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Politico o civil servant per Milano? Il centrodestra ancora nel guado

Politico o civil servant per Milano? Il centrodestra ancora nel guado

Che cosa serve a Milano? Quale è la figura più adatta per candidarsi a governare una delle città più importanti d’Europa, in uno dei momenti più difficili dal dopoguerra? E in subordine: siamo proprio sicuri che un manager che non ha esperienza politica e amministrativa sia la scelta migliore? O serve una persona che abbia già esperienza dell’azione politica e amministrativa?Intendiamoci. Non muovo alcuna critica personale a Roberto Rasia che, con la sua candidatura, ha finalmente aperto il dibattito tra gli elettori sul candidato del centrodestra (io sono da sempre un sostenitore delle primarie, le avrei volute già prima dell’estate). L’azione di Rasia ha il pregio di essere generosa: si è messo a disposizione in un momento in cui la domanda – purtroppo – è  che cosa si può avere dalla politica, e non che cosa si può dare alla politica. Gettarsi così, senza rete, nella mischia, è un gesto – ripeto – generoso. C’è però una riflessione politica da fare. Che peraltro potrebbe riguardare, allo stesso modo, altri candidati “civici” con un simile profilo. Aggiungo che non sono un sostenitore di Giuseppe Sala: le scelte che la sua giunta ha preso in questi anni non mi hanno quasi mai trovato d’accordo. In materia di accoglienza, sicurezza, problema delle periferie, ruolo del centro storico, mobilità, scuola, cultura: la sua idea di Milano non rispecchia proprio la mia. Io penso a una Milano che sia il motore di una grande area metropolitana europea che sappia valorizzare in modo omogeneo tutto il suo ampio territorio: il sindaco Sala, che è anche il sindaco della città metropolitana, durante il suo mandato non ha fatto nulla in questa direzione. Dunque, il mio auspicio è che il centrodestra possa proporre agli elettori una squadra forte ed esperta, che possa contrastare con successo il sindaco uscente proponendo una visione ben chiara – e diversa dalla sua – di città. La leadership, in questo contesto, assume un ruolo fondamentale.

E qui sta il punto: fare il sindaco di Milano è una delle sfide più ardue che la politica possa offrire. Prima di tutto perché nella nostra città convivono realtà – sociali, culturali e urbane - molto eterogenee, ognuna delle quali con problemi che devono poter essere messi sullo stesso piano, in termini di tempo e importanza, con capacità di ascolto ma senza fatua condiscendenza. Ma per fare ciò, il sindaco deve essere prima di tutto un perfetto conoscitore di ogni parte del territorio cittadino e di chi lo rappresenta. Un patrimonio informativo che si forma in anni di militanza politica “a tu per tu” con cittadini, amministratori locali, esponenti del mondo economico, etc. che difficilmente può essere surrogato dai dossier da campagna elettorale. La capacità di gestione dell’apparato politico e amministrativo del Comune è poi un'altra componente essenziale del successo di un sindaco: ciò significa avere esperienza in ordine al funzionamento del Consiglio comunale, dei 9 Municipi e degli altri organismi politici e istituzionali cittadini; ma anche delle società partecipate, dei numerosi uffici amministrativi e di chi ne fa parte, dei rappresentanti delle imprese, delle professioni e di ogni categoria di lavoratori, la maggior parte delle quali oggi ha i nervi più scoperti che mai per la recessione economica. E’ chiaro che, in un panorama del genere, avere già avuto un’esperienza quale pubblico amministratore – soprattutto se a Milano - non è solo un valore aggiunto: è forse un presupposto indefettibile.Qualcuno potrebbe obiettarmi: ma allora tu non hai fiducia nel ruolo che può avere la società civile per il progresso e l’amministrazione della cosa pubblica? La risposta è semplice: niente affatto. Io credo che chi non ha mai fatto politica, ma ha passione civica, sia una risorsa: questo non vuole però dire che gli possa essere attribuito – di colpo - un ruolo salvifico, e quasi catartico, rispetto al presunto “male” rappresentato dalla classe politica. “Scendere in campo”, vuole dire infatti “fare politica”: e come tutte le cose, anche la persona più intelligente e capace ha bisogno di un po' di tempo per capire come funzionano le regole del nuovo gioco a cui decide di partecipare. Altrimenti, anche le idee più belle e nobili rischiano di non riuscire a tradursi in azioni politiche e amministrative concrete.

Ecco perché, tornando alla mia domanda iniziale, mi piacerebbe che il candidato sindaco del centrodestra fosse una personalità che abbia una salda esperienza politica e amministrativa, e soprattutto un profondo conoscitore di Milano e dei problemi dei milanesi. E’ chiaro che mettersi in gioco contro il sindaco uscente può rivelarsi una sfida dura, e soprattutto chi fa politica sa quanto sia rischioso mettersi in gioco misurandosi con gli elettori. Il pericolo della sconfitta è infatti la scomparsa dal palcoscenico. Mai come ora, però, l’amore per Milano - e la volontà di cambiarla rispetto a come è stata gestita dall’amministrazione uscente - devono essere messi con coraggio davanti a tutto. 

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