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“Niente primarie e Toti non scalda”. La linea del vicepresidente di Regione

Di Maria Teresa Santaguida per Affaritaliani.it Milano

Il futuro di Forza Italia, che è ancora nelle mani del ‘genio’ di Berlusconi, e il cammino verso l’Autonomia, interrotto dal Movimento 5 Stelle che si muove ancora con “logiche da prima Repubblica”. In un’intervista ad Affaritaliani.it Milano Fabrizio Sala, vicepresidente della Regione Lombardia e assessore alla Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione, parla della riforma naufragata e del rinnovamento del suo partito. 

Vicepresidente Sala, è anche lei pessimista sul futuro della riforma per l’Autonomia?
La nostra richiesta di Autonomia è solidale con le altre regioni, perché la Lombardia e il Veneto, se lasciate libere di gestire le loro risorse, possono trainare il successo di tutto il Paese. Invece vediamo la volontà di boicottare questo progetto: dopo il passaggio nel Governo, il provvedimento dovrà essere votato dal Parlamento, ma la strada è così in salita che si intuisce che in un modo o nell’altro lo si vuole far naufragare. 

Tra i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle ci sono figure che nella passata legislatura hanno pensato e poi presentato il progetto stesso di referendum per l’Autonomia. Dialogare con loro potrebbe essere una strada per provare ad aprire una collaborazione anche con i vertici grillini a Roma?
Quello che vediamo è che oggi il M5S è diviso su tutto: non si capisce se è a favore o contro la Tav, non si capisce se è a favore o contro l’Autonomia. In questo momento il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, sta dialogando direttamente con i ministeri: ci aspettavamo e ci aspettiamo da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, una presa di posizione chiara, finalmente. Il livello delle trattative però lascia l’impressione che ‘autonomia’ sia solo una parola che rimane fine a se stessa: non è possibile che non si aumentino le competenze in materia sanitaria, altrimenti che autonomia è? Ma anche per quanto riguarda il mio settore, la ricerca e l’innovazione non ci sono passi avanti: al momento ci vogliono 7 anni per riuscire ad avere un corso di laurea nuovo; quando si decide di istituirne uno, tra pareri e burocrazia, passa troppo tempo. Bisogna ridurre queste lungaggini o rischiamo di rimanere indietro rispetto ad altre aree geografiche del mondo. 

Sembra che stia lanciando un allarme, qual è l’aspetto che vi preoccupa di più?
Abbiamo posto la questione della funzionalità, ma poi c’è la parte finanziaria. Da Roma non vogliamo un euro in più né uno in meno:  non vogliamo trattenere più soldi, ma pretendiamo almeno che la quota che già oggi abbiamo non diminuisca. Quello che si sta prospettando è di avere molti euro in meno. Di che autonomia stiamo parlando se delle funzioni ci sono nel merito ma poi nell’aspetto finanziario non ci sono le risorse? Mi sembra che stiamo facendo una retromarcia. 

Quanto a Ricerca e Innovazione, avete provato a cercare la mediazione del ministro competente, in questo caso il leghista Marco Bussetti?
E’ tutto in salita, anche se il ministro Bussetti conosce molto bene la situazione. Ma non si tratta delle materie da limare: sta sfumando l’autonomia in toto, perché con il nuovo testo c’è uno stravolgimento rispetto a quello che hanno chiesto i cittadini lombardi e veneti. 

Proviamo a cambiare prospettiva. La Lega che ha preso molti voti a sud alle ultime tornate elettorali non sta forse rallentando un progetto  che non è più una priorità? 
Al sud bisognerebbe spiegare nel dettaglio che è un’opportunità. Ma non ho l’impressione che sia la Lega a mettere ostacoli; sono convinto che siano invece i 5 Stelle che non vogliono capire e hanno una resistenza. È un partito che si professa nuovo, ma che utilizza in realtà la vecchia mentalità italiana della prima Repubblica. Se la Lombardia è autonoma, allora anche alcune regioni del sud dovrebbero adeguarsi all’efficienza per riuscire a stare in equilibrio finanziario. E’ sicuramente scomodo per chi non vuole lavorare duro.

Un vostro ipotetico alleato in un futuribile governo di centrodestra, e alleato già ora in Regione, Fratelli d’Italia, non supporta al massimo questo progetto, però…
Ci possono essere posizioni diverse nei partiti, ma alla fine mi pare che gran parte del centrodestra, a parte qualche caso sporadico, sia d’accordo. 

Anche Giorgia Meloni?
E’ vero che ha fatto alcune dichiarazioni contrarie, ma un conto è il dibattito sulle frasi e un conto è rimanere sul testo. Il parere va detto su quello. Chi affossa l’autonomia come l’ha chiesta la Lombardia, affossa l’Italia. 

Forza Italia, il suo partito, è in un momento di forte cambiamento, come lo supererà?
E’ un momento di dibattito interno al partito, ma penso che possa essere molto utile. Oggi Fi gode di una rete competente e valida di amministratori locali ed è un momento in cui un’apertura e una partecipazione può solo fare bene. Nel futuro ci si attenderà un momento di confronto, o con le primarie, o con un congresso, ma la cosa importante è sottolineare i contenuti. Siamo il partito che ha sempre avuto la ricetta migliore dal punto di vista della crescita economica ed è ora di metterla in campo. 

Vede all’orizzonte più probabilmente un congresso o le primarie?
Le primarie non sono determinanti, a mio avviso. I più grandi partiti non hanno grandi forme di partecipazione democratica. Io sono più un fautore dei congressi, ma ricordo che il vero problema sono i contenuti: con la sola partecipazione non si arriva al 30 per cento. Nella Lega, ad esempio, il 30 per cento lo prende Matteo Salvini. Oggi occorre concentrarsi sui temi: non vorrei che la battaglia per la leadership lasci il nostro partito con una percentuale bassa e poco da dire. 

Se cita Salvini, però, dice implicitamente che una leadership è necessaria…
In questo momento da noi la leadership è di Berlusconi. Il processo di rinnovamento di Forza Italia è nelle sue mani: il nostro 10 per cento di oggi è ancora merito suo. Le altre proposte di leadership che abbiamo visto ultimamente non sono al livello di Berlusconi, quindi sono inferiori alla percentuale che prendiamo attualmente. 

Quindi come vede il binomio Toti-Carfagna, incaricato dallo stesso  Berlusconi di traghettare il cambiamento del partito?
Non si capisce se Giovanni Toti e Mara Carfagna siano alleati o no, quindi in realtà sono candidati entrambi per le primarie. Toti è un bravo amministratore, è stato nominato da Berlusconi, ma non scalda i cuori. Non ha una leadership nazionale: ha un sacco di qualità ma gli manca il carisma.  Il Dna di Forza Italia coincide con quello di Berlusconi, quindi questa operazione di ‘successione’ tocca a lui. 

Quando arriverà il momento di realizzare che la sua figura, per quanto insostituibile, non sarà eterna?
Nel mondo ci sono persone che hanno una certa età e fanno da guide anche in campo economico. La sua leadership è fatta di carisma e genialità: sono fiducioso che proprio con queste qualità troverà il modo per uscire da questo periodo di difficoltà del partito, ancora una volta.

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