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Picchi (FDI): “Per un'Europa dei popoli, no a un super-Stato simil-sovietico"
Federica Picchi

Picchi (FDI): “Per un'Europa dei popoli, no a un super-Stato simil-sovietico"

“Fare meno, fare meglio”. Questo è il motto del partito dei Conservatori europei, guidato da Giorgia Meloni, in cui la candidata per il Nord-Ovest alle europee Federica Picchi Roncali si riconosce. Imprenditrice, alla guida di una casa di produzione e distribuzione cinematografica, è in corsa con Fratelli d’Italia per un posto da eurodeputata in Parlamento, con il progetto di trasformare l’Ue in una confederazione di Stati sovrani, unita su grandi temi, pronta a difendere le radici culturali e le identità nazionali. "Valorizziamo le differenze senza annullarle. Sì all'Europa dei popoli, no all'Europa super-Stato, modello sovietico caro alla sinistra". L’intervista ad Affaritaliani.it Milano.

Cosa rappresenta per lei l’Unione europea?

Per me l’Europa rappresenta il nucleo fondante dell’Occidente, quello spazio in cui nella storia hanno preso forma i valori e i principi su cui si basa la nostra civiltà: la libertà, l’uguaglianza, la democrazia, il diritto, l’incontro tra fede e ragione incarnato dalle nostre radici classiche e giudaico-cristiane. I conservatori europei, che Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni ha l’onore di guidare, difendono le radici culturali dell’Europa, per preservare l’identità dei popoli europei, valorizzando le differenze senza annullarle.

Qual è, secondo lei, la posta in gioco delle elezioni di giugno? Quali idee di Europa si confrontano?

La pandemia, i conflitti, le crisi economiche, finanziarie ed energetiche degli ultimi anni ci hanno mostrato un’Unione europea politicamente debole e ingessata dalla burocrazia. Noi invece desideriamo che l’Europa sia un gigante politico con un ruolo da protagonista nello scenario internazionale, in grado di affrontare le grandi sfide cui è chiamata a rispondere. Per questo il modello proposto dai conservatori è quello di un’Europa confederale che rispetti i principi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti dai Trattati istitutivi dell’UE. Un’alleanza di Nazioni sovrane, unite sui grandi temi da una politica e da un destino comuni, e libere di intervenire sulle materie più prossime alla vita dei cittadini, difendendo le specificità dei contesti nazionali.

Di quali temi dovrebbe occuparsi questa Europa confederale?

Siamo convinti che l’Unione Europea debba occuparsi delle grandi questioni del nostro tempo: la politica estera, la difesa, la sicurezza dei confini esterni, la regolamentazione del fenomeno migratorio, il mercato unico e l’energia, lasciando le politiche nazionali alle competenze dei singoli Stati. Un pensiero sintetizzato nel motto dei conservatori europei: «Fare meno, fare meglio». Solo così potrà realizzarsi quell’Europa dei popoli capace di tornare al centro dello scacchiere geopolitico internazionale. Le differenze culturali e identitarie dei singoli Stati membri non possono essere cancellate in favore di un “Super-Stato europeo” dirigista e centralista, ma sono un valore aggiunto che da linfa ad un’Europa politicamente coesa, dove non devono esistere Nazioni di “serie A” e di “serie B”.

Quali temi vorrebbe affrontare se dovesse essere eletta eurodeputata?

Vorrei far tornare al centro la dignità dell’uomo con il tema della sacralità di ogni vita, la tutela della famiglia e dell’impresa. All’Europa del declino demografico e della desertificazione produttiva preferiamo un’Europa che sostiene la famiglia, chi produce e chi lavora; ad un’Europa debole e incapace di incidere preferiamo, un’Europa forte e protagonista sullo scenario internazionale; all’Europa “Super-Stato”, che ricorda il modello sovietico caro alla sinistra, preferiamo l’Europa dei popoli e delle Nazioni.

Lei ha fondato la casa di distribuzione e produzione cinematografica Dominus Production, con cui sostiene la distribuzione di film con messaggi edificanti. Secondo lei, dunque, la cultura e in particolare il cinema sono strumenti di costruzione e diffusione di idee e visioni?

Vedo il cinema come favoloso strumento di riflessione e stimolazione del senso critico, soprattutto nei più giovani. Per questo motivo le storie che propongo sul grande schermo sono tutte basate su fatti realmente accaduti. Grazie alla narrazione di questi fatti reali si riesce ad entrare nel cuore delle persone e permettere di considerare temi importanti ma spesso banalizzati dal mainstream - oppure non adeguatamente trattati - vedendoli da una prospettiva differente. Non si tratta di cinema di serie A e cinema di serie B, ma di prodotti culturali edificanti che arricchiscono lo spettatore e prodotti che invece lo impoveriscono, indipendentemente se siano o meno prodotti d’intrattenimento. Si può fare cultura con sano intrattenimento o viceversa impoverire culturalmente lo spettatore con film considerati capolavori artistici.

Ha detto di aver “fondato Dominus Production per portare nelle sale delle storie vere che interroghino la società civile e stimolino il legislatore”. Dai temi trattati nei film si possono portare avanti battaglie anche a livello politico? Quali temi sente più urgenti, anche da affrontare attraverso il cinema?

L’ultimo film parla di un tema forte, la tratta dei minori. Purtroppo, è un tema di cui nessuno parla ma è un fenomeno sempre più preoccupante e in sempre più rapida crescita anche nei Paesi occidentali. Sono stata felice della sensibilità del primo ministro Meloni su questo ambito. Infatti, non solo ha partecipato alla proiezione del film con gran parte dei suoi ministri, ma essendo rimasta molto colpita dal film (basato su una storia vera) la settimana successiva alla proiezione ha firmato - primo Paese in Europa, una lettera d’intenti per impegnarsi a combattere il problema aumentandone la consapevolezza e promuovendo una maggior cooperazione tra gli stati europei.

Ha parlato di cultura europea e radici cristiane, secondo lei sono a rischio? Vede infine un’Europa che protegge le radici o fatta di incontri tra culture, anche attraverso le migrazioni?

Credo che la conoscenza delle proprie radici e della propria storia sia la base di partenza per ogni dialogo con l’altro. Quindi l’Europa ha bisogno di conservare questo suo Dna valoriale, proteggendolo e facendone risorsa nel suo dialogo con gli altri.


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