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Lombardia, operazione contro la 'Ndrangheta: 20 arresti

Lombardia, operazione contro la 'Ndrangheta: 20 arresti

È di 20 arresti (16 in carcere, 4 ai domiciliari) e 2 obbligo di dimora, il bilancio dell'operazione anti mafia dei Carabinieri di Monza Brianza e Como. Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e acquisizione indebita di esercizi pubblici, tutti reati commessi con l'utilizzo del metodo mafioso nonché detenzione e porto abusivo di armi ed associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Il blitz è scattato nelle province di Monza e della Brianza, Como, Lecco, Reggio Emilia, Macerata, Reggio Calabria. Le indagini del Nucleo Investigativo dell'Arma monzese e dei militari della Compagnia di Cantù e coordinate dalla Dda di Milano, hanno permesso di documentare la presenza sul territorio di una nota famiglia di 'ndrangheta originaria del vibonese in continua espansione sia in Brianza che all'estero (Germania, Spagna e Svizzera). Accertata dai carabinieri un'azione di vero comando e controllo nei confronti della popolazione attraverso comportamenti tali da incutere timore ed omertà anche grazie all'utilizzo del cognome "Cristello". 

'Ndrangheta: gip, buttafori locali erano controllati e spartiti

In Lombardia i "servizi di sicurezza svolti a favore dei locali di pubblico intrattenimento sono gestiti, controllati e divisi da appartenenti alla criminalita' organizzata di stampo 'ndranghetista secondo le tipiche logiche spartitorie, territoriali e gerarchiche, di quelle organizzazioni. Il controllo va anche oltre la fase dell'assegnazione di un determinato servizio, estendendosi alla gestione con modalita' mafiose". Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare con cui la gip di Milano, Raffaella Mascarino, ha convalidato 22 misure cautelari nei confronti di presunti affiliati alle locali di 'ndrangheta della Brianza e del Comasco.

Le operazioni Freccia e Gaia (durate oltre un anno) sono state condotte dai carabinieri e coordinate dalla Dda di Milano. Gli imprenditori che gestiscono le discoteche nelle zone interessate "non possono scegliere autonomamente il servizio di sicurezza - si legge nel testo - ma devono attenersi a quelli che sono gli equilibri gia' consolidati del settore, o meglio, anche qualora dovessero scegliere liberamente una specifica agenzia specializzata nel settore, quest'ultima si atterra' alle consolidate 'regole non scritte' di spartizione delle attivita' secondo le tipiche logiche mafiose, 'subappaltando', anche occultamente, il relativo servizio". E' il caso ad esempio della discoteca "La Capannina" che, all'epoca dei fatti, aveva sede a Giussano (Monza e Brianza), in cui la sicurezza era gestita da una societa' della famiglia De Luca, gia' aderente alla cosca Stagno di Seregno. Dai servizi di sicurezza si arrivava poi a cannibalizzare il locale intero: nel caso della discoteca, ad esempio, questa veniva chiusa e poi riaperta col nome di "Zero", e amministrata da soggetti riconducibili, secondo l'accusa, a Luca Vacca, sardo, considerato la "cuspide" delle due operazioni e un uomo di riferimento per gli 'ndranghetisti. 

E' lo stesso Vacca in un'intercettazione a fare i nomi di diverse discoteche in Brianza e a dire: "Son tutti locali dove gestiamo noi tutto, dalla sicurezza a tutto il resto". Il controllo era cosi' pervasivo che anche nella zona di Como si riscontra "l'assoggettamento di chi si trova a vivere ed a operare nel territorio di riferimento e l'omerta' di fronte alle illegalita' ed ai soprusi compiuti dagli associati" alla criminalita' di origine calabrese. L'interesse per i locali notturni della famiglia Cristello (originaria del Vibonese) si spiega - secondo il gip - con la possibilita' di controllare l'approvvigionamento della droga: "Il popolo della notte e' il settore di mercato che maggiormente fa uso di sostanze stupefacenti: si comprende allora come il controllo egemonico di tali servizi sottintenda il controllo di una determinata piazza di spaccio; in questo modo si puo' fidelizzare la clientela riservando al gestore introiti economici assai piu' consistenti rispetto a quelli ricavabili dall'organizzazione dell'attivita' dei buttafuori".

 

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