Milano
Referendum lombardo, perché non conviene aspettare Maroni
Il 22 Ottobre i cittadini lombardi saranno chiamati ad esprimersi sul referendum consultivo riguardante l’autonomia della Regione Lombardia. Un referendum voluto dal Presidente della Giunta regionale, Roberto Maroni ufficialmente per rafforzare l’avvio di una trattativa con il Governo nazionale per ottenere maggiore autonomia su alcune materie, in realtà sperando che nessun “tavolo” si apra in maniera da potersi intestare una battaglia largamente condivisa dai cittadini della nostra Regione.
Un appuntamento elettorale osteggiato dalle opposizioni, definito da diversi esponenti del centrosinistra milanese e lombardo, seppur con diversi distinguo, come ‘inutile’, soprattutto per il costo di circa 50 milioni di euro, o addirittura ‘una farsa’, essendo l’obiettivo largamente condiviso da tutte le forze politiche presenti in Regione e stante la disponibilità manifestata dal Governo ad aprire il confronto.
Da Beppe Sala e Giorgio Gori, rispettivamente Sindaci di Milano e di Bergamo, è venuto invece l’invito a Maroni, finora non raccolto, ad avviare immediatamente le trattative per andare a verificare l’effettiva disponibilità del Governo ad affrontare la questione dell’avvio di una stagione federalista a geometria variabile.
Sulla strumentalità della strategia del Presidente della Regione Lombardia non vi sono dubbi : in un’intervista al “Corriere” ha dichiarato che “Non è che io chieda mezza competenza in più: io voglio che la metà del nostro residuo fiscale, e cioè 27 miliardi, resti in Lombardia “ . In pratica, il solito schema da campagna elettorale stile “con me il 75% delle tasse resterà in Lombardia”, ridotta al 50% come richiesta ma sempre fissa allo 0 % come credibilità.
Il centrosinistra non può limitarsi però a denunciarla, deve definire una propria politica chiara sui temi dell'autonomia regionale e del rapporto tra Regione e sistema delle autonomie locali, proprio perché chi pretende di averla sta prendendo in giro tutti da venti anni con l’abuso della parola federalismo e l’usurpazione qua e là del nome di Cattaneo. Ma anche perchè resta ancora, diciamo cos,ì da dimostrare l'effettiva volontà del Governo di cambiare rotta rispetto alle politiche di forte centralizzazione adottate negli ultimi 10 anni che hanno messo a dura prova le finanze degli Enti locali e, soprattutto per quelli virtuosi, la capacità di rispondere adeguatamente ai cambiamenti economici, sociali e culturali in corso.
Un banco di prova, senza attendere Maroni, per misurare le reali volontà ad avviare una nuova stagione di autonomismo responsabile, sia da parte del Governo, sia da parte delle forze di centrosinistra lombarde, è immediatamente attivabile a partire dalla Città Metropolitana Milanese. Un’istituzione, dove il PD dispone di una larga maggioranza, caricata di grandi aspettative, soprattutto dopo il grande successo di EXPO 2015 e lo straordinario risveglio internazionale che sta caratterizzando Milano.
Una realtà, però, che è completamente paralizzata proprio per i vincoli indiscriminati di austerità imposti agli Enti locali da un decennio, a partire dal Governo Berlusconi fino ai giorni nostri, proprio mentre potrebbe svolgere un ruolo di traino per lo sviluppo dell’intero Paese. Il PD metropolitano e lombardo, che stenta a farsi forte dei risultati elettorali raggiunti in tutti i capoluoghi provinciali della Lombardia e di quelli politici, a partire dalla capacità di tenere in vita come vincente una coalizione andata in frantumi sul piano nazionale. ha invece tutti i numeri, compresi quelli del Consiglio metropolitano, per avviare l’immediata apertura di un confronto sia con la nuova direzione nazionale del PD, sia con il Governo.
In questo modo si rafforzerebbe anche il peso e l’autorevolezza politica della Città Metropolitana Milanese nei confronti della Regione Lombardia, perché, su materie e funzioni decisive come la mobilità e il trasporto pubblico locale, l’ambiente, la cultura e l’agricoltura, è stata di fatto espropriata dei necessari poteri dalla maggioranza di centrodestra del Consiglio Regionale.
Trasformare un referendum convocato per dividere in una occasione per condividere e sostenere la nostra proposta di federalismo e regionalismo di sviluppo può essere una grande occasione per innovare la proposta politica del centro sinistra che in questi anni in Lombardia è stata oggettivamente caratterizzata da un senso di inferiorità nei confronti della maggioranza Regionale e da uno spirito eccessivamente gregario nei confronti di politiche centraliste non contrastate perché venivano da un Governo “amico”.
Costruire uno schieramento per sostenere una politica e non proporre una politica per giustificare uno schieramento, questo è il compito di una leadership politica . Chi aspira alla leadership lombarda da qui deve passare : “benaltrismo” e “ma-anchismo” non sono ammessi.