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Pastorella (Azione): "Nahum? Saremmo felici di accoglierlo"
Giulia Pastorella

Pastorella (Azione): "Nahum? Saremmo felici di accoglierlo"

“Spetterà a Daniele Nahum decidere quale sarà la sua prossima casa politica, prenderà del tempo per riflettere. Le motivazioni che ha dato per la sua uscita dal Pd sono divergenze che non avrebbe trovato in Azione”. La vicepresidente di Azione, capogruppo in consiglio a Palazzo Marino dei Riformisti Lavoriamo per Milano con Sala, Giulia Pastorella, raggiunta da Affaritaliani.it Milano, ha commentato le dimissioni annunciate ieri durante la seduta del consiglio comunale di Daniele Nahum. Il consigliere ha deciso di uscire dal suo gruppo, il Pd, per divergenze sull’utilizzo del termine ‘genocidio’, in riferimento al conflitto israelo-palestinese e alla situazione della popolazione di Gaza. L'intervista.

Ieri in Consiglio Daniele Nahum ha annunciato le sue dimissioni dal Pd in quanto non si riconosce nell’utilizzo del termine genocidio riferito a quanto sta accadendo a Gaza. Dopo la pausa di riflessione annunciata, potrebbe essere accolto da altri partiti come Azione?

Ho una grandissima stima di Daniele Nahum. L’ho sempre reputata una persona corretta e capace, in consiglio comunale, è anche una persona molto moderata. Azione è sempre stata molto netta sulla questione del conflitto a Gaza, ovviamente condannando le ingenti morte di civili. Il posizionamento che Nahum ha espresso nel suo discorso di uscita dal Pd lo vedrebbe trovare in Azione una casa che è allineata su questo tema di politica estera. Deciderà lui, e ha ripetuto che vuole prendere un po’ di tempo per riflettere. È un collega che fin dal primo giorno ho stimato e che ha sempre dimostrato di essere allineato ai valori di Azione sia su livello nazionale e internazionale che locale. È un riformista e un moderato in senso buono. Se dovesse scegliere Azione, saremmo più che felici di accoglierlo. Ma la scelta infine è sua.

Il termine ‘genocidio’ in riferimento al conflitto israelo-palestinese è sempre più divisivo. Neanche l’ex presidente di Anpi Milano Roberto Cenati vi si riconosce e per questo motivo si è dimesso dalla carica di presidente. Andrebbe evitato come termine?

Genocidio come ha detto Daniele Nahum nel suo intervento di ieri in Consiglio non è un termine generico ma molto specifico, che si riferisce a una distruzione intenzionale di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui. Non si può applicare questa definizione a quelle che, tuttavia, sono perdite civili ingentissime e assolutamente non giustificate dalla dinamica della guerra.

Ieri Palazzo Marino ha esposto la bandiera della pace per chiedere il ‘cessate il fuoco ora’. È una richiesta in cui vi riconoscete?

Assolutamente favorevoli al cessate il fuoco umanitario e al porre rimedio al blocco di beni di prima necessità. I camion di aiuti sono bloccati ai vari valichi e questa è una situazione inaccettabile. Non giustifichiamo l’attacco di Hamas ma qui si tratta di far morire di fame migliaia di persone e togliere aiuti anche agli ospedali. Questo atteggiamento è stato criticato da Azione più volte. Il mio segretario Carlo Calenda ha criticato il premier Benjamin Netanyahu e le sue scelte. Sono morti che si dovevano e potevano evitare. Mentre si aspetta una soluzione a lungo termine per due stati e due popoli, il cessate il fuoco è la soluzione necessaria per evitare il peggio. Se di peggio si può parlare, visto che sono morte decine di migliaia di persone.

Secondo lei c’è una sorta di ambiguità da parte della sinistra di criticare apertamente Hamas?

C’è un’ambiguità da parte della sinistra nel non riuscire a definire Hamas per quello che è: un’associazione terroristica, nel ritenere che si possa trattare con un’associazione terroristica del genere al pari di qualunque governo. C’è anche un’ambiguità nel riconoscere che, per quanto i comportamenti del governo Israele nei confronti della Palestina possano essere stati criticabili, nulla giustifica l’attacco barbaro del 7 ottobre. C’è un diniego del fatto che in nessun caso quell’attacco possa essere giustificato, ma d’altra parte riconoscere quello non significa giustificare le decine di migliaia di morti civili. La comunità internazionale su questo si è finalmente allineata dopo mesi in cui sperava che la guerra avesse una durata più breve e una forma diversa. Ora è fondamentale evitare ulteriori vittime innocenti.








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