano finanziario che hanno presentato era ridicolo, se fossero stati miei alunni all'Università li avrei bocciati.

E sulla M4 pubblica?
Un'operazione che approvo pienamente. Il project financing era una soluzione sbagliatissima, che stava affossando il bilancio del Comune. Ricomprare le quote, e cancellare in prospettiva il contratto di Project financing, permette di evitare di avere la spesa corrente massacrata e trasformarla in investimento pubblico.

Il sindaco Sala è al secondo mandato. Quali sono i problemi e i rischi del centrosinistra?
A Milano il problema è tutto interno alla maggioranza. La nostra intuizione arancione è stata quella di dire che si faceva un partito unico senza dire il partito. Un grande schieramento che si trovava su un programma e dei valori e comprendeva tutti. Ovviamente si discuteva anche, le nostre giunte sono arrivate a durare 16 ore. Ma lo spazio elettorale esiste come prima e non si è mosso di un millimetro. Il centrosinistra, ovviamente senza i 5Stelle che a Milano non hanno un voto e sono non pervenuti, gode di un consenso sempre ampio. In città abbiamo avuto perfino la maggioranza alle scorse regionali con Pierfrancesco Majorino. Il problema non è la domanda politica, ma l'offerta.

Ci spieghi meglio.
Mi ci metto anche io: non siamo riusciti a offrire un'offerta politica decente per questa maggioranza potenziale che c'è a Milano e che potrebbe essere costruita in Italia.

Alle ultime politiche da Milano il segnale per il mondo riformista era arrivato.
Poi il motivo del fallimento è stato ridicolo. Ma anche alle ultime comunali avevamo tentato di fare una lista unica riformista. Si sono scatenati i particolarismi di tutti, dal sindaco all'ultimo dei consiglieri comunali. Ciascuno si è fatto la sua listina e l'importante era solo misurare il proprio consenso. Se facciamo la somma dei voti, alle ultime comunali nel 57% di Sala c'è un 33% del Pd e un 25% di tutte le altre liste messe insieme. Il risultato è che in Consiglio comunale non c'è nessuno che abbia uno straccio di presenza politica rilevante e si fa fatica ad emergere. E questa cosa in Aula la pagano.

Che messaggio dovrà arrivare dalle prossime europee?
Il tema è il ruolo che vogliono avere Milano e il Nord in un'Europa da costruire. Le ultime elezioni in Spagna e in Polonia hanno fermato quell'ondata di forze che vogliono l'Europa a destra. In Polonia Tusk ha vinto mettendo i socialisti in una coalizione simil arancione che non a caso ha chiamato 'convergenza civica europea'. I partiti nazionali hanno il problema che la gente vota per esclusione il meno peggio, specie qui al Nord e quindi oggi va di moda definirsi civici o riformisti. Ma Milano, dai tempi di Caldara fino a oggi, è sempre stata n grado di mettere insieme un'alleanza progressista che sia la convergenza di tutte le forze che hanno un impegno civico e di servizio nei confronti della città, con un approccio pragmatico e non ideologico. Iscriviti alla newsletter








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