Riprende donna in doccia, assolto: "Casa senza tende, non è reato"
Un 37enne milanese assolto dalla Cassazione "perchè il fatto non sussiste": aveva fatto foto e video di una donna nella casa antistante, priva di tende
Riprende donna in doccia, Cassazione: "Casa senza tende, non è reato"
Non va condannato per il reato di interferenza illecita nella vita privata (articolo 615 bis del codice penale) chi fotografa o riprende una persona sotto la doccia se quest'ultima non si e' opportunamente sottratta a occhi indiscreti mettendo le tende alle finestre di casa. Per questo la terza sezione penale della Cassazione ha assolto "perche' il fatto non sussiste" un 37enne milanese che aveva effettuato foto e video di una donna la quale nell'abitazione della madre - priva di tende alla finestra e situata proprio di fronte alla casa dell'imputato - era nuda e intenta a uscire dalla doccia. I giudici di piazza Cavour non hanno condiviso la tesi della Corte d'appello di Milano, secondo cui "le riprese video di una persona che si trovi nel bagno di un'abitazione privata e' una condotta punibile ai sensi dell'articolo 615 bis c.p., non rilevando l'assenza di tende".
La Cassazione, invece, ha osservato che "l'imputato non utilizzo' alcun accorgimento per fotografare e filmare la persona offesa" e che quindi "deve escludersi la configurabilita' del reato, non essendo stati ripresi comportamenti della vita privata sottratti alla normale osservazione dall'esterno": la "tutela del domicilio - si legge nella sentenza depositata oggi - e' limitata a cio' che si compie nei luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi". Infatti, "affinche' la condotta descritta integri il reato, non e' sufficiente che la stessa abbia ad oggetto immagini che riguardino atti che si svolgano in uno dei luoghi indicati dall'articolo 614 cp (che punisce la violazione di domicilio, ndr)", quali l'abitazione o un altro luogo di privata dimora, "ma - aggiungono i supremi giudici - e' anche necessario che tale condotta sia posta in essere 'indebitamente'": per questo, "seppure la condotta avvenga in uno di detti luoghi, la stessa - osserva la Corte - non sarebbe illecita ove non avvenga in contrasto o eludendo, clandestinamente o con inganno, la volonta' di chi abbia il diritto di escludere dal luogo l'autore delle riprese". In altre parole, se "l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora" puo' "essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti" non si configura una "lesione della riservatezza del titolare del domicilio".
All'imputato, dunque, la Cassazione ha lievemente diminuito la pena - dai 3 anni e 2 mesi inflitti in appello a 2 anni, 6 mesi e 10 giorni di reclusione definitivi - confermando invece la sua condanna per altri capi di imputazione, relativi ad atti sessuali ai danni di una bambina e a video realizzati nel magazzino del suo bar - riconosciuto quale luogo di privata dimora - dove le sue dipendenti erano solite cambiarsi d'abito.
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