Pd, Majorino: Le istituzioni collaborano. Eccetto Salvini, il solito avvoltoio
L'eurodepudato Pd sulla questione Coronavirus sottolinea l'importanza di collaborare. I provvedimenti restrittivi? Secondo Majorino sono giusti
Pd, Majorino: Le istituzioni collaborano. Eccetto Salvini, il solito avvoltoio
“Non possiamo andare al cinema e però finiamo in quarantena in Basilicata. Ci viene controllata la febbre se arriviamo a Linate ma non se ce ne andiamo, da Linate. Nessuno ci domanda nulla se andiamo a Bruxelles o a Parigi. Ma in Austria è dura. Suggerirei una strategia europea”. Pierfrancesco Majorino, eurodepudato Pd, già in giunta a Milano con l’amministrazione Sala, più che una emergenza sanitaria per la diffusione del Coronavirus vede una emergenza strategica, e lo twitta. Lo spiega ad Affaritaliani.it Milano
Majorino, la gestione della situazione le appare non priva di incongruenze?
Le incongruenze sono fuori, a livello europeo, non interno: tant’è che dico che ci vuole un coordinamento tra le nazioni, una strategia europea. Questo è il problema al momento.
Ma anche all’interno abbiamo delle voci discordanti: avrà sentito l’alterco televisivo avuto a distanza tra il premier Conte e il leader leghista Salvini.
Io credo che il governo stia facendo quello che deve fare e sinceramente anche le regioni lo stanno facendo, l’unico fuori dal coro è il solito avvoltoio.
Lei ritiene che il tema sia stato strumentalizzato?
Mi pare evidente, ma non voglio aggiungere altro.
Milano e la sua politica la stia gestendo in modo adeguato? Il governatore Attilio Fontana aveva ragione a voler mettere in quarantena le scuole già da prima?
Non è il caso di far altra polemica, l’importante è che si marci tutti insieme, e mi pare che lo stiano facendo.
Al netto della psicosi che si vede per le strade di Milano adesso…
Questo lo sta dicendo lei però.
Sì, è quel che si vede. Però le istituzioni stanno facendo quello che devono, e stanno collaborando: è questo che va detto. In questo senso non vedo nessun problema e non credo che sia utile aggiungere altro. Si sta andando in una direzione e do per scontato che le scelte che si assumono siano prese in base a una relazione col sistema sanitario e con il mondo medico, ma questo è scontato.
Non vuol azzardare un’ipotesi sulle ripercussioni che potrebbe avere questa settimana di fermo?
Avrà delle ripercussioni certamente sul piano economico e commerciale, e peraltro noi chiederemo che l’Europa si attivi. Questa può essere una piccola crisi e va gestita con i fondi che l’Europa ha a disposizione per i contesti di crisi. Non c’è dubbio che ci sarà un costo. Ma non è un costo provocato dalle azioni politiche, non si può dar la colpa a Fontana o Gallera o Sala, cioè loro stanno reagendo a una situazione esterna. Però è ovvio che attività commerciali e imprenditoriali riceveranno una botta e bisognerà capire come aiutarli. Adesso è giusto che la priorità sia data al tema della cura e della limitazione della diffusione ed è il motivo per cui le ordinanze secondo me sono giuste. Un attimo dopo ci sarà il problema di come tutelare i danneggiati.
Relativamente alla visione europea ci sono state reazioni forti da parte di alcuni Paesi che hanno chiuso le frontiere con l’Italia o almeno paventato di farlo.
Ci vuole una strategia comune, un tavolo comune, i governi devono trovare la forza di agire insieme. Proprio perché siamo nella situazione di poter andare in un Paese e non in un altro, ci controllano a una frontiera e non a un’altra, non ci può essere il blocco al Brennero per qualche ora, o la minaccia di una quarantena. Ci vuole una strategia comune.
Il blocco al Brennero ha una funzione preventiva ma anche una ricaduta politica?
Non mi spaventano i blocchi, non ho un’ostilità ideologica se sono fatti con una razionalità. Il problema è che non possono essere delle risposte emotive. Si faccia ciò che si deve per limitare la diffusione e aiutare le persone più fragili. È questo il binomio su cui sta lavorando l’Italia.
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