Milano non è capitale del cibo. Altro che Expo. Ecco perché - Affaritaliani.it

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Milano non è capitale del cibo. Altro che Expo. Ecco perché

Il motivo? Un grave problema di comunicazione. Ma non solo...

di Ugo Poletti

Milano non è considerata all’estero una capitale del cibo. Questa notizia è una doccia fredda, perché dopo Expo 2015, che ha dato una scossa a tutto il settore italiano della ristorazione e dell’industria alimentare, si sperava in una ricaduta positiva per l’immagine culinaria della città meneghina. Basta fare un giro sul web per consultare le classifiche dei luoghi più importanti al mondo per la gastronomia. Il risultato è che Milano non figura neppure tra le 20 prime città al mondo in nessuna delle graduatorie più recenti.

Curiosamente, tra le città italiane classificate c’è sempre Bologna e, qualche volta, Roma. La prima conclusione è che “tagliatelle al ragù” e “bucatini all’amatriciana” hanno un’immagine internazionale più potente del “risotto allo zafferano”. Ma non basta la notorietà di un piatto locale a spiegare il posizionamento di capitale della buona tavola. Le città in testa alla classifica ci arrivano per tre ragioni:

• La fama di piatti tipici del luogo. Per esempio: la paella a Barcellona (città sempre presente nelle classifiche), anche se gli intenditori sanno che la vera paella è di Valencia (meno brava nella promozione delle proprie specialità).

• L’ampia offerta di ristorazione internazionale: come Londra e New York (che non hanno piatti propriamente tipici).

• Essere un centro di riferimento mondiale per l’arte della cucina, come Lione (la vera rivale di Milano).

Secondo The Guardian Lione è la capitale mondiale della gastronomia da circa 80 anni. E se a dirlo è un importante quotidiano inglese di una città francese, è un giudizio che pesa. Sarebbe come se il francese Le Monde o lo spagnolo El Pais scrivessero che Milano è la capitale del gusto. Ma come mai Lione ottiene questo riconoscimento? Ecco le 5 ragioni principali:

1. Lione è un luogo rinomato per i cuochi che vogliono sviluppare le loro capacità. L’Istituto Paul Bocuse e l’École Vatel sono tra le più celebri scuole di cucina al mondo. Inoltre, ci sono numerosi ristoranti dove poter fare apprendistato, un campo fertile di sperimentazione e innovazione culinaria.

2. A Lione lo chef Bocuse ha inventato la Nouvelle cuisine, sebbene antitetica alla tradizione dei piatti lionesi di sapore rustico e ricco. Una filosofia di cucina che molti contestano, ma tutti riconoscono.

3. Due importanti competizioni mondiali: la coppa Bocuse d’Oro e la Coppa del mondo della pasticceria, che si svolgono ogni anno durante la fiera internazionale SIRHA sui servizi per l’alimentare e l’alberghiero.

4. Più di 1.500 ristoranti (il numero più alto di ristoranti per abitante in Francia), di cui 13 fregiati delle prestigiose stelle Michelin. Tra questi i famosi bouchons, ristoranti storici a conduzione famigliare, che contribuiscono a rafforzare l’immagine culinaria della città.

5. La città è al centro di regioni con la migliore materia prima dell’agricoltura francese: frutta e verdura, pesce di lago, maiali, vini, formaggi e fois gras, che arrivano dalle fattorie locali nei tipici mercati rionali.

Quello che emerge da questa analisi è che Milano ha un grave problema di comunicazione. Infatti, i ristoranti milanesi sono più di 6.000, di cui 15 stellati Michelin. La città di Expo 2015 è il nodo logistico della pianura padana, la regione agroalimentare più grande e ricca del mediterraneo. Inoltre, non dimentichiamo che Milano ha già influenzato lo stile del gusto mondiale. E’ il modello internazionale dell’aperitivo, sia come comportamento sociale, sia come bevande. Infatti, Aperol, Campari e il cocktail Negroni sono tipicamente milanesi, mentre la Branca è l’azienda più conosciuta del Sudamerica, grazie al Fernet. I bar meneghini hanno insegnato al mondo l’arte del panino (che nei bar in Europa chiamano “paninì”, sempre al plurale) e hanno ispirato il fondatore della catena americana Starbucks.

Allora cosa manca a Milano per contendere a Lione lo scettro di capitale della gastronomia?
Innanzitutto, il risotto, vanto della cucina milanese, non è conosciuto all’estero. Forse i produttori italiani di riso dovrebbero fare uno sforzo congiunto di promozione all’estero con grandi chef mondiali.

Non c’è un’alta scuola internazionale per cuochi (magari con corsi in Inglese), per indurre uno chef ambizioso a venire a Milano per studiare e perfezionarsi.

Non abbiamo un premio internazionale o un evento che attiri i migliori chef stranieri e nuovi talenti.

Manca uno storytelling dei ristoranti milanesi, che crei quella fascinazione dove Lione dimostra una grande abilità. Ma ci vuole una comunicazione in Inglese su web e su testate specializzate internazionali.
Milano è una città ambiziosa che vuole confrontarsi con le altre città del mondo per far emergere le sue eccellenze. Ma per conquistare un primato occorre lavorare, soprattutto con la comunicazione, per creare le condizioni necessarie. E il giudizio internazionale, che ci piaccia o no, conta. Un vecchio saggio disse: <<un cane di razza non ha bisogno di affermare “io sono un cane di razza”. Saranno gli altri cani a dire “guarda quello è un cane di razza”>>.








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