Milano
Renzi esalta il Pd a Milano ma non esalta i milanesi. Commento

di Fabio Massa
E allora diciamocelo: da milanesi, un discorso deludente. Per i democratici italiani, invece, una vera e propria chiamata alle armi efficacissima, che fa leva sui valori, sull’essere umano, sulla virtù che parte dal cuore e non dalla pancia. Un discorso buono per l’Italia, insomma, ben poco per Milano, ad essere onesti.
I giardini di Porta Venezia, intitolati a Indro Montanelli, ospitano il leader del Pd e primo ministro Matteo Renzi. Uno che le cose se vuole le sa far bene. Anzi, benissimo. Primo: la musica per il comizio finale inizia alle 16.59 precise. Alle 17 prende la parola il segretario regionale Alessandro Alfieri, segue il segretario metropolitano Pietro Bussolati. Alle 17.05 Renzi parla. Niente ritardo, niente lungaggini. Un’ora esatta e poi si chiude baracca e burattini e si va ad Expo all’incontro con Bono Vox. Un altro bagno di folla. In quell’ora di discorso, ci sono tutti i valori del Pd. Renzi attacca Salvini e Grillo senza mai dare loro neppure l’onore di essere citati.
Semplicemente, nella geografia dei valori di Renzi, non esistono l’intolleranza, il populismo. E’ lucido, Renzi, usa le parole giuste e le pause giuste. Ma usa le parole giuste che vuole pronunciare e fa le pause giuste che vuole fare. Ciò che non dice, il non detto, ha un significato, a Milano. Nella Milano che voleva i complimenti perché se li merita, ma voleva anche una direzione da seguire.
Renzi dice: “Qui siamo nella capitale economica del Paese”. E mi delude, perché avrebbe dovuto dire: “Qui siamo nella capitale economica e morale del Paese”. Perché rispetto agli sfaceli di Roma Capitale, sotto la Madonnina le cose si fanno bene. Anzi, benissimo.
Parla del Terzo Settore. Milano è la Capitale del terzo settore. Poi glissa subito su una legge ad hoc che è approdata in parlamento. Peccato che Milano, dalla Fornero, sia stata privata dell’Agenzia del Terzo Settore. E che nessuno abbia mai pensato di riaprirla. Poteva pensarci lui: non l’ha fatto.
Parla di migranti, Renzi. Ma non dice come fare ad accogliere quelli che arrivano in Stazione Centrale. Non risponde neanche a una delle obiezioni che proprio da Milano si levano alte. Per carità, mica bisogna favorire Majorino rispondendo a lui. Bastava rispondere alle tante associazioni di volontariato e ai tanti dipendenti comunali che si fanno un mazzo così ogni notte.
Ma prima di tutto Renzi si rivolge a Giuliano Pisapia. “Caro Giuliano, qualunque cosa tu voglia fare da grande, noi saremo al tuo fianco. Esattamente come quando partì la rivoluzione arancione”. Le parole sono queste. Ecco. Suonano un po’ false. Perché grande Giuliano lo è da un pezzo, e forse è anche un po’ vecchio, per i ritmi della nuova politica, con tanta pressione mediatica e pochi soldi da spendere amministrando. E forse è pure per questo che si è stancato.
La traduzione giusta dovrebbe essere: “Giuliano smettila di fare il bambino”. Questa già suonerebbe meglio - e più veritiera -, se completata con un “smettila di fare il bambino e vieni che decidiamo chi può portare avanti il tuo progetto”. Anche perché il Pd, nella rivoluzione arancione, ci ha creduto tantissimo. Dopo che però è stato battuto Boeri. Non un secondo prima e forse neppure un secondo dopo. Diciamo che ci è voluto qualche giorno di lutto, in quel 2010.
Ma la cosa che più di tutte mi ha deluso, in questo discorso, è che scientemente ha evitato il tema primarie a Milano (lasciamo stare il nome del possibile candidato). Questo comporterà che la situazione politica sarà caldissima almeno fino al 31 ottobre. “Si ballerà”, come dice qualche dirigente neppure a mezza bocca. Ecco, si ballerà. Ballare sul filo teso tra Palazzo Marino e Palazzo Chigi. I dirigenti di Milano non se lo meritano. Perché questo bisogna proprio dirlo: mentre a Roma proprio Renzi provava a scavalcare certi vecchi tromboni, e rottamava qua e là, a Milano già la nomenklatura bersaniana era giovane. Uno di quei giovani, Maurizio Martina, è nel governo, e non sfigura. Anzi. E a quella nomenklatura ne è seguita una seconda, ancora più fresca, ancora più attiva, quella dei trentenni, di Pietro (Bussolati) & Paolo (Razzano) con Alessandro (Alfieri). E’ quella che ha messo in piedi la Festa dell’Unità ai Giardini dove Renzi parla parla e non dice nulla per far cessare un balletto che a questi giovani, alla fine, non piace per niente ballare. Come non piace ballarlo ai due che sono in campo, Majorino e Fiano. Due che viver sospesi, tra i sommersi e i salvati, proprio non se lo meritano.
@FabioAMassa