Milano
Pinocchio/ Una campagna elettorale senza idee radicali

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ASCOLTA LA RUBRICA "PINOCCHIO" OGNI GIORNO SU RADIO LOMBARDIA (100.3), IN ONDA ALLE 19.15 DURANTE IL PROGRAMMA DI APPROFONDIMENTO "PANE AL PANE" E IN REPLICA IL GIORNO DOPO ALLE 6.45
C’era una volta il radicalismo. Che non vuol dire necessariamente essere radicali. Il radicalismo era il fatto di portare avanti idee forti, fortissime, praticamente provocazioni. Nessun candidato radicale nel termine più puro e apartitico del termine ha mai vinto a Milano, la città moderata per eccellenza, quella dove le guerre si fanno in punta di penna e l’odio non prescinde quasi mai da una certa cortesia. Però non per questo possiamo essere sicuri che il radicalismo a Milano non sia servito. Sono, anzi, dell’opinione opposta pur essendo anche io un moderato. Idee radicali, proposte radicali, sono necessarie a provocare reazioni. Senza visioni non ci sono idee. Expo, a suo modo, è stata un’idea radicale. La stessa gestione di Expo è stata un’idea radicale. Ed è stata un’idea radicale, tanto per essere in par condicio, anche Fastweb, l’azienda di fatto fondata e guidata da Stefano Parisi. Ecco, quello che mi colpisce è che in questa campagna elettorale chi dovrebbe avere quelle idee che abbiamo definito radicali, dirompenti, è invece più conservatore degli altri. Sarà sicuramente colpa mia, ma non mi sono riuscito a stupire per una proposta di Basilio Rizzo, che pure è persona che stimo, o per una proposta di Santambrogio o del giovane Mardegan. E non sono riuscito a stupirmi, figurarsi, per le idee vetuste di Azzaretto. O di Cappato, il radicale. E dire che mi aspettavo molto da loro. Non una trita polemica sulla visibilità in televisione, ma un pungolo costante in termini di ideazione politica. E infatti, ovviamente non solo per colpa loro, la campagna è moscia. Del resto, quando manca il sale, prevale il dolciastro rassicurante della moderazione. Che nutre e che gestisce, ma che non fa germogliare.