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Perché Repubblica non vuole le primarie: spiana la strada per Tito Boeri?

Perché Repubblica non vuole le primarie: spiana la strada per Tito Boeri?

Il vizietto di farsi partito, quello c'è sempre. Ieri Piero Colaprico, capo di Repubblica Milano, ha scritto un editoriale nel quale di fatto si chiede al sindaco di rimandare la propria scelta fino a Natale. "Ricordando" che nel 2016 le primarie furono a febbraio. E dimenticando però due dettagli assai importanti. Anzi tre. Il primo è che nel 2016 si sapeva benissimo che Beppe Sala avrebbe corso. Era lui il candidato in pectore, altrimenti non gli avremmo stressato l'anima per tutta la durata di Expo e anche di più. Ci siamo consumati le labbra, a forza di pronunciare la frase: "Beppe, hai deciso di candidarti a Milano?" o altre forme affini. La seconda cosa che Repubblica  non vuole ricordare (perché in effetti se la ricorda benissimo) è che il "suo" sindaco, Giuliano Pisapia, "scese in campo" a luglio del 2010 per una campagna per le primarie e poi elettorale che fu lunghissima (il dettaglio che lo annunciò a noi di Affaritaliani.it Milano è solo un dettaglio).

Ma perché è giusta una analogia con il 2011 e non con il 2016? Proprio perché nel 2016 il Partito Democratico aveva un piano (vincente), ovvero Beppe Sala. Era nel 2011 che invece lo scenario era incerto, e il rischio di perdere alto. Esattamente come nel 2021 il rischio di perdere senza Beppe Sala è alto, altissimo. Certo, se il sindaco attuale decide di correre di nuovo non ci saranno primarie e non ci saranno discussioni. E' un valore aggiunto decisivo, che fa pendere la bilancia verso la vittoria per il centrosinistra ma che non elimina la contendibilità delle elezioni. Bisogna ricordarsi che nel 2016 il Pd era ai massimi e la Lega assai distante, e su Milano aveva un candidato fortissimo come l'eroe di Expo. Oggi, atteso che Sala è sempre Sala, il Pd vale meno. Ed è un fatto che dunque si debbano andare a cercare coalizioni più ampie, accordi più difficili. Ed è un fatto che nel 2016 comunque Parisi perse per un soffio e per una lite di troppo con il Carroccio. Terzo dettaglio: Pisapia decise di non ricandidarsi talmente tanto tempo prima che di primarie se ne potevano fare almeno una decina, tra Majorino Balzani e Sala.

Quindi, visto che la logica prescinde dalle interviste di pancia ad alcuni militanti (giustamente preoccupati da una eventuale gara senza Sala, e senza piani B che non esistono oggi per il motivo che non sono stati neppure cercati), la domanda che il Pd si deve porre è una sola (dalla quale discendono le altre): i Dem sono pronti a non fare le primarie in caso di rinuncia di Sala? Sono pronti a far decidere il candidato a quei poteri forti che in città passano anche da Repubblica? Sono pronti, quindi, a Tito Boeri? E la dirigenza dem è pronta, in caso di sconfitta, a dimettersi insieme al candidato scelto non dal popolo ma dal vertice? In tutto questo Beppe Sala non c'entra nulla. E non c'entra perché se si ricandida il campione è lui, e se non si ricandida semplicemente sarà perché ha scelto di giocare altre partite. Il punto è che le primarie sono state un must: c'è posto in soffitta per un totem?

Ultima riflessione: qualcuno ha sentito i dirigenti del centrodestra dire che aspettano la decisione di Beppe Sala? Sicuri sicuri che se il sindaco la tira per le lunghe loro comunque non si getteranno nella mischia per avere il tempo di fare campagna praticamente da soli?

fabio.massa@affaritaliani.it

 

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