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Noja (Riformisti): "Milano accessibile, la grande occasione delle Olimpiadi"
Lisa Noja

Noja (Riformisti): "Milano accessibile, la grande occasione delle Olimpiadi"

Un brusco e imprevisto stop - il Covid - ma anche una grandissima opportunità in arrivo non appena svoltato l'angolo: le Olimpiadi invernali del 2026. I prossimi potrebbero essere anni decisivi per rendere Milano una città pienamente accessibile a tutti i cittadini, con un piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche sostanzialmente già pronto e da mettere su strada. Tra le artefici del progetto, Lisa Noja, alla quale nel 2016 il sindaco Giuseppe Sala ha conferito una delega specifica alle politiche per l'accessibilità. Ora Noja, avvocato 47enne, intende portare a compimento il lavoro e si candida con i Riformisti per Milano, dei quali è una delle tre capolista assieme a Laura Specchio e Giulia Pastorella. In questi cinque anni nel frattempo molte cose sono cambiate: dal 2018 Noja è anche parlamentare, ed ha lasciato il Pd per seguire Matteo Renzi nella nuova esperienza con Italia Viva, di cui è capogruppo in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. Molte cose sono del resto cambiate per tutti, con le complesse conseguenze di una pandemia non ancora terminata da affrontare e gestire.

Noja, la sua candidatura è giunta a completare il trittico femminile alla guida della lista Riformista. Un bel segnale, no?
Un bellissimo segnale che ben rappresenta quella che è una nostra caratteristica positiva. A tutte le proposte che è doveroso fare per la parità di genere, noi accompagniamo anche scelte concrete.

Come è maturata la decisione?
C'è stata una riflessione all'interno di Italia Viva e con Renzi in particolare, che ha voluto lanciare la mia candidatura dando un messaggio ben preciso. Ovvero incaricando una persona con una identità molto chiara ed un ruolo già ben definito come deputata. Questo testimonia quanto come Italia Viva crediamo in questo progetto e quanto vogliamo impegnarci. Personalmente ci ho riflettuto molto, ma per Milano questo è uno snodo fondamentale, tra il rilancio post Covid e le Olimpiadi del 2026. Noi Riformisti possiamo contribuire portando nella coalizione la nostra visione e la nostra concretezza. Ce ne sarà bisogno. Per questo, con entusiasmo, ho accettato.

Un doppio impegno che significherà doppia fatica, ma forse anche un'occasione per portare avanti al meglio determinate istanze?
Con una premessa: già una volta eletta parlamentare, per evitare ogni conflitto di interesse, ho sospeso la mia attività professionale. La mia posizione di deputata mi consentirà di portare a Roma con molta consapevolezza la voce della città di Milano e di interloquire  da un lato con il sindaco e dall'altro con figure di Governo su temi fondamentali per il territorio, come l'utilizzo delle risorse statali in arrivo, che dovranno essere investite rispettando obblighi di ritorno e scadenze ben precise. In Parlamento ho seguito passo dopo passo la costruzione del Recovery plan. E posso dire che anche la salute sarà una partita fondamentale.

Non si tratta di un ambito prettamente regionale?
Vero, la competenza è regionale, ma ritengo che i territori dovrebbero essere chiamati ad un forte coinvolgimento su questo tema. Milano in primis. Prendiamo ad esempio l'ultima delibera di Regione Lombardia sulle case di salute: stanno perpetrando nuovamente un vecchio modello in cui non c'è alcuna reale integrazione socio-sanitaria. E' tutto basato su una visione esclusivamente medicalizzante della cura che perpetua l’errore di non valorizzare l’assistenza sociale come un punto essenziale del ridisegno della medicina territoriale previsto dal PNRR. Un Comune come Milano dovrebbe rivendicare un ruolo da protagonista perchè i suoi rappresentanti conoscono al meglio il territorio ed i suoi bisogni. Regione dovrebbe coinvolgere i sindaci non solo in caso di emergenza come è stato durante la pandemia. I sindaci dovrebbero essere parte integrante del sistema sanitario. E questo cambio di prospettiva potrebbe partire da Milano. 

A proposito di Milano: come è messa la città in fatto di accessibilità?
Milano in questi ultimi anni ha fatto tanto. Ed eravamo alla vigilia di un momento molto importante, con l'approvazione del Peba, piano per l'eliminazione delle barriere architettoniche e l'istituzione di un tavolo trasversale per affrontare il tema in modo sistematico, con l'intenzione di procedere ad una mappatura a scadenza semestrale. Poi è arrivata la pandemia e tutti gli sforzi sono stati giocoforza congelati per rispondere ad altre urgenze più impellenti. Ma con il nuovo mandato ci dovrà essere una accelerazione. Con un modello ben preciso in mente.

Quale?
Londra, che con le Olimpiadi del 2012 ha stabilito un paradigma che ha cambiato tutto, cogliendo l'occasione dei Giochi per trasformarsi in una metropoli pienamente accessibile. Milano deve seguire questa strada. E le fondamenta le abbiamo già poste: se Milano ha avuto la meglio su una città come Stoccolma è anche perchè il Comitato ha valutato la capacità di accoglienza delle Paralimpiadi, per le quali avevamo già approntato un metodo di lavoro, ad esempio con il Palalido. Nei prossimi anni questo sarà uno degli impegni più importanti, sui quali l'attività dovrà essere incisiva.

Restando sul tema: la proposta di Bernardo di istituire un Assessorato alla disabilità l'ha lasciata piuttosto tiepida. Perchè?
Sono contraria, così come sono contraria ad appositi ministeri, con tutto il rispetto per chi ha ricoperto tali cariche. Si tratta di una idea vecchia e che non riconosce l'essenza della convenzione Onu che indica come la disabilità non definisca l'essenza di una persona, ma sia il risultato dell’interazione tra una sua condizione di menomazioni e le barriere comportamentali ed ambientali che impediscono la sua piena ed effettiva partecipazione alla società. Assessorati e Ministeri ad hoc, spesso senza portafoglio, sono solo bandierine. Serve invece che gli assessorati che hanno un impatto sulla vita delle persone con disabilità, come ad esempio quelli alla Politiche sociali o alla Mobilità, si occupino in modo efficace delle specifiche questioni. 

In questi giorni è impegnata a girare i quartieri per la campagna elettorale: che aria si respira a Milano?
C'è un aspetto che mi sta particolarmente colpendo. Ed è l'attitudine proattiva dei milanesi, che si traduce nella nascita di numerosi comitati e associazioni. Ed anche laddove sono esposte delle problematiche o vengono fatte delle lamentele magari anche legittime, non vedo mai una pura rivendicazione fine a sè stessa ma una attitudine propositiva. E' qualcosa che forse ci ha lasciato in eredità il Covid: viviamo una fase in cui le persone vogliono andare al sodo, la semplice propaganda attira poco. Ma anche questa proattività va in qualche modo governata.

In che senso?
Mettere insieme processi partecipati che rafforzano le decisioni è una grande opportunità. Lo vediamo ad esempio in Darsena, dove cè un articolo percorso per cercare di capire cosa quel luogo debba diventare al di là della riqualificazione dei suoi spazi. Ma in processi come questi deve essere fatto ordine, trovando una modalità e delle regole nell'espressione della rappresentanza. Un equilibrio in cui valorizzare questa proattività, portando al contempo avanti una riflessione seria sulle forme di partecipazione per non parcellizzare eccessivamente il dibattito.

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